PARIGI… ETERNO RITORNO

Gennaio 2024

Poiché è impossibile andare a Parigi una volta e non tornarci altre volte, vale la pena di cogliere una delle occasioni per cercare un distaccamento dall’immagine iconica della Parigi turistica e del lusso e cercare di capire un po’ di più la città reale, la più grande area europea per numero di abitanti (considerando anche le periferie), che sta affrontando i difficili passi nel contemporaneo provando, ancora una volta, ad essere focolaio attivo delle politiche dell’Europa a venire.

Parigi si espande

A Parigi si respira un forte e ormai storico legame diretto tra pietra e potere. Dall’ inizio degli anni ‘70 i Presidenti si sono cimentati nella costruzione di opere maestose che si sono andate ad aggiungere a quelle del passato. Ha iniziato l’eccentrico Presidente George Pompidou creando il Centro Beaubourg, progettato da Renzo Piano. Ha continuato Giscard d’Estaing il Presidente Accademico di Francia che ci ha lasciato il Museo d’Orsay progettato da Gae Aulenti. Francois Mitterand ha voluto fare più di tutti con la piramide del Louvre, la Cité de la musique, l Opera Bastille, l’ Institut du monde arabe e la Tres grande biblioteque. Jacques Chiraq il presidente più amato dai cittadini ha fatto costruire il museo Quai Branly, Nicolas Sarkosy il Palais de Tokyo.

Viene, quindi, spontaneo chiedersi cosa stia facendo il Presidente Macron. Il giovane Presidente non ha avviato il progetto di costruzione di un grande edificio, a parte la “dovuta” ricostruzione della parte centrale di Notre Dame, ma si sta dedicando ad un grande progetto urbanistico, già ipotizzato da Sarkosy: la trasformazione dello schema urbano della città per ridurre la separazione tra la Parigi collocata all’ interno del boulevard périférique con 2 milioni di abitanti e la l’enorme periferia con 10 milioni di abitanti più giovani, più colorati e multiculturali. L’ obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita di tutti, attutire le disparità territoriali, costruire una città più attrattiva, più competitiva e più sostenibile.

L’ ambizioso progetto si chiama “Grand Paris” e comprende la costruzione di vari poli abitativi ed economici nella periferia della città, dotati anche di nuove scuole e strutture sanitarie nonché parchi e luoghi per lo sport. Un bell’esempio è il polo tecnico-scientifico di Parigi Saclay, a sud di Versailles che è stato ideato per incentivare il rapporto tra le Università e le Aziende. Questo polo è stato ultimato e rappresenta un ecosistema di innovazione ed impren-ditorialità che sta già attirando investimenti e talenti da tutto il mondo. Il collegamento rapido e facile tra i poli e con il centro città sarà garantito dal Grand Paris Express, una rete composta da quattro nuove linee di metropolitana automatizzate e dal prolungamento di due linee di metropolitana esistenti per un totale di oltre 200 km. Il progetto prevede anche la completa modernizzazione della storica rete di metro parigina e sarà completato entro il 2030.

Sempre nel 2030 verrà completata la totale trasformazione del quartiere della Defence, che non sarà più solamente un centro direzionale diurno. “La Defence de demain” prevede avvenieristici grattacieli ecocompatibili che agli uffici aggiungono hotel, negozi, abitazioni, scuole. Il tutto immerso in grandi aree verdi pubbliche con spazi per attività sportive. Sono già stati inaugurati alcuni grattacieli spettacolari come l’ Hekla la brillante scheggia verso il cielo dell’ architetto Jean Nouvel e le Sisters, le imponenti torri gemelle di Christian de Portzamparc.

Macron sta, quindi, portando avanti il cosiddetto “cantiere del secolo” che porrà Parigi tra le grandi metropoli mondiali del futuro.

Parigi conserva e trasforma

A fronte della forte spinta verso il futuro, a Parigi vengono gelosamente conservati non solo gli edifici simbolo della grandezza della Francia del passato, ma anche luoghi molto più semplici della Francia contadina.

A Montmartre, a pochi passi dalla basilica del Sacro Cuore e di fianco allo storico Cabaret “Le lapin agile”, viene mantenuto in vita un vigneto, testimonianza del passato vitivinicolo di tutto il quartiere già dal XII secolo. Si tratta di uno spazio di 1500 mq che il Comune di Parigi rese non edificabile nel 1930. Ogni anno si festeggia la vendemmia e dalle 2000 piante di vari vitigni, dal Pinot noir al Beaujolais, si ottiene una piccola produzione locale di vino di 800-1000 bottiglie che vengono vendute tramite un’asta internazionale. Il ricavato viene utilizzato da associazioni di aiuto alle persone più disagiate del quartiere.

Un altro esempio lo si trova nel XX Arrondissement, non molto lontano dal famoso cimitero di Pere Lachaise. La Rue Irénée-Blanc ci accompagna in un villaggio arroccato su una collinetta a cui si arriva attraverso una scalinata divisa in due da uno scorrimano e con due lampioni. Nel silenzio irreale che vi regna, si viene trasportati in un luogo dove il tempo si è fermato. Un centinaio di casette basse di pietra e mattoni rossi si susseguono tra loro dando vita ad un vecchio villaggio di campagna immerso nella pace e nella tranquillità. L’ edera che nasconde alcune facciate e la pavimentazione in pietra della stradina che si snoda in cerchio fino a farci ritrovare al punto di partenza, rendono il luogo ancora più fuori dal tempo. E allora ritorna in mente quello che raccontava Italo Calvino nel 1974: “Parigi è una città in cui le diverse epoche restano nascoste, qui ad esempio vengono demoliti i mercati generali e si trovano i sepolcri merovingi”. Calvino stava camminando dentro a quell’ impressionante buco nero scavato a Les Halles, nel cuore della città. “Le trou des Halles” ai piedi della storica chiesa di Saint Eustache, uno spazio dove nell’ antichità venivano sepolti i morti e dove, attorno all’ anno 1100, vi nacque il mercato generale alimentare ben descritto dalle parole di Emile Zola: «Un gigantesco ventre di metallo, inchiavardato, saldato, fatto di legno, vetro e ferro. Questa moderna “natura morta”, traboccante di cibo, è satura di odori penetranti e livida di contrasti violenti tra opulenza e miseria”. Dopo la demolizione del mercato alimentare fu costruito il Forum des Halles un enorme shopping center con centinaia di negozi distribuiti in 4 piani interrati, luogo che rendeva ancora reale la descrizione di Zola. Il forum da pochi anni è stato ricoperto da una enorme struttura protettiva in acciaio e vetro ondulato detta “La Canopée” termine solitamente utilizzato per designare la parte superiore delle foreste pluviali, quella a diretto contatto con l’atmosfera e i raggi del sole. Sotto la Canopée sono stati creati spazi che si aggiungono a quelli del Forum: un giardino d’ inverno, un centro culturale hip hop, una biblioteca multi mediale e un luogo per pratiche artistiche amatoriali. E sotto il Forum palpita la stazione di Metro più frequentata di Parigi con poco meno di un milione di persone che vi transitano ogni giorno: la stazione di Chatelet-Les Halles. Lo storico mercato alimentare è stato trasferito fuori Parigi, tra Vitry e Orly dove è stato creato il Marché international de Rungis e, dentro Parigi, è stato sostituito da piccoli mercati rionali che hanno caratteristiche più umane e dove il contrasto violento tra opulenza e miseria è molto meno evidente. Uno dei mercati rionali meno cari e più caotici di Parigi è il mercato coperto di Beauveau nel XII arrondissement, poco più a est della Bastiglia. Nella piazza d’Aligre tutte le mattine fino all’ora di pranzo una marea di banchi di frutta e verdura si susseguono tra loro intorno all’edificio al centro della piazza, in cui si trovano i banchi del pesce, dei formaggi, le gastronomie e le panetterie. Questo mercato è un’esperienza non solo olfattiva ma anche visiva perché la frutta e la verdura, il pane, i dolci, tutto vibra di colore ed è disposto in modo creativo, artistico.

Parigi addomestica L’ arte è parte costitutiva della città e dei suoi abitanti. Ai grandi piccoli musei conosciuti in tutto il mondo per la loro importanza e varietà di temi che trattano e alle centinaia di gallerie d’arte, si è da tempo affiancato un motore di creatività artistica contemporanea non ancora da tutti riconosciuto. Le generazioni di artisti più giovani spesso arrivano da mondi marginali e diventano protagonisti attivi in una tendenza che porta contrasto oltre che creatività. La marginalità, che ha spesso ha caratterizzato la vita bohemien delle avanguardie artistiche a Parigi nel secolo scorso, è, oggi, ancora evidente. Passeggiando per Rue de Rivoli, poco lontano da Place du Chatelet, una colossale installazione artistica sulla facciata del numero civico 59 salta agli occhi nella sobria, severa eleganza degli altri edifici haussmanniani. Varcata la soglia: sei piani, 36 atelier di artisti (15 permanenti e 21 temporanei) che dipingono creano, scolpiscono sotto gli occhi dei visitatori. Questo luogo ha già una storia lunga, infatti è nato nel 1999 quando tre giovani artisti fecero irruzione nel palazzo del Crédit Lyonnais abbandonato da otto anni. I ragazzi ci andarono a vivere e iniziarono ad allestire i loro atelier aprendoli al pubblico. La risposta fu enorme: 40mila visitatori nel primo anno. Ma dopo poco i tre artisti ebbero l’avviso di sgombro dal tribunale di Parigi. Lo sgombro fu sospeso poiché il sindaco Bertrand Delanoë fece acquistare lo stabile dal Comune di Paigi e trovò un accordo con gli squatter. La riapertura ufficiale di “59 Rivoli” avvenne nel 2009 dopo una serie di lavori di restauro e di messa in sicurezza e oggi è un modello di cooperazione e gestione collettiva, un luogo di integrazione di nazionalità ed espressioni artistiche diverse, un esempio vincente di promozione dell’arte contemporanea in tutte le sue più svariate forme.
59 Rivoli è diventato il terzo centro parigino per la diffusione dell’arte contemporanea dopo il Beaubourg e la Galerie Nationale di arte moderna e contemporanea. Parigi ha creato un polo artistico là dove tanti altri avrebbero semplicemente imposto lo sgombero. In zone più periferiche della città vi sono altri edifici dove si sviluppa arte contemporanea. Sono i cosiddetti after-squat, perché “assegnati” ufficialmente dal comune dopo una occupazione abusiva. Ad esempio “Les Frigos” nel XIII arrondissement di fianco alla Tres grand Biblioteque e “Le Bloc” nel XIX a nord del Parco di Belleville. In questi stabili gli artisti vivono, lavorano e gestiscono spazi dedicati agli atelier popolari, affittati a prezzi accessibili. Particolare è, nel XVIII arrondissement a nord di Montmartre, lo Shakirail che occupa due stabili di cui era proprietario il SNCF (sistema ferroviario francese) che li utilizzava come spogliatoio e centro di formazione per i ferrovieri. Dopo l’ occupazione abusiva da parte degli artisti, la direzione della SNCF, decise di mettere gli stabili a disposizione della collettività. Vennero, quindi, aperti atelier popolari di pittura e scultura, sale di danza, di teatro, di musica. La città di Parigi, fiera delle rive della Senna, fresche di ristrutturazione, della nuova Notre Dame che a breve verrà riaperta al pubblico, delle sue nuove attrazioni culturali, sembra dirigersi nella direzione di non sopprimere ma addomesticare le occupazioni artistiche nella speranza di non sopprimere la creatività imprevista visto che, come dice Sennett, il sociologo che studia gli effetti sull’individuo della convivenza nel mondo moderno urbanizzato “per creare qualcosa di davvero nuovo, oggi come ieri, bisogna trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato”.

Parigi nasconde?

In Francia vivono oltre sette milioni di immigrati (circa il 11% della popolazione) e il paese accoglie circa 100 mila nuove persone all’ anno. Ovviamente Parigi è la meta più ambita e gli immigrati, che rappresentano ormai il 15% della popolazione della città, sono in continuo aumento. I numerosi centri di accoglienza sono saturi e circa 2000 persone migranti, in attesa di asilo, dormono per strada in grandi o piccoli accampamenti che si stanno via via formando.

Sono oltre 60 gli accampamenti alle porte di Parigi che si sono formati e 35 sono stati sgombrati nel corso del 2023. Ormai tende singole o piccoli gruppi di tende si vedono anche in centro città soprattutto sotto i ponti lungo la Senna e nell’ ultimo mese del 2023 ogni sera alle 18 centinaia di migranti si sono radunati davanti al municipio dove era installato il Villaggio di Natale pieno di luci e giochi. La situazione appare davvero difficile. Il Ministero degli Interni ha, da poco, iniziato a mettere in pratica il piano, approvato a maggio, di trasferimento volontario verso altre città francesi dei migranti senza tetto accampati a Parigi. L’obiettivo dichiarato è quello di accorciare i tempi di disagio dei migranti e distribuire parte dell’ accoglienza alle altre regioni che hanno una maggiore capacità di gestirlo. Il dubbio che ciò in realtà sia dovuto alla volontà di rendere meno evidente a Parigi il problema “migranti” in vista delle Olimpiadi dell’estate 2024 sorge spontaneo. Il problema legato all’ immigrazione crescente sembra lontano dall’aver trovato una soluzione, anche perché un problema sociale ed economico è diventato politico, ma l’idea repubblicana della nazione come madre comune di tutti i cittadini rimane un obiettivo importante.

Vivendo a Parigi, immergendosi nella vita reale della città, si ha la chiara sensazione che la costruzione di un mondo nuovo sia in atto, e come sempre, Parigi ne sia il cantiere, il laboratorio permanente. Il campo di battaglia. E gli atti terroristici, che non a caso, l’hanno colpita duramente, non sembrano essere in grado di fermarla.


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