L’ARTE DELLA CERAMICA A LAVENO

A metà dell’800 i battelli a vapore scivolano già da circa venti anni sulle acque del lago Maggiore che si snoda, con il suo profilo allungato e sinuoso, da Sesto Calende sul Ticino e da Arona, fino alle cittadine svizzere di Magadino e Locarno.
uando i passeggeri risalgono il lago con il primo battello che inizia il suo viaggio all’alba, il sole sta sorgendo dai monti innevati del Canton Ticino.

Il cielo, dietro il maestoso monte Sasso di Ferro che sovrasta Laveno, è colorato di rosso come lo specchio d’acqua che abbaglia con i suoi riflessi luminosi. A metà del percorso, una di fronte all’altra, sulle due sponde opposte, quella piemontese e quella lombarda, appaiono Intra e Laveno, i due borghi che spiccano, fra gli altri, per i fumi che si alzano dai primi opifici, ubicati ai margini delle case ammassate intorno alla chiesa o allineate lungo la costa, vicino al corso dei torrenti. Intra prende il nome dal latino “intra flumina”, cioè “tra i fiumi” San Giovanni e San Bernardino che delimitano il borgo.

Intra fa parte del Regno Sardo-Piemontese sotto i Savoia, Laveno invece appartiene al Lombardo-Veneto, sotto l’egida imperiale asburgica, il comando del feldmaresciallo Radetzky, il controllo militare dei soldati austriaci con le loro inquietanti divise bianche.

Entrambe, grazie all’introduzione delle macchine nei processi di produzione, utilizzando le risorse del territorio, hanno trasformato un’atavica economia artigianale o di sussistenza in economia industriale. A Intra l’antica attività di sbianca dei tessuti che sfruttava l’acqua dei suoi torrenti, è diventata la prima filatura meccanica d’Italia, rivestendo il ruolo di primo polo industriale del Paese.

Nel 1856, a Laveno, alcuni pionieri sfruttarono le opportunità materiali e logistiche che offriva il territorio per far nascere un’industria della ceramica, come già avevano avviato nel milanese. Le risorse materiali erano costituite dall’abbondanza d’acqua e dalla torba della palude di Mombello e dalla legna dei boschi. (Il comune di Laveno nacque nel 1929 dalla fusione con i comuni di Mombello e Cerro).

L’uomo, fin dall’età neolitica, impastando terra e acqua aveva ottenuto l’argilla, l’aveva modellata con le mani e l’aveva cotta o col calore del sole o con il fuoco ottenuto bruciando pezzi di legna. Con terra, acqua, calore erano nate le prime ciotole e i primi utensili rudimentali di “ceramica”, termine che deriva dal greco Kéramos, argilla. Si suppone che la sua invenzione sia avvenuta nella regione sahariana e in Giappone e che da questi luoghi d’origine si sia via via diffusa ovunque.

Esistono tipologie di ceramica con peculiatità diverse che derivano dagli elementi costituenti la materia prima, l’argilla, e dal grado di temperatura in cui avviene la sua solidificazione. Le ceramiche sono costituite da un materiale inorganico, non metallico, molto duttile allo stato naturale, rigido dopo la fase di cottura. Può essere a pasta compatta o porosa. A pasta compatta sono i gress e le porcellane, a bassissima porosità, tanto che non si lasciano scalfire neanche da una punta d’acciaio. Il gress, materiale particolarmente resistente, si indurisce ad una temperatura tra i 1200 °C e i 1300 °C e viene utilizzato per produrre mattonelle molto resistenti soprattutto per uso edilizio.

La porcellana, inventata in Cina intorno al VIII secolo, è una ceramica particolarmente pregiata, caratterizzata dalla presenza di una particolare argilla, il caolino, che le conferisce il colore bianco e la particolare plasticità. In Europa viene prodotta per la prima volta in Inghilterra presso la manifattura di Wedgwood intorno al 1750 e si diffonde subito anche in Italia. È

di bassa resistenza meccanica, ma può dare ottimi risultati con le decorazioni.

Le ceramiche a pasta porosa sono le terraglie, le maioliche le terrecottte. Hanno pasta tenera e assorbente, più facilmente scalfibile.

La porosità della terracotta è decisamente un limite quando questa viene usata come materiale di rivestimento. Pertanto la terracotta viene smaltata e cotta nuovamente. Con questo procedimento si ottiene la maiolica, anche se, in senso stretto, si definisce con questo termine solo quella immersa in uno smalto piombico o stannifero (che contiene stagno), solitamente bianco, che poi viene successivamente decorata e nuovamente cotta. 

Tutte le ceramiche possono essere dipinte ed assumere infinite forme. Dai reperti archeologici più remoti all’arte vasearia greca, etrusca, romana; dagli oggetti dalla forma arcaica di uso quotidiano ai reperti di straordinaria raffinatezza, il panorama vaseario è infinito e diffuso in tutto il mondo, espressione di ambienti, storie, culture diverse.

La principale opportunità logistica per l’insediamento di un opificio di ceramiche nel territorio di Laveno fu invece costituita dal riutilizzo di un laboratorio già esistente, situato sulle alture di Laveno, e del relativo mulino, utilizzato per la macina delle materie prime. L’opificio era stato creato nel 1833 e successivamente abbandonato. La villa e il mulino, che oggi costituiscono un’importante memoria storica, conservano tuttora il cognome del nobile e ricco imprenditore Luigi Pinelli.

Altra opportunità era costituita dalla facilità dei trasporti: il battello a vapore, introdotto sul lago Maggiore nel 1826, raggiungeva Arona e Sesto Calende; di lì i barconi, navigando sul fiume Ticino e i suoi canali, permettevano di far giungere facilmente la produzione di Laveno fino a Milano; le linee ferroviarie dalla fine degli anni cinquanta portavano da Arona a Novara, Alessandria, Torino, fino a Genova, sbocco sul Mediterraneo.
Già dagli anni venti dell’Ottocento la sponda lombardo-ticinese del lago Maggiore era collegata da strade carrozzabili che dalla cittadina svizzera Magadino portavano ai passi del Gottardo e dello Spluga. Sulla sponda opposta del lago, da Arona la strada carrozzabile ultimata nel 1807 da Napoleone per far passare i suoi cannoni, portava al passo del Sempione, a Losanna, Ginevra, Parigi.

Le prerogative materiali e logistiche di Laveno e dei suoi dintorni consentirono a tre dipendenti della fabbrica di ceramica Richard di Milano, Carnelli, Caspani, e Revelli di dare inizio a quell’attività che avrebbe caratterizzato il paese rivierasco di Laveno-Mombello per tutto l’Ottocento e per gran parte del Novecento, rendendolo noto in tutto il mondo.

Questi stessi pionieri nel 1856 fondarono la società ceramica C.C.R. nei capannoni dismessi della ex vetreria Franzosini di Laveno, che sorgeva alla base del colle San Michele lungo la costa del lago.

La produzione ceramica lavenese, condotta da circa 100 operai, era inizialmente orientata a mattoni refrattari e, in particolare, alla produzione su scala industriale di economiche terraglie “fini opache” per uso domestico, ceramiche destinate a sostituire le stoviglie allora in uso presso i ceti meno abbienti, fatte di rame, peltro, stagno o addirittura legno. Questa produzione su scala industriale, in competizione con la manifattura già affermata di Giulio Richard di Milano e con le famose terraglie inglesi, si rivelò vincente superando l’ostacolo della collocazione decentrata della cittadina rispetto ai grandi centri di Milano e di Torino.

La manifattura di Laveno andò così affermandosi, tanto che nel 1869 si rese necessario il trasferimento di parte delle attività in un nuovo stabilimento denominato “Lago”.Nel 1871 si decise di acquisire la vicina vecchia caserma di S. Michele, costruita dal passato governo austriaco, ove furono installati tre forni intermittenti a fiamma rovesciata per la cottura del biscotto, primi in Italia.

Nel 1875 la manifattura occupava ormai 400 operai. Nel 1883 assunse la sua nuova e più famosa denominazione Società Ceramica Italiana, da cui il marchio S.C.I.

Ma poiché la separazione dell’attività produttiva in due diversi stabilimenti non si rivelò economica, nel 1898, il reparto di San Michele venne chiuso ed incorporato allo stabilimento originario Lago.

In questi anni si susseguirono alla guida della S.C.I. brillanti capitani d’industria. Tra questi, il cavaliere Tommaso Bossi, a cui successe nel 1895 l’ingegnere Luciano Scotti, che resterà a capo dell’azienda fino al 1956. Sarà lui  a portare la fabbrica al massimo potenziamento strutturale e produttivo.

Nel 1922 venne costruito il primo forno continuo a gas allo stabilimento Lago, sostituito poi nel 1936 da un forno elettrico; nel 1925-1926 lo stabilimento Mulini in località Boesio, per la preparazione degli impasti; nello stesso anno i Magazzini Generali in località Ponte, direttamente raccordati con le Ferrovie dello Stato. Tutti gli stabilimenti (Lago, Ponte e Boesio) furono inoltre collegati tra di loro da unaferrovia “Decauville” a scartamento ridotto per il trasporto dei materiali. Nel 1925 venne anche costruito, a seguito di un accordo con l’azienda tedesca Rosenthal, lo stabilimento Verbano per la produzione della porcellana da tavola e, successivamente, degli isolatori.

Alla spinta innovativa degli anni Venti, che interessa le tecnologie per la produzione, corrisponde uno sviluppo altrettanto intenso all’interno dei reparti artistici e di progetto. Inizia la collaborazione dell’architetto Piero Portaluppi con la S.C.I. Nel 1925, grazie all’intuizione di Luciano Scotti, viene nominato alla direzione artistica il giovane Guido Andlovitz, dal 1923 in azienda.  Andlovitz porterà un rinnovamento stilistico nelle forme e nei decori, tanto che alla fine degli anni Venti la Richard-Ginori, con direttore artistico Gio Ponti, e la Ceramica di Laveno si contendono il primato dell’arte ceramica in Italia.

Alla fine degli anni Trenta inizierà la collaborazione alla direzione artistica di AngeloBiancini che nel suo, pur breve, periodo di permanenza in azienda, creerà un filone produttivo più artigianale. Biancini  propone figure a tutto tondo, sia di piccolo formato che grandi statue, e pannelli ad alto e basso rilievo. La grande conoscenza della tecnica ceramica delle maestranze della S.C.I. riuscirà a facilitare la produzione di queste opere di assoluto rilievo e difficoltà.

Alla fine degli anni Quaranta entra in azienda come operaia in decorazione Antonia Campi.  Guido Andlovitz ne riconosce immediatamente capacità e potenzialità e la inserisce nel reparto artistico. A partire dal suo primo piccolo vaso nel 1948, in meno di un decennio progetta centinaia di articoli di straordinario valore artistico e innovativo diventando così uno tra i nomi più noti nell’ambito del design ceramico.

Nel 1950 entra in funzione il primo forno continuo a nafta per la produzione della porcellana.

Contemporaneamente viene realizzato, riorganizzando l’area dei Magazzini Generali, un nuovo stabilimento (“Ponte”) per la produzione su larga scala di articoli domestici in terraglia forte.

I reparti adibiti alla lavorazione della terraglia forte occupano circa 1500 operai e rappresentano il nucleo più importante della Società Ceramica Italiana di Laveno. Anche lo stabilimento Verbano è fra i più aggiornati nella produzione della porcellana e occupa circa 700 operai.

Il boom del settore della ceramica in Italia e a Laveno avvenne negli anni cinquanta, quando molti paesi dell’Europa si trovarono nella condizione di dover riparare i danni subiti durante la seconda guerra mondiale. La ricostruzione post-bellica e la nascita di molte periferie italiane collegate allo sviluppo del settore metalmeccanico (si pensi alla Fiat a Torino) furono l’incentivo più grande per la crescita del settore ceramico.

La Scuola per Ceramisti, di durata triennale, creata dall’ingegner Scotti, nasce proprio nell’anno scolastico 1950-1951. Ha lo scopo di fornire ai lavoratori della S.C.I. una istruzione tecnico-pratica che consenta loro di perfezionarsi nel mestiere di ceramista. Fino al 1950, e a partire dal 1874, la preparazione professionale a Laveno era stata svolta dalla Scuola di Disegno, organizzata dalla Società di Mutuo Soccorso fra operai, artisti, commercianti e professionisti con il contributo del Comune e della S.C.I. e diretta per oltre quaranta anni dal professor Mario Aubel. A quell’epoca, però, non era più considerata in linea con le esigenze professionali richieste dall’azienda.

Oltre al Centro Studi e alla Scuola per Ceramisti, grande importanza assume il reparto diprogettazione. Qui artisti e designer, sotto la sapiente guida prima di Guido Andlovitz, considerato tra gli artefici della storia ceramica italiana e poi di Antonia Campi, designer e ceramista tra le più originali e moderne, vincitrice di molti premi in campo internazionale, sviluppano la ricerca estetica di forme e decori che porta alla creazione di pregiate ceramiche artistiche.

Intanto la produzione si diversifica in articoli domestici in terraglia forte e in porcellana fine utilizzata per di resistenza meccanica minore, ma in compenso, può dare ottimi risultati con le decorazioni. apparecchi igienico-sanitari in vitreous-china (adottati da alberghi e transatlantici di lusso);

isolatori elettrici in porcellana (usati per grandi elettrodotti in tutto il mondo), materiali refrattari.

Coronano tali successi le prestigiose partecipazioni alle maggiori esposizioni fieristiche mondiali, in Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, Stati Uniti… Tutto questo rende Laveno l’epicentro della tradizione ceramica, così come Murano per il vetro e Faenza per le maioliche.

Nel 1965 la SCI viene assorbita dalla Richard-Ginori che, cinque anni dopo, diviene, a sua volta, proprietà di una finanziaria. Una svolta determinante nella storia dell’azienda con la nascita della Società Ceramica Italiana Richard-Ginori S.p.A. La fusione con il gruppo Richard-Ginori è però l’inizio di una fine annunciata, che arriva quando i venti della globalizzazione e del “made in China” spengono definitivamente l’esperienza industriale lavenese al traguardo dei 150 anni di storia.

Dal 1980 chiudono, una dopo l’altra, la ceramica “Revelli” e, due anni più tardi, cessa la produzione alla ceramica “Lago”, quella che sembrava a tutti la più solida. Poi la “Boesio”, la “Verbano”, che registra un tentativo di riscatto e passa prima dalla creazione di una società cooperativa con la partecipazione dei dipendenti (1982). Si tenta di rilanciare la “Ponte” con l’avviamento della produzione di porcellana “bone china” (1990) che rappresenta un’eccellenza unica in Europa. Nel 1997 chiude anche l’ultimo tentativo di ceramica industriale con la Cooperativa Ceramiche Industriali Verbano. Il 7 gennaio del 2013, arriva a Laveno Mombello la notizia dei giornali nazionali che riportano: “Fallita la Richard Ginori”. Lo storico marchio, che già era stato posto in liquidazione nella primavera del 2012, è stato dichiarato fallito dal tribunale di Firenze, travolto dai debiti.

La chiusura delle ceramiche lavenesi è stato un duro colpo per l’occupazione di un territorio, quello del medio Verbano, che si è trovato all’improvviso impoverito e chiamato a dover voltar pagina. Sono scomparse migliaia di posti di lavoro ed è andata dispersa una tradizione, una professionalità tramandata di padre in figlio. Una professionalità, un’arte e una tecnologia conosciuta in mezzo mondo che certamente non ci faceva secondi a nessuno.

A fronte dell’amara storia delle ceramiche lavenesi, la ceramica resta uno dei campi d’eccellenza dell’Italia, nonostante la concorrenza cinese, con un fatturato annuo di 5,5 miliardi di euro, di cui solo il 25 % proveniente dalla vendita nazionale. I principali mercati di riferimento sono la Francia, gli Stati Uniti e la Germania, e sono perlopiù rivenditori di pavimenti, rivestimenti, e materiali per il bagno.

I distretti industriali italiani che occupano i primi posti del mercato mondiale di questo settore sono Sassuolo e Scandiano, Imola e Faenza, Impruneta, Vietri sul mare e il Veneto.

Oggi la storia della ceramica lavenese è racchiusa in un museo: il Museo Internazionale di Design Ceramico MIDeC, ospitato dal 1971 nel cinquecentesco palazzo Perabò a Cerro di Laveno Mombello. È un patrimonio dell’arte ceramica di proprietà del Comune di Laveno Mombello, con 11 sale espositive, 500 pezzi esposti; una frequenza di 3500 visitatori all’anno.

La sua apertura, con il nome di Civica Raccolta di Terraglia, fu dovuta a un iniziale deposito di opere in ceramica provenienti dalla Società Ceramica Richard-Ginori: “Richard Ginori 1735” che ne “segna il destino e la vocazione. Si tratta di un museo a carattere specialistico che raccoglie e documenta la produzione della terraglia forte da metà ‘800 a metà ‘900 nell’area lombarda e omogenea”. A ciò si aggiunsero altri oggetti in ceramica appartenuti a collezioni private.

Si possono ammirare grandi vasi, portaombrelli, piatti e servizi da tavola finemente decorati, realizzati dalle maestranze della Società Ceramica Italiana (SCI) di Laveno Mombello; opere in stile Liberty e pezzi ormai rari di servizi igienici di manifatture italiane e straniere.
Sculture e pannelli in ceramica di A. Biancini, A. Campi, G. Andlovitz, P. Melandri, G. Gariboldi impreziosiscono le pareti del Palazzo e delle sale, attestando l’assoluto livello artistico delle opere prodotte nelle Ceramiche lavenesi.
Al piano terra del Palazzo sono esposte ceramiche di artisti moderni e contemporanei quali Enrico Baj, Agenore Fabbri, … che hanno tenuto mostre importanti negli anni Ottanta e Novanta od hanno partecipato alle biennali d’arte denominate “Terra & Terra”, testimoniate dai cataloghi in vendita al book shop.

La visita al museo rende evidente la caratteristica impronta data alla produzione ceramica locale dai vari direttori artistici delle ceramiche lavenesi, designer e ceramisti, fra cui in particolare Guido Andlovitz e Antonia Campi, che hanno reso celebre le terraglie made in Laveno anche oltre confine.

Negli ultimi decenni il MIDeC è cresciuto ancora e la collezione si è arricchita di nuove ed originali opere di artisti contemporanei, a testimoniare che la ceramica, oltre che materiale del quotidiano, resta da sempre materia privilegiata per l’espressione artistica in ogni tempo.


SEGNALIAMO