AFFRONTARE IL FUTURO PROSSIMO …

CON UN MODELLO AGRO-ECOLOGICO DIVERSO

L’unico modo per non farsi consumare dal consumismo è digiunare, digiunare da qualsiasi cosa non sia assolutamente indispensabile, digiunare dal comprare il superfluo. 

Basta rinunciare a una cosa oggi, a un’altra domani. Basta ridurre i cosiddetti bisogni di cui presto ci si accorge di non avere affatto bisogno.

Questa è la vera libertà: non la libertà di scegliere, ma la libertà di essere.

La libertà che conosceva bene Diogene che andava in giro per il mercato di Atene borbottando fra sé e sé: “Guarda, guarda… quante cose di cui non ho bisogno!

Tiziano Terzani1

Questa frase del grande Tiziano Terzani, mi è capitata sotto gli occhi poco tempo fa e voglio iniziare proprio da questa considerazione ed estenderla a tutto quello che consumiamo e principalmente al consumo di energia che potremmo e dovremmo risparmiare. Sarebbe già un ottimo inizio.

Finora possiamo affermare che la globalizzazione è stata attuata attraverso la liberalizzazione dei mercati senza un’adeguata corrispondenza di regole e diritti. È mancata anche un “governance internazionale” compiutamente realizzata cui si è preferito, molto spesso, un approccio sleale verso la concorrenza. Le imprese, infatti, pur avendo convenienza ad accordarsi per aumentare la quota di mercato, non lo fanno perché non sono sicure che la controparte rispetti gli accordi presi e così preferiscono adottare strategie di dumping2 esternalizzando il costo dei beni che soddisfano i fabbisogni.

Ma cosa si intende veramente per “bisogni” nella nostra società? La psicologia studia da sempre i bisogni dell’umanità e tra gli altri Simon Hertnon propone un modello psicologico più vicino alla sensibilità odierna3. Hertnon teorizza per l’uomo un sistema di bisogni a forma di spirale che, partendo dalle esigenze di sopravvivenza, arriva fino ai temi della felicità e della soddisfazione personale.
Si parte dal benessere fisico e mentale, dalla necessità di un ambiente sano e sicuro, dalla possibilità di procreare o limitare la procreazione, per arrivare ad avere rispetto degli altri ed una buona autostima, fino ad apprezzare la vita e quello che offre. Ed infine, a speculare sulla natura e sul significato della vita stessa.

In questo quadro, emerge però un aspetto inquietante: un meccanismo sociale che trasforma il bisogno, che nasce genuino, in qualcosa di preconfezionato, diverso dal bisogno originale e sempre relativo a beni economici, siano essi materiali o servizi, con una capacità eccezionale e incessante di indurre bisogni. In questo contesto si situa lo scontro tra coloro che alimentano “nuovi bisogni”, giustificati dal punto di vista economico dal mito della crescita, e quanti sostengono la necessità di liberarsi dai bisogni indotti attraverso una maggior consapevolezza e conseguenti modifiche del comportamento.

Finora i modelli produttivi hanno mostrato poca efficienza nell’uso del capitale, poca attenzione alla produzione esternalizzando e nessuna strategia di resilienza. Parallelamente i modelli di consumo hanno privilegiato l’acquisto inefficiente e scelte non etiche dei prodotti.

Ricordiamo i passaggi fin qui attuati per iniziare un percorso di cambiamento: in seguito all’aumento costante dei prezzi di beni e servizi, resi inaccessibili a chi ha di meno che ha aumentato sempre più le disuguaglianze, nel 2015 le Nazioni Unite dichiararono insostenibile l’attuale modello di sviluppo. Tale dichiarazione fu sottoscritta da 193 Paesi. E poiché il modello di sviluppo attuale non è etico, non è efficiente e crea disuguaglianze intra e intergenerazionali, si è arrivati alla dichiarazione di insostenibilità del sistema stesso e alla formulazione dell’Agenda 2030 che costituisce il sistema di riferimento per orientarsi nel percorso verso la sostenibilità.

Cosa devono fare l’agricoltura e i sistemi agroalimentari per raggiungere questo obiettivo? A livello globale, l’agricoltura e i sistemi alimentari devono procedere verso una nuova frontiera per garantire il diritto al cibo attraverso: l’accesso al cibo (fisico ed economico); la sicurezza alimentare (cibo sicuro e sano); la conservabilità e facilità d’uso e la vicinanza alimentare (produzioni più vicine ai luoghi di consumo).

Inoltre, devono contribuire allo sviluppo dei sistemi economici nelle aree rurali (producendo PIL e occupazione) e ridurre le emissioni di gas serra, aumentare l’utilizzo delle risorse rinnovabili, migliorando l’efficienza energetica e l’uso del suolo. Nella pratica si deve passare ad un modello agro-ecologico soprattutto riducendo l’uso di pesticidi; intervenendo sugli allevamenti intensivi; proteggendo le aree di assorbimento del carbonio come il suolo e le foreste.

Non dimentichiamoci poi che nel 2050, la popolazione mondiale sarà molto vicina a 10 miliardi di persone e che questi cambiamenti interesseranno aree del mondo molto diverse per povertà, sicurezza alimentare e altri fattori e, pertanto, questo processo avverrà in modo totalmente asimmetrico.
Si pone a questo punto un quesito filosofico, a mio avviso importate, cui dovremmo dare una risposta. Non era mai accaduto prima nella storia dell’umanità di raggiungere questi numeri e, forse, dovremmo riflettere sulla possibilità che la crescita costante sia possibile o, piuttosto, che essa rappresenti il limite fondamentale della vita dell’uomo sulla terra e potrebbe alla fine portare alla nostra estinzione.

Oggi, i consumatori dei paesi industrializzati stanno sviluppando un approccio diverso nei confronti del cibo, non si preoccupano solo dell’accesso al cibo, ma anche di altri aspetti. In Italia, ad esempio, un’indagine del CENSIS ci dice che l’80% dei consumatori si preoccupa che il cibo rifletta le loro preoccupazioni etiche, sociali e ambientali. Ma non è affatto sufficiente.

L’agricoltura sta già provando a passare dal modello economico lineare a quello circolare. Ma la situazione si è ulteriormente aggravata. Non possiamo più ignorare le nuove condizioni sotto gli occhi di tutti come la siccità, gli eventi estremi e il riscaldamento globale.
Abbiamo problemi enormi davanti a noi che richiedono il massimo della cooperazione e del coordinamento. L’agroalimentare necessita urgentemente di ricerca scientifica e condivisione di dati per pianificare interventi efficaci. Anche la mancanza di suolo deve subire un’inversione di tendenza, non possiamo più permetterci un’ulteriore riduzione di suolo agricolo e montano. Abbiamo bisogno di grossi invasi per affrontare la carenza d’acqua, vanno prioritariamente rinnovati gli impianti idrici ovunque per non disperdere acqua e vanno valorizzati anche gli scarti dell’agroalimentare. Ogni produzione deve chiudere il ciclo produttivo risparmiando energia e utilizzando i suoi scarti.

È urgente affrontare il grosso problema energetico con ogni mezzo a nostra disposizione, innovativo e tradizionale finché non arriveremo alla fusione o a qualunque altra tecnologia innovativa utile. Intanto, diventa imperativo ridurre la quantità di energia che utilizziamo.

Lo so è molto complicato, si tratta di un insieme di problemi molto complesso, ma non possiamo più rimanere a guardare aspettando una soluzione adeguata. Per ora questa soluzione non c’è e proprio per questo gli Stati e i governi devono investire molto di più nella ricerca per giungere, in un tempo ragionevole, a mettere in atto tutti quegli accorgimenti tecnologici atti a ridurre gli sprechi e aumentare la nostra efficienza energetica.

  1. “Un altro giro di giostra. Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo” di Tiziano Terzani
  2. Dall’inglese “dump” che significa letteralmente “scaricare”. È la pratica con cui le grandi imprese introducono nel mercato dei prodotti a un prezzo molto inferiore rispetto a quello di mercato. Questo è possibile grazie alla presenza di sussidi statali alle imprese nel paese di origine, oppure alla sovraproduzione di un determinato prodotto da parte delle aziende che vendono all’estero tali beni in eccedenza.
  3. https://simonhertnon.com/human-needs/

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