IL CREDITO COOPERATIVO: INSIEME DI “IMPRESE SOCIALI AUMENTATE ”
Le Banche di Credito Cooperativo-BCC sono la “locanda” della parabola del buon Samaritano che ha potuto “risolvere ciò che lui da solo in quel momento non era in condizione di assicurare”. In effetti le BCC sono spesso la locanda della ”sussidiarietà finanziaria” per i territori e le comunità; senza questo ruolo non ci sarebbe sviluppo.
Dove i cittadini (la domanda) incontrano anche i loro compagni di scuola ed i compagni di giochi (l’offerta bancaria) dall’altra parte della scrivania o alla cassa.
E reciprocamente conoscono la fiducia dove e se deve essere riposta.
Il credito cooperativo, che è la continuità delle casse rurali e artigiane, abbraccia anche le banche popolari ed hanno una partecipazione sociale indipendente dal numero delle azioni detenute da ogni socio; infatti ogni è titolare di un solo voto. Anche l’attività creditizia deve essere prevalentemente a favore dei soci, salvo autorizzazione della Banca d’Italia
Il primo nome che si intercetta nel mondo del credito cooperativo , del movimento di credito sociale ,delle casse rurali è quello di Friedrich Wilhelm Raiffeisen, che sul finire del 1800 crea questa nuova forma di credito con matrice territoriale di comunità e di espressione cristiana.
In Italia le casse rurali hanno un primo esempio nel 1883 a Loreggia, ad opera di Leone Wollemborg, che si ispiro’ al Raiffeisen. Nel 1890, don Luigi Cerutti fonda a Gambarare la prima cassa rurale cattolica. Nel 1891, l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII benedice questa linea di banca.
Il sistema italiano di BCC, uno dei più antichi e consolidati sistemi bancari a livello mondiale – nasce alla fine del XIX secolo come banche rurali, ispirate alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, che mirava a sconfiggere la povertà e l’usura.
Le BCC sono generalmente di proprietà dei loro clienti-soci (tipicamente residenti locali e PMI), che sono, nella maggior parte dei casi, azionisti, depositanti, obbligazionisti e mutuatari, dando loro una struttura proprietaria unica e un focus locale che modella il loro modello di business. Operano in un ambito geografico limitato con target tipicamente di piccole dimensioni e funzionano come banche comunitarie che mobilitano risparmi e prestiti locali all’interno della stessa regione.
Il mondo delle banche di credito cooperativo, delle casse rurali ecc. ha una funzione di merito creditizio, di altruismo finanziario, di socialità agìta sul territorio e la sua formula imprenditoriale è coerente con quella dell’impresa sociale che è epigona della cooperativa sociale ed, in senso lato, coerente con la cooperazione.
Infatti la Banca di Credito Cooperativo-BCC è una” impresa sociale aumentata” con alcune caratteristiche distintive:
1-ha una definizione statutaria ben definita e quindi un “purpose” che indica il suo ruolo di sviluppo sociale come condizione indispensabile per la sua esistenza. Non è un addendum. Non è un elemento ornamentale e “periferico”;
2-il suo operare ha una capacità additiva nei confronti del territorio e della comunità; offre e concretizza un valore aggiunto percepibile concretamente dalla comunità;
3-non si sottrae alla misurazione sotto un duplice aspetto: il primo è quello determinato dalla prossimità- vicinanza dei propri clienti- soci che presidiano il controllo dell’operato della banca valutando gli effetti reali e concreti sul territorio; il secondo è determinato dall’operare in sintonia ufficiale, con quelli che sono i nuovi dettati di tassonomia finanziaria EU. Essi sono vigenti ed incidenti nel settore finanziario al quale appartiene la Banca di Credito cooperativo,
4-per sua conformazione culturale ed, in parte, anche quasi ideologica, sposa la sussidiarietà come un elemento indispensabile per poter sviluppare un sistema economico sociale e di partecipazione apprezzato e valutato dei propri clienti- soci;
5-non ha come fine ultimo la massimizzazione assoluta del profitto, ma piuttosto quello del profitto relativo e integrato con gli equilibri di cui abbiamo fatto cenno anche nei punti precedenti. La BCC è quindi un’impresa sociale che, per le motivazioni precedenti, a cui si aggiungono la mutualità, la partecipazione, la conoscenza reciproca e di prossimità con i propri soci, svolge un ruolo indispensabile nel mondo finanziario e del credito non speculativo e non opportunistico.
E’ la finanza virtuosa che non si piega all’azzardo morale ed alla selezione avversa che è una tentazione in cui cadono spesso le banche tradizionali. Il “dovere fiduciario” è quello di raggiungere la doppia materialità: sociale ed economica.
In una visione macro si può affermare che le BCC sono protagoniste della tanto auspicata economia sociale di cui l’economia reale è parte. (“sineddoche”).
Questa affermazione vuole rompere l’ambiguità del sistema finanziario che da una parte dichiara che bisogna avere un equilibrio socio economico, climatico, di partecipazione e governance (ESG), ma dall’altra agisce con attività che spesso sono antitetiche e distoniche.
Il credito cooperativo ha fatto una scelta di campo: pensare ed agire per una economia sociale perché altrimenti tutte le affermazioni e tutte le dichiarazioni di intenti sono delle semplici e razionali mistificazione.
Tutto questo avviene in logica di trasformazione e transizione verso gli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (SDGs).
Tutte le componenti del sistema socio economico e finanziario dovrebbero non solo avere presente questo dinamismo euristico, ma praticarlo.
Inoltre la BCC, è agente dell’economia sociale e anche, secondo la dizione della comunità europea, una parte del mondo finanziario inteso come insieme degli “operatori del mercato finanziario” deve allinearsi agli input finanziari dell’EU( Tassonomia UE-Regolamento (UE) 2020/852 (“Taxonomy Regulation”) • Regolamento Delegato (UE) 2021/2139 • Regolamento Delegato (UE) 2021/2178 • Complementary Climate Delegated Act • Environmental Delegated Act).
Tutti questi riferimenti di tipo giuridico comunitario non fanno parte della retorica giuridica, ma sono la cornice obbligatoria per il mondo finanziario a cui non può sottrarsi ovviamente il settore del credito cooperativo.
La BCC può essere definita anche come una “impresa sociale aumentata” perché aggiunge alla mutualità ed alla socialità “in re ipsa”, alcune scelte di sviluppo di impatto sociale sul territorio e nella comunità che hanno un effetto moltiplicatore sui risultati di impatto sulla vita dei cittadini. Diciamo un “antropocene finanziario virtuoso”.
Infatti molte BCC aggiungono azioni di economia circolare, di recupero delle eccedenze alimentari, delle risorse per lo sviluppo turistico, donazioni e finanziamenti per le opere artistiche, per il restauro di aree culturali – artistiche, start up di mutue sanitarie: tutti elementi che aumentano la socialità che già esiste per natura giuridica, statutaria, e di intento.
I mercati potenziali di intervento sono numerosi e differenziati tra loro: salute, housing, disabilità, famiglia ed esclusione sociale.
Queste affermazioni si traducono in scelte di tipo organizzativo, di ricchezza relazionale agìta e calate nella efficienza ed efficacia operativa.
Essa favorisce i rapporti creando delle alleanze e delle appartenenze e delle “cure reciproche” sia a livello macroeconomico sia a livello micro. Inoltre il presidio di questa imprenditorialità sociale aumenta il mantra della BCC come “impresa sociale aumentata” e di successo: economicità, efficienza, efficacia, continuità, perdurabilità, sostenibilità e responsabilità sociale.
SI sviluppa una catena del valore di imprese di servizi la cui ricchezza relazionale interna (informazione, comunicazione, spiegazione, formazione, clima organizzativo) ed esterna (soddisfa la domanda dei cittadini -consumatori-consumeristi) aumenta la simmetria mutualistica fra l’offerta di servizi e la domanda razionale dei cittadini sviluppando risultati di business, di mercato e di capitale sociale del territorio e della comunità.
Ruolo sociale della banca senza dimenticare che, comunque, “fare banca”. Anche nel mondo della finanza, spesso speculativa, ci sono ripensamenti e fermo restando lo sfrido dell’effetto annuncio, i contenuti delle lettere e del manifesto che citiamo, di seguito, hanno un valore di tendenza:
-“Larry” Fink, ceo di BlackRock (gruppo di risparmio gestito Usa con oltre 6mila 500 miliardi di dollari in gestione) con lettera” To our sharehoders “(2019);
-il manifesto della Business Roundtable (19 Agosto 2019) dei 181 top manager delle più importanti imprese USA, in cui si dichiara che la massimizzazione assoluta del profitto non è l’imperativo categorico delle aziende;
ancora ”Larry” Fink: lettera” Una completa trasformazione della finanza”(2020).
Esse sono icone di cultura finanziaria che evolve.
Bisogna dare alle BCC un ruolo generativo, integrando il danaro con l’impatto sociale.
La buona riuscita dell’investimento si misura in base all’effettivo cambiamento vissuto dai beneficiari e non sulla mera quantità di prestazioni erogate.
Tutto questo vuol dire che “i partecipanti al mondo finanziario” possono o devono adottare una redditività olistica (economico-finanziaria e sociale) per stare in equilibrio con le esigenze degli investitori che richiedono il presidio economico-finanziario con il massimo relativo della redditività ed hanno compreso il fallimento della formula del profitto senza limiti e “ad libitum” delle imprese.
Molti investitori hanno capito che senza un presidio dell’ambiente, del sociale e senza una governance partecipata, la formula stereotipata di successo delle imprese (efficienza, efficacia, economicità e perdurabilità) non si può applicare ed il rapporto rischio-rendimento è negativo. Stakeholderism e shareholderism devono “andare a braccetto”.
Le BCC contribuiscono a sviluppare questa cultura.
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