IL FENOMENO INCEL
Difronte alla morte della giovane Giulia, è difficile poter formulare un’analisi lucida del fenomeno femminicida senza ricadere nell’emotività fomentata dalla narrazione mediatica; La rabbia, lo sgomento e il disgusto per l’ennesima vittima (105°) dall’inizio del 2023. La formazione di temporanee sacche di tifoseria che infiammano la discussione che quasi sempre verte su una condanna (a ragione) unanime nei confronti del sesso colpevole di questa uccisione, senza però ai noi, poter dare uno spunto di riflessione per analizzare da vicino quello che è il fenomeno della violenza, che nella maggior parte delle volte trascende dal singolo sesso, presentandosi anzi, come una forza intersessuale.
Il sessismo è quel fenomeno sciovinista che esalta un gruppo sessuale a scapito di un altro. Tipicamente la versione classica di questa idea la si presenta contrapposta tra i due sessi dominanti, quelli cioè maschile e femminile. In casi minoritari e assolutamente marginali, però, possono presentarsi fenomeni di sciovinismo nei confronti di sessi non binari, pensiamo a tutta una serie di movimenti cisgeneri che spesso finiscono per sfociare in Misandria e Misoginia.
La discriminazione non è mai un fenomeno univoco, ma multidirezionale, un bianco può essere razzista con un nero e viceversa, un uomo può essere violento con una donna e viceversa.
Se è vero che negli ultimi anni si è assistito a un progressivo e costante sessismo nei confronti delle donne, marginalizzandole, e andando a creare quelle che sono delle conseguenze ancora visibili, penso al presente gap salariale sul posto di lavoro difficile da curare. sembrerebbe che a parti invertite, ogni volta che si parla di femminicidio e in modo funesto irrompono nell’opinione pubblica questi casi di cronaca nera, arrivi con la stessa velocità una ventata di organizzazioni per la parità di genere o presunte tali, che inveiscono in modo deciso contro la categoria sessuale maschile, usando spesso, termini al limite se non proprio misandrici e disprezzanti di una buona parte della popolazione.
Attuando una discriminazione al contrario e senza riflettere su quella che è la portata della violenza di genere nella società occidentale ad oggi.
Proprio per questa ragione, la necessità di un preambolo che spossa scacciare via ogni possibile accusa di sessismo verso il sottoscritto, che anzi si può benissimo ascrivere al movimento femminista, a patto che esso sia per una effettiva e reale parità tra i sessi e non, come in alcuni casi, in difesa ed esaltazione di un solo sesso a scapito di un altro.
La misandria contemporanea, proprio per la sua novità e velocità di diffusione, merito senza dubbio (in modo indiretto) delle politiche educative che sono riuscite a emancipare il genere femminile e che con sempre maggiore decisione convergono verso l’inclusione e l’educazione all’affettività/sessuale.
Hanno creato in parallelo un terribile fenomeno di depressione e aumento di suicidi nella popolazione maschile, assimilabile a quel bizzarro se pur presente movimento Incel, che sta per (Involontary Celibate), cioè giovani uomini over 25 che non riescono ad avere una relazione sentimentale appagante e perciò riversano questa rabbia nella rete, fomentando e creando una spirale viziosa che avvicina sempre nuovi membri al pensiero.
Le teorie Incel sono abbastanza stravaganti e al limite del complottismo, per questa ragione per chi volesse approfondire a scopo scientifico il fenomeno, consiglio di farsi un giro sul sito “il Redpillatore” un sito cloaca, mi si consenta, che sintetizza in modo abbastanza completo quello che è il pensiero centrale che porta alla condizione di Incel ovvero la “teoria della redpil”.
La nascita di questo movimento, insieme ad altri analoghi che esaltano la supremazia maschile, non è ascrivile in modo diretto alle politiche educative, ma sono una conseguenza indiretta causata da uno squilibrio, che invece di equiparare in modo Antisessista i due sessi egemoni e tutti i restanti, ne colpevolizza uno piuttosto che l’altro, per questo motivo, i movimenti a cui accenno, non sono altro che una risposta quasi naturale di una parte minoritaria e marginalizzata del sesso maschile, che a sua volta diventa violenta.
Tornando al discorso quindi, la cosa migliore da fare sarebbe, come sempre, una forma di mediazione culturale che possa proseguire educando anche in senso inverso, cioè all’affettività reciproca dei sessi e nel sostegno emotivo di entrambi senza privilegiare nessuno in particolare.
L’educazione all’affettività che già viene svolta nelle scuole da alcuni anni (anche se non mancano problemi nell’attuazione), già si concentra in parte sulla risoluzione di questi problemi, legati però per la maggior parte alla sfera erotica più che su quella del rispetto.
Ci vorrebbe un’educazione alla libertà, insegnare a smorzare dove possibile quel sentimento di possesso e gelosia che, seppur meno rispetto al passato, è ancora presente in alcune sacche della popolazione.
Come Accennavo qualche tempo fa in “i Giovani salveranno l’italia?”, è presente in parte delle giovani generazioni, direi principalmente della Gen Z che conosco meglio, un sentimento di possesso avallato da molti stimoli esterni presenti sui social network.
Ne parlava qualche giorno fa Nicola Gratteri, che con tono ragionevolmente preoccupato, parlava di Tik Tok come la nuova vetrina dove le organizzazioni criminali adescano giovani provenienti da contesti sociali svantaggiati.
Faceva l’esempio dei giovani boss che mostrano la loro richezza: catenine d’oro, orologi, macchine ecc. Il sottotesto è, “se vuoi essere come me, fa questo”, e ovviamente la figura femminile ne esce molto male, oggettivizzata nel peggiore dei modi.
Lavorare sugli omicidi di genere quindi, ancor prima che una questione culturale, deve essere affrontata da un punto di vista penale, con certezza della pena e andando a scalfire quei contesti sociali dove è molto presente la morente cultura patriarcale. Li si, potenziando anche gli sportelli antiviolenza.
Il fenomeno della violenza, risulta quanto mai difficile da analizzare. Non solo per l’ambiguità giuridica del termine “femminicidio” ancora non contemplato dal sistema italiano ed europeo, ma anche per la scarsità dei numeri per poter effettuare un’analisi quantitativa e razionale del fenomeno.
Comprendo che parlare di razionalità e analisi difronte a casi di cronaca nera, possa farmi sembrare un mostro con connotazioni calcolatrici e ciniche, ma sono quanto mai necessarie per comprendere a pieno quello che è il vasto mondo (purtroppo) della violenza, non solo di genere ma in generale.
Anzitutto chiariamo che i dati dell’ISTAT completi sui femmicidi risalgono al 2021. I dati per il 2023 sono in fase di raccolta e verranno pubblicati (forse) a gennaio/febbraio dell’anno venturo. (i 105 omicidi femminili, quindi, potrebbero aumentare o stabilizzarsi, si spera).
Partiamo dal termine; Femminicidio in senso stretto significa uccisione di una donna. Non solo quindi uccisa in un ambito affettivo relazionale, ma in generale. Un femminicidio può essere logicamente parlando, un incidente d’auto che prevede come vittima una o più donne (una donna che viene investita mentre attraversa la strada per intenderci). Le pene per questo genere di delitti sono gli stessi contemplati per gli omicidi colposi, la dove è presente un femminicidio legato alla sfera relazionale è già prevista un’aggravante. Rappresenta comunque già il massimo della pena possibile, oltre a questo ci sarebbe la somma di diversi ergastoli, ma a quel punto ne converrebbe più una soluzione politica che effettivamente pratica.
Nel 2021 l’ISTAT riporta 184 omicidi intenzionali, di cui 119 uomini e 65 donne, di queste si stima che 35 siano stato uccise in ambito affettivo relazionale. Parliamo di un tasso di 0,37 per 100.000 abitanti, oppure se preferite in percentuale alla popolazione italiana (59 milioni di persone) equivale allo 0,000059%.
Questa paradossalmente è una buona notizia, l’Italia è tra i paesi europei con il tasso di omicidio per 100.000 abitanti più bassi d’Europa, sintomo che le politiche contro la violenza e la criminalità hanno funzionato abbastanza bene.
È vero che ogni numero superiore a 0 è sempre troppo quando si parla di morti e violenza. Dobbiamo altresì accettare razionalmente e con una sana dose di realismo, che parliamo di percentuali talmente marginali nella popolazione che possono essere ascritte a casi di psicopatia.
Basti pensare infatti al modo in cui questi killer agiscono, spesso premeditando e compiendo l’atto in preda a raptus di violenza. la letteratura psichiatrica è ricca di spunti per approfondire questa tematica. Il calo rispetto al secolo scorso sia di omicidi di uomini e la stabilizzazione a 0,3 per 100.000 abitanti nel caso di uccisioni femminili, può dirci che nel caso maschile le politiche antiviolenza e criminalità hanno funzionato, mentre nel caso femminile, si era gia da tempo raggiunta una soglia minima, in cui si sarebbe presentata comunque un’incidenza di omicidi.
Alcuni esseri umani, infatti, aldilà dall’educazione che ricevono sin da bambini o da adolescenti, possiedono delle psicopatie innate, purtroppo, e questo li porta in condizioni favorevoli a manifestare questi disturbi sotto forma di violenza, in certi casi letale.
Ecco quindi, che la comunicazione mass mediatica appare si giusta e sacro santa, ma eccessiva e ingiustificata, volta quasi esclusivamente allo sciacallaggio delle vittime e delle loro famiglie, quali si aggiungono successivamente commenti circa l’appartenenza politica (vedasi la polemica del meschino consigliere veneto Valdegamberi). Una comunicazione che fa presa più sulla pancia che sulla testa, per far sentire lo spettatore, “un buono” che subito dopo, preso da un irrefrenabile istinto accusatorio, si precipita sui social a dissociarsi addirittura in quanto uomo o donna. Un anti sessismo alla rovescia, la rivincita di una disuguaglianza estrema di genere.
La società moderna è tra le più non violente che siano mai esiste, e i dati e le statistiche ce lo confermano. La Battaglia femminista pur condividendola in pieno, sta diventando qualcosa di anacronistico almeno in occidente. Sicuramente ci sono ben altri luoghi sulla faccia di questo pianeta che necessitano di quelle rivoluzioni rosa, a partire dal Medio Oriente, l’Africa e la Cina di Xi-Jinping che sembra stia prendendo una pericolosa deriva misogina e discriminatoria.
Il patriarcato almeno in occidente è temporaneamente sconfitto, salvo alcune sacche ancora presenti e gli interventi da attuare sono già stati presi e continuano ad esserlo. Nelle scuole, ad esempio, si parla già ampiamente del fenomeno femminicida, io da studente lo posso testimoniare con fermezza, non passa 8 marzo in cui non si organizzi almeno un’attività in cui si discute apertamente del problema, senza parlare degli approfondimenti che si fanno nel corso dell’anno e in modo occasionale ogni volta che accadono eventi terribili come quello di Giulia.
Il problema legato all’insegnamento delle tematiche sulla violenza, è che si tratta principalmente di atti informali, non guidati da una pianificazione centrale ma dal buonsenso del dirigente scolastico o degli insegnanti stessi, chiaramente si può e si deve fare di più per il futuro. Un altro punto critico sollevato da alcuni psicologi tra i quali Paolo Crepet, riguarda l’insufficienza e la scarsa efficacia dell’insegnamento all’affettività a scuola.
Facendo notare banalmente, che le ore utili di lezione da dedicare al tema sarebbero si e no una trentina, distribuite nell’arco di un anno (inutile dire che si tratta di un tempo insufficiente, specie se dall’altra parte si riscontra un tipo di educazione talvolta diretta in senso opposto). Ci si domanda quindi, se oltre a delle misure di insegnamento informali (attuali) e di insegnamento formali (possibili, future) non sia cosa giusta e auspicabile, lasciare che l’educazione dei figli rimanga responsabilità dei genitori, compresi i frutti di questa educazione, come era ed è tutt’ora.
E lasciare alla scuola delle lezioni riparative, che possano tamponare possibili derive antisociali che derivano da insegnamenti sbagliati dei genitori. Laddove questo non sia possibile, non rimane che lo strumento penale. Parliamo comunque di casi limite che si riscontrano, ancora una volta, in una parte minoritaria ed emarginata della società.
Per il resto, se in Italia e nel mondo occidentale, nonostante le misure prese si continuano ad avere casi di violenza, non possiamo che ascriverli all’ambivalenza psichica dell’essere umano, composto da una parte violenta e una meno. In alcune persone, la parte violenta è preponderante rispetto alla seconda. La violenza dell’essere umano, come detto in precedenza, è trasversale e colpisce entrambi i sessi, il maschio in particolare e la femmina in una fetta minore dei casi.
Infine, un piccolo appello ad alcune associazioni femministe: se ci tenete a fare una giusta informazione sul tema, smettete di diffondere misandria là dove non se ne sente il bisogno, e lavorate per un antisessismo sistemico.
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