UNA RIFORMA DEVE ESSERE GRANDE O NON È

CLAUDIO SIGNORILE

Una riforma deve essere grande o non è” è il titolo di un articolo di Claudio Signorile che partendo dalla storia della Repubblica italiana ripropone il tema ormai classico dei destini dell’Europa. Il tema è oggi di particolare attualità nel contesto delle tensioni geopolitiche mondiali che potrebbero dare vita a nuovi equilibri e ulteriori nuove tensioni.

Gli Stati Uniti d’Europa, la centralità nella vicenda dell’Ucraina e le nuove imminenti elezioni rappresentano oggi una sfida di grandissima attualità

L’articolo integrale è sul Mondo Nuovo di questo mese, in edicola.
DI seguito un estratto del contributo di Claudio Signorile

“I primi anni 90’ sono stati segnati dalla transizione strategica da un mondo bipolare, modellato in funzione di equilibri permanenti e non modificabili, ad una egemonia polarizzante, militare, economica, valoriale, che sembrava conclusiva. La fine della Storia; la vittoria dell’Occidente; la globalizzazione delle democrazie.

Non è stato così. Nei primi venti anni del terzo millennio si sono succedute crisi economiche; crisi pandemiche; crisi militari come conseguenze di conflitti geopolitici; crisi della globalizzazione come civiltà regolamentata. Siamo con il fiato sospeso ad attendere le scelte del popolo americano, e speriamo nel meno peggio.

Ma sappiamo che non verranno soluzioni autorevoli e definitive, capaci di dare stabilità ad un governo mondiale. Stiamo entrando nel 2024 in una condizione montante di multipolarismo competitivo che moltiplica le alleanze di blocco, finalizzandole ad equilibri strategici. Mai come in questi anni la componente geografica ha condizionato la politica, l’economia, le scelte sociali, le priorità valoriali.

Per la parte di mondo nel quale viviamo, non basta più aspettare cosa viene deciso negli USA. Dobbiamo cercare le nostre decisioni in Europa: per essere più precisi, nella Comunità Europea che diventa soggetto politico.

Nei giorni scorsi questo è cominciato ad avvenire. La UE è stata chiamata a pronunciarsi sulla richiesta dello Stato ukraino di ingresso nella Comunità Europea. Questo fatto, normalmente di adempimento, è diventato di forte valenza politica per la posizione contraria assunta dallo Stato Ungherese, e per le motivazioni portate a questa contrarietà.

La quasi totalità della UE ha accettato la richiesta di ingresso della Ukraina; ma contestualmente è entrata nella Ukraina e nei suoi problemi, compreso lo stato di guerra.

In una eventuale apertura di negoziati con la Russia, il tavolo politico è della UE, anche se il percorso di ingresso della Ukraina non è completato. Non vanno confusi i ruoli: la NATO è una alleanza di blocco militare che copre le ragioni strategiche euro-atlantiche ed euro/mediterranee.

Lo so è molto complicato, si tratta di un insieme di problemi molto complesso, ma non possiamo più rimanere a guardare aspettando una soluzione adeguata. Per ora questa soluzione non c’è e proprio per questo gli Stati e i governi devono investire molto di più nella ricerca per giungere, in un tempo ragionevole, a mettere in atto tutti quegli accorgimenti tecnologici atti a ridurre gli sprechi e aumentare la nostra efficienza energetica.

La UE è un soggetto politico collettivo che si avvia verso una identità comune sostenuta da una grande forza economica, di servizi e valoriale. Questa capacità protagonista deve avere una sua continuità temporale ed una sua presenza territoriale. Tutta l’Europa dell’Est è materia di intervento; tutto il Mediterraneo orientale è campo di azione.

Molti passi sono stati compiuti per questa strada di unità attiva: dal MEC a Shengen; dall’Euro alle reti infrastrutturali; dalla ricerca alle politiche fiscali e giudiziarie; dalle politiche di stabilità e di sviluppo a quelle del lavoro e della immigrazione; da quelle ambientali a quelle della innovazione; dalle politiche dell’istruzione a quelle della cultura; ci fermiamo qui.
Mancano le politiche della difesa e della integrazione della filiera industriale-militare, funzionali al ruolo strategico che viene assunto; così come una comune politica energetica.
Cominciano a delinearsi le condizioni perché la richiesta degli Stati Uniti di Europa non sia una generosa utopia ma un obiettivo strategico sul quale impegnare volontà e risorse…”

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