La maggioranza Ursula in Europa “raddoppia” rispettando il voto popolare e respingendo gli abboccamenti incerti di Meloni. La destra italiana in UE fallisce e si auto-marginalizza e se avviandosi verso l’irrilevanza lo vedremo presto. Fallimento dovuto al fatto che Orban da una parte con i Patrioti e dall’ altro la Le Pen-Bardella hanno smembrato quel campo che la Meloni pensava di “guidare e coordinare” dividendo in tre tronconi la destra europea innervata nell’estremismo a cui vanno aggiunti i neo-nazisti guidati da AFD “autoconfinati” dentro cui hanno nidificato filo-putinisti neanche troppo nascosti assieme ad Orban che ha oltrepassato la “linea rossa” con le ambiguità da Presidente di turno del Consiglio d’Europa sia per gli incontri con Putin che con Trump. Una tripartizione tanto forte nell’urlo difensivo-identitario che esprime, quanto politicamente inefficace nel vuoto progettuale nazional-sovranista.
La Presidente del Consiglio avendo “tergiversato e ondeggiato” in tutti questi mesi in attesa di accumulare “crediti” si è trovata con un pugno di mosche e di fatto espugnata e svuotata nel suo campo d’azione nell’illusione di unire ciò che è molecolarmente decomposto, rimanendo impantanata nel guado che pensava di attraversare “agganciando” UvDL con un voto favorevole. L’errore grave è stato di aver sopravvalutato il proprio ruolo ritenendosi centrale nella destra europea da usare come arma di pressione sulla potenziale maggioranza emergente che invece si è rafforzata e consolidata nella replicazione del ponte di comando dell’Alleanza Ursula imbarcando anche i verdi percepiti come più affidabili e stabili oltre che strategici nel Green Deal. Di fatto indicando la via già percorsa e avviata e che andava confermata e così è stato. Per la semplice ragione che non c’erano alternative ” né sensate né credibili” se non una grandissima incertezza che l’ Europa non poteva permettersi in questa fase di crisi dell’ Occidente ( e di una democrazia sotto attacco) davanti alle pressioni populiste-nazionaliste e con le guerre alle porte (a nord est) e nel Mediterraneo (a sud est) e con le tensioni nel Mare della Cina.
Il Governo italiano entra “forte” in conclave ma ne esce debolissimo e sfilacciato, “spaesato” non essendo riuscito a decidere come l’asino di Buridano pensando di aver previsto tutto e avendo le carte di poker migliori, ma sbagliando e trovandosi a dover dipendere da Salvini temendo i movimenti alla sua destra. Di fatto, prigioniera del proprio passato e di una pratica ideologica della politica e dunque anti-pragmatica o delle “chiacchiere” che a Bruxelles valgono se escono dai “simbolismi segnaletici” (avventura albanese, rapporti con la Tunisia, Piano Mattei) e si traducono in strategie condivise.
Che significa non decidere guardando nello specchietto retrovisore visto che la nostra PdC avrebbe (forse) volentieri votato UvDL ma la “gabbia weberiana” della sua classe dirigente glielo ha impedito costringendola a muoversi più come “capo partito” che come “capo di Governo”. Entrata come statista a Palazzo Berlaymont ne esce come segretaria di partito (o forse semplice “capo branco”?) e a perdere purtroppo è soprattutto l’Italia anche se il suo peso istituzionale si suppone non verrà meno con un commissario di (qualche) peso. Certo mancherà del peso del valore aggiunto di Giorgia frantumandosi la sua reputazione sugli scogli di una destra senza progetto o dei no (no a migrazioni, no al climate change , no alle tasse, no ai vaccini, no alla scienza, no all’allargamento a est dell’UE, no all’Ucraina nella NATO). Se questa “scomoda” posizione marginale le lascerà mani più libere lo vedremo presto nella negoziazione sui grandi dossier sul tavolo e appunto ( Green Deal , migrazioni, politica industriale e dell’innovazione, politica estera e della guerra, PAC, politica energetica e caldaie, ecc).
Tanti no e semplice difesa dell’identità nella chiusura nazionalista non fanno una strategia. Ora tocca al centro-sinistra in Italia e in Europa con gli ambientalisti dimostrare di averne una, credibile, sostenibile, affidabile e di lungo periodo cambiando innanzitutto i meccanismi decisionali o dei veti verso voti a maggioranza per una Europa a due (o tre?) velocità ma avviata su una comune strada di convergenza economica, sociale, ambientale e tecnologica influenzando gli equilibri europei e la stessa UvDL su posizioni più trasparenti.
Una triangolazione programmatica di New Green Deal , sostegno ucraino e rinforzo del modello sociale europeo che dovrebbe fare da ” barriera” strategica anche nell’eventualità (probabile) di un reinsediamento di Trump alla Casa Bianca riallacciando strategicamente accordi con Starmer anche in questa prospettiva transatlantica per sterilizzare sia Trump-Vance che – di riflesso – Putin e Xi Jin Pin.
La “Grande Partita” è solo cominciata ma l’Europa c’è e la democrazia pure, vanno rafforzate e integrate anche senza i voti della Meloni, che certo rimane una “occasione perduta” e confidando non sia un voto “contro” il Green New Deal ma possa trovare su questo interstizi di collaborazione possibile. Vedremo le successive mosse e nei giochi sul campo per potersi riposizionare uscendo dall’isolamento nell’ interesse dell’Italia sopra la linea di galleggiamento. Una lezione di accoppiamento triangolare di stabilità, credibilità e unità che Giorgia dovrebbe provare ad imparare da Ursula e… chi verrà vivrà !
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