FIRENZE: RIFORMARE? NO, TRASFORMARE

Il cantiere dove una trave in movimento si è spezzata uccidendo cinque operai e ferendone altri tre è in Via Mariti, tra i quartieri Novoli e Rifredi, e dove circa duecento persone sono impegnate a costruire un supermercato e riqualificare tutta l’area con un piano di recupero urbano complesso e molto ambizioso per il quartiere e per la città.

Il progetto era stato annunciato dalla Giunta Nardella quasi tre anni fa: “Avanti con la realizzazione della nuova Esselunga nell’ex Panificio Militare e con la riqualificazione dell’area di via Mariti e Ponte di Mezzo.” E aggiunse l’assessore all’Urbanistica Cecilia Del Re “L’ufficio ha rilasciato tutti i permessi necessari per dare avvio ai lavori. Finalmente l’area troverà la sua nuova vocazione di servizio e apertura ai cittadini con un progetto di rinascita improntato alla sostenibilità ambientale e a misura di quartiere, dando risposte su verde, mobilità ciclabile e soluzioni di parcheggio”.

Scrive La Nazione il 30 Aprile 2021 “Esselunga ha comunicato l’avvio dei lavori a luglio. Dopo 50 anni di abbandono, l’intervento porterà alla trasformazione di un complesso chiuso e fonte di degrado in un’area aperta ai cittadini, costituita dalla struttura commerciale ma anche da un giardino e un parcheggio di superficie, entrambi di uso pubblico. L’intervento previsto nel Regolamento Urbanistico vede una riduzione della superficie da ricostruire da 10mila a 8mila metri quadrati.”

Entrando più nei dettagli il piano prevede che il complesso commerciale sia aperto alla città e che soprattutto sia fruibile per i cittadini grazie ad un sistema di spazi e funzioni che riqualificheranno l’area: 5200 mq di aree di uso pubblico con un giardino di oltre 3100 mq, un parcheggio alberato di 2100 mq ed un secondo parcheggio interrato su due livelli per i clienti della struttura commerciale per circa 500 autoveicoli.

Esselunga si è impegnata a realizzare a proprie spese un’area verde e un terzo parcheggio ad uso pubblico, per un valore di più di 4milioni di euro in opere di urbanizzazione e riqualificazione della zona, oltre ad un nuovo percorso ciclabile, una rotatoria, la riqualificazione dell’alberato di via Mariti e dell’area verde adiacente all’area del cantiere, impegnandosi inoltre a finanziare parte dei lavori di costruzione del ponte per l’attraversamento ciclo-pedonale del torrente Mugnone.

Il tutto nell’area del complesso del Panificio Militare, realizzato negli anni venti del novecento ed utilizzato per la produzione alimentare militare fino al 1936 e poi utilizzato solo come magazzino e rimessa, fino alla dismissione definitiva negli anni ’70.

In attesa di capire cosa è successo e cosa c’è di vero dietro le prime indiscrezioni che parlano di lavoro nero e di caporalato, di strutture mal calcolate e/o costruite, di scarso controllo della direzione dei lavori e degli enti preposti, i cinque morti di Firenze si sommano alle altre 136 morti bianche da inizio anno ad oggi, una strage di innocenti che sembra non arrestarsi mai, complice un sistema che penalizza il lavoro, sempre più ridotto a costo basso e fisso, da neutralizzare attraverso le fitte catene di subappalti e esternalizzazioni.

Nelle città italiane i piani di rigenerazione delle aree in cui sorgono edifici dismessi sia pubblici sia privati ruotano sempre più spesso sul coinvolgimento della grande distribuzione o di imprese che costruiscono edilizia residenziale. Non sembra esserci alternativa: il bene comune viene sostenuto da oneri di urbanizzazione che variano secondo l’abilità delle amministrazioni nelle trattative con gli investitori privati. Del resto le risorse di cui il pubblico dispone sono sempre più scarse. In sintesi dunque, senza Esselunga non ci sono il parco, il ponte pedonale, il parcheggio o la riqualificazione dell’area degradata dalla presenza di un edificio abbandonato.

La stessa cosa capita in tutto il paese, a prescindere dalla latitudine. Forse è arrivato il momento di pensare a modelli nuovi di rigenerazione urbana oltre all’ipermercato e alla palazzina ad uso abitativo.

La tragedia di Firenze deve tuttavia far riflettere sugli strumenti urbanistici con i quali i comuni gestiscono la riqualificazione delle aree dismesse o abbandonate che sempre più spesso vengono occupate o adibite a discariche. I Piani regolatori, le norme sugli oneri di urbanizzazione, gli interventi dei diversi enti che hanno voce in capitolo rendono la pianificazione urbanistica di parti di città importanti per dimensioni e localizzazioni oggetto di trattative a tutti i livelli caricando il comune di responsabilità che ormai sono inadatti a gestire.

Siamo sicuri che oggi sia ancora valido il ruolo dei comuni sulla riqualificazioni di territori sempre più ampi e sempre più degradati? Non sarebbe più utile un piano nazionale delle periferie in cui lo Stato si ritaglia il ruolo di controllore e di finanziatore delle parti pubbliche concordando con i privati cosa e come possono intervenire?

Certo è che lo Stato italiano non va riformato modificando articoli di legge o procedure quanto piuttosto va trasformato da residuo bellico in uno Stato moderno, dinamico, adatto a gestire i tempi di oggi guardando al domani con coraggio senza dover vendere i gioielli di famiglia per far quadrare (?) i conti e invece stabilire con gli investitori privati non patti do ut des bensì ruoli chiari in cui gli interessi abbiano pari dignità ed in cui l’etica e il bene comune prendano il sopravento.

Facile? No, difficile ma necessario.


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