LA RELAZIONE TRA SOLIDITÀ E LIQUIDITÀ

Una contrapposizione assai interessante tra scenari socio-culturali diversi è quella tra il nostro tempo e l’epoca medievale. Si tratta in verità di una contrapposizione assai approssimativa (impossibile da realizzare nello spazio ristrettissimo di un articolo divulgativo), nella misura in cui sia l’età contemporanea sia soprattutto il medioevo sono periodi assai complessi da definire e assai ricchi di variabili (religiose, politiche, sociali e culturali) che andrebbero singolarmente analizzate. Si tratta, quindi, di una comparazione che gioca su alcuni punti cardine delle due età che sembrano esserne gli aspetti caratteristici.

Si potrebbe iniziare dalla religione che – giustamente – in prima facie sembrerebbe essere l’aspetto distintivo dell’epoca medievale e la grande assente del nostro tempo. Difatti, come Galimberti ha più volte sottolineato – fra gli altri – se dal medioevo si togliesse la religione, esso diventerebbe per noi totalmente incomprensibile, mentre se la si togliesse dalla società del nostro tempo essa continuerebbe ad essere pienamente intelligibile.
Ciò vuol dire, in altri termini, che la religione è non soltanto un elemento centrale dell’epoca medievale ma si costituisce evidentemente come il cardine di quel lungo periodo millenario che si è costruito, pur nell’estrema eterogeneità delle culture, dei popoli e delle micro-transizioni temporali che lo hanno interessato e attraversato, intorno la centralità della Bibbia.

Questa centralità assoluta, che è venuta meno soltanto nell’età moderna, ha polarizzato ogni aspetto della società medievale e lo ha fatto nella forma di una relazione particolare, quella cioè dell’uomo con Dio. Si potrebbe quindi dire, con una certa sicurezza peraltro, che la nota distintiva della cultura medievale, pur nella sua estrema eterogeneità, è data proprio dalla solidità di una relazione, trascendente e fondamentale.

La potenza di questa relazione, inoltre, era tale che pur essendo costruita nella dimensione ontologica dell’invisibilità (la relazione con Dio, infatti, non ha il carattere sensibile e tangibile delle usuali relazioni umane) e pur essendo alimentata da un tipo di dialogo muto (Dio, infatti, lo si incontra nella preghiera e nei segni che Egli invia e diffonde nella trama della vita umana) aveva effetti estremamente pervasivi e, nel senso migliore del termine, completamente totalizzanti. Giusta o sbagliata che fosse, la vita dell’uomo medievale non si allontanava mai da queste coordinate metafisiche che fungevano quindi da ispirazione per l’arte e la letteratura, da criterio etico e garanzia morale per i rapporti umani, politici e sociali, da fondamento ultimativo per ogni tipo di conoscenza e da cardine assoluto per la fede nella vita eterna (cosicché ogni questione esistenziale trovava risposta definitiva in una visione radicalmente e profondamente cristiana della vita).

In ciò trova conferma la tesi di Gilson secondo cui il cristianesimo, oltre che una religione, si è storicamente configurato e consolidato difatti anche come una cultura, nel senso che in esso – l’uomo medievale, ma in generale ogni cristiano di ogni tempo – ha avuto, e continua ad avere, una filosofia della storia, una filosofia dell’uomo, un’escatologia, un’etica e una metafisica.

La riconduzione a Dio di ogni aspetto della vita umana ha fatto sì che il medioevo, ben oltre i suoi limiti e le sue ignoranze (sebbene ogni epoca, in fondo ha avuto limiti e ignoranze) si sia configurata come emblema assoluto di un tipo di società assai solida, laddove con tale aggettivo, apparentemente bizzarro, intendo far riferimento per contrapposizione ad un assetto sociale e culturale che ha posseduto delle caratteristiche radicalmente contrarie a quelle liquide del nostro tempo. Difatti, se volessimo rintracciare la nota caratteristica della società contemporanea – giustamente definita liquida – potremmo paradossalmente rintracciarla in un’assenza totale di una nota caratteristica. Non si tratta di un gioco di parole, quanto piuttosto di una reale drammatica assenza di un’identità del nostro tempo o, se si vuole, nella consapevolezza che l’identità del nostro tempo sia proprio l’assenza di una identità.

L’essenza della liquidità, infatti, consiste proprio nell’impossibilità di ricondurre ad un unico principio (o ad un gruppo ristretto di principi) i vari aspetti della vita umana che, così drammaticamente sconnessa, rischia realmente di perdere la possibilità di realizzarsi in forme sensate, consapevoli e stabili. È vero che qualcuno, forse a ragione, potrebbe ritenere che l’unicità del principio assoluto – Dio, nel caso del medioevo – possa in qualche modo configurarsi come una sorta di limitazione della libertà di pensiero, quasi come una sorta di soffocamento delle infinite possibilità della ragione umana.

Tuttavia, è altrettanto vero però che l’eterogeneità confusa del nostro tempo potrebbe, parimenti, determinare invece uno smarrimento assoluto della ragione realizzando le parole che Seneca, citando Epicuro, rivolse a Lucilio: chi è dappertutto non è da nessuna parte. Se tuttavia volessimo essere ancora più precisi potremmo dire che veramente al nostro tempo manca un principio unico al quale ricondurre tutto e sul quale edificare una vita ricca di senso, ma che a bene vedere ad esso manca la possibilità di instaurare con tale principio una relazione esistenziale significativa.

Ciò che accade nelle relazioni umane del nostro tempo (anch’esse liquide e prive di stabilità) è in fondo immagine riflessa di un’assenza totale di una relazione verticale con Dio – o comunque con un concetto cardine regolativo al quale ricondurre, come al suo fondamento, l’esistenza del tutto che ci circonda.

Questa grande assenza lascia lo spazio libero all’affollamento ossessivo e sconclusionato di teorie, ipotesi, idee, comportamenti e concezioni che di volta in volta si rinnovano, senza consolidarsi mai, prive di reali e convincenti argomentazioni a sostegno, e quindi sempre accettate e sempre rifiutate sulla base di sentimentalismi e sensazioni del momento. Noi, quindi, dovremmo guardarci bene dal considerare, sulla scorta dell’ignoranza illuministica, buia l’età medioevale, e dovremmo forse re imparare ad apprezzare l’alto valore della relazione, sia essa considerata nelle forme orizzontali umane e nella forma verticale con il principio primo del quale oggi si sono perse le tracce.


SEGNALIAMO

  • UNO SGUARDO SULL’UNIVERSO INVISIBILE

    UNO SGUARDO SULL’UNIVERSO INVISIBILE

    Non può esistere “anche” una Guida Invisibile della Storia che crea impreviste e imprevedibili circostanze-coincidenze tali da far riscrivere in meglio il cammino della Storia stessa,


  • TROPPE, TROPPE “RIVELAZIONI”

    TROPPE, TROPPE “RIVELAZIONI”

    Vi è stato, nel corso degli ultimi anni, un enorme aumento delle cosiddette rivelazioni, e sin qui andrebbe anche bene. Di norma esse si applicano a scandali, personaggi e fatti storici o contemporanei che paiono in grado di attirare la attenzione del pubblico.Il guaio è che al diffondersi delle “rivelazioni” non corrisponde assolutamente una crescita…


  • SE PENSO A MARX

    SE PENSO A MARX

    In questo periodo della storia, così denso di trasformazioni profonde, spesso ci si richiama, giustamente, alla similitudine del passaggio dalla società agricola a quella industriale e si ricercano radici di un pensiero e di analisi che caratterizzarono quel passaggio storico. Penso in particolare a quell’immenso pensatore che fu Marx e all’intero dibattito che caratterizzò sia…


  • PREFAZIONE DEL LIBRO “CONTROVENTO”

    La maggioranza delle persone si sta «abituando a rinunciare alle libertà fondamerntali, come se stare senza libertà fosse vivere».


  • PERCHÉ IL REGIME SIRIANO È “FUORI DALLA STORIA”

    PERCHÉ IL REGIME SIRIANO È “FUORI DALLA STORIA”

    INTERVISTA DI CARMEN LA SORELLA alla giornalista dissidente Wafa Ali Mustafa, vincitrice del premio Ipazia International Incontro Wafa Ali Mustafa,attivista, dissidente, giornalista siriana fuggita a Berlino, a Genova, dove ha ricevuto il Premio Ipazia International per il suo impegno a favore dei diritti umani, volto a costruire processi di pace a cominciare dal suo paese,…


  • MUSSOLINI E I GERARCHI: ALLEANZE E CONTRASTI

    MUSSOLINI E I GERARCHI: ALLEANZE E CONTRASTI

    DI MARIO PACELLI 9 novembre 1921: a Roma, i Fasci di combattimento, fondati due anni prima a Milano, tengono al teatro Augusteo il congresso nazionale che terminerà con la costituzione del partito nazionale fascista. Mussolini ha un unico concorrente alla direzione del partito: è Gabriele D’Annunzio, a cui fa riferimento l’ala nazionalista e che ha…


  • Moldavia in cerca di un’ancora di salvezza, di Giulio Ferlazzo Ciano

    Moldavia in cerca di un’ancora di salvezza, di Giulio Ferlazzo Ciano

    Storica regione romena contesa tra sfere d’influenza, posta sull’istmo d’Europa e sulla faglia dove si incontrano (e scontrano) cultura latina e slava Giulio Ferlazzo Ciano Dottore di ricerca in Storia contemporanea “Storica regione romena contesa tra sfere d’influenza, posta sull’istmo d’Europa e sulla faglia dove si incontrano (e scontrano) cultura latina e slava” come recita…


  • MASSIMO D’AZEGLIO

    “Gli anni scorsi mi vedevo invecchiare con tristezza e dicevo: Dio mio volete proprio che esca di questa vita senza esaudirmi, senza mandarmi un raggio che m’illumini? […] Ora Dio m’appare come un padre, un benefattore, lo amo, lo benedico, sento una fiducia consolata pensando al futuro. […] Non m’importa più d’invecchiare, ora te l’assicuro…


  • Marco Severini. Le fratture della memoria

    Marco Severini. Le fratture della memoria

    Una minuziosa ricostruzione del cammino delle donne, in Italia, per il riconoscimento dei loro diritti, politici e sociali, dalla metà del Diciannovesimo secolo a oggi


  • LE REPUBBLICHE PARTIGIANE

    LE REPUBBLICHE PARTIGIANE

    Il racconto di Stefania Conti sulle Repubbliche Partigiane