O – OPPURE

Di teatro ne vedo tanto perché mi piace assistere a rappresentazioni che, inquadrando la vita da tante angolazioni, mi consentono di spaziare con la fantasia ed ampliare così le mie conoscenze.
Come dicevo, ne ho viste tante di performance di ogni tipo, ma perdonatemi il dissentire, non ho mai assistito ad una esibizione così noiosa, monotona come quella riferita a Tomorrow’s Parties definita tra l’altro uno dei lavori più celebri della compagnia Forced Entertainment.

L’argomento trattato riguarda le infinite possibilità di speranze e paure della nostra epoca e cerca delle risposte alla domanda: Cosa accadrà domani? Indubbiamente ognuno può dire la sua in merito, attivando i gangli cerebrali per ottenere risposte che più o meno possono aoddisfare il bisogno di ognuno, secondo la propria visione, o meglio la necessità di verità che ci rassicurino circa l’avvenire dei nostri posteri. Il teatro può e deve fare il suo mestiere, mettendo però lo spettatore nella condizione di recepire al meglio il messaggio che di volta in volta esso trasmette.

Di certo questo messaggio, tra l’altro cervellotico fatto di pause e apnee da parte dei due attori (con una memoria straordinaria) non solo non ha centrato l’argomento, ma ha confuso ancora più le idee. Una coppia di attori, inserita in una scenografia scarna fatta esclusivamente da un festone di lampadine colorate, per 65 minuti circa hanno elencato tante profezie, più o meno possibili, realistiche o no, ed io, pur attivando le mie capacità intellettive e la mia attenzione, non sono riuscita a un certo punto a seguire più gli infiniti “o – oppure” che mi hanno distratta e deviato il mio pensiero per tutto il tempo.

Il teatro, dal greco Tréathon, ovvero luogo di spettacolo pubblico e dal verbo Theàomai, osservo, guardo è il risultato di un insieme di differenti componenti che si uniscono per realizzare eventi spettacolari dal vivo, e quindi un luogo dove tutti i 5 sensi vengono allertati. Anche l’olfatto spesso risente dell’odore emanato dalle tavole del teatro, quando esse sono letteralmente palcoscenico vivo per tanti attori artefici di memorabili opere scritte con la mente ed eseguite con il cuore.

Un esempio? “Una certa Wanda Osiris prima di entrare in scena si assicurava che il teatro fosse inebriato del suo profumo, che la rendeva assolutamente unica e ne preannunciava l’entrata in scena”. I tempi sono cambiati, non c’è in me nessuna reliquia ricordo da rimpiangere, la vita va avanti segue il suo corso ed è giusto che sia così, come del resto si pretende anche dal teatro specchio della vita che è tale se è a passo con l’esperienza temporale. Non conosco bene la compagnia in questione, ma ho cercato di capire cosa volesse realizzare con quella opera!

Quando ho scelto di assistere a questa rappresentazione, l’ho fatto perché si sottolineava che essa si sarebbe svolta in lingua italiana, la cosa mi ha oltremodo incuriosita e mi sono detta che, per tradurla addirittura nella nostra lingua, evidentemente sarebbe stata interessante, da non perdere, e tutta da capire.

Del resto, all’atto pratico, poiché essa essendo priva di qualsiasi movimento o cambiamento tonale o attoriale, giustamente doveva essere tradotta, perché altrimenti, per coloro che non conoscono a fondo la lingua inglese, non restava altro da fare che alzarsi e sgomberare la sala. Io non voglio assolutamente infierire, né giudicare in modo troppo severo il tutto, ma credo che forse ci si poteva offrire, cercando in tutta Europa, qualche rappresentazione più viva e interessante.
Certe scelte a volte sono fatte a discapito di altre compagnie altrettanto valide, non sempre la novità è il nuovo e questo stenta ancora a venire. Lo spettacolo è datato 2011, quindi anche dal punto di vista temporale, visto la rapidità con cui cambiano le cose, esso risulta, con le sue profezie un po’ anacronistico; infatti, nell’esposizione c’è solo un accenno a quello che, visto gli ultimi sviluppi dell’intelligenza artificiale e quindi dei robot, stanno per sostituire l’uomo sapiens.

Si può immaginare una nuova era che oserei definire robotica. La mia può risultare forse un’idea troppo fantasiosa? Ma dopo aver assistito a questo spettacolo, posso anche azzardare la mia ipotesi. Perché no? Così facendo potremmo dare senso all’ensemble ed entrare in sintonia con la compagnia, considerata universalmente una delle più originali e autorevoli realtà della drammaturgia britannica contemporanea (almeno così afferma la brochure).

Mi piace concludere con una frase del più grande drammaturgo della storia del teatro, attualissimo, non ancora superato e cioè il grande Bardo, il quale sosteneva che <Finché possiamo dire: “Questo è il peggio”, vuol dire che il peggio ancora può venire>.


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