LA REGIA STRADA NAPOLEONICA, parte seconda

IN DILIGENZA DAL PASSO SEMPIONE ALLA POSTA DI BAVENO

Con il postiglione esposto alle intemperie seduto davanti al tetto decapottabile, con i viaggiatori all’interno riparati dalla capote,al suono della trombetta, dal passo del Sempione o da Domodossola partiva la diligenza con destinazione finale Milano.

Il viaggio era molto faticoso. Se le diligenze più grandi e costose, trainate da quattro cavalli, erano dotate di sedili imbottiti e di sospensioni per ridurre gli scossoni dovuti a buche e sassi, le diligenze postali, che ospitavano anche passeggeri, fornivano un servizio senza troppe pretese: erano scomode e molto lente, dotate di pesanti tendine di stoffa o di pelle che le trasformavano in soffocanti prigioni nei mesi estivi, mentre non difendevano dal freddo e dalle intemperie durante l’inverno.

La durata del viaggio era determinata dalle condizioni atmosferiche perché la neve, il vento, la pioggia e il conseguente stato del terreno rallentavano indubbiamente la corsa.

Le strade fino alla metà dell’Ottocento erano poche e maltenute, completamente buie di notte. La diligenza quindi partiva generalmente alle prime luci del giorno per evitare le ore serali e notturne, come ricorda lo scrittore francese Stendhal:

Il vetturino parte alle cinque del mattino, si ferma da mezzogiorno alle tre e fa di tutto per arrivare al tramonto, che chiamano l’Ave Maria, o a mezzanotte i ladri si danno da fare. (Stendhal, Viaggio Italiano 1828, De Agostini, No, 1961, p. 10)

La diligenza, attraversando ampie distese di prati e fiancheggiando piccoli nuclei di baite addossate alle pareti della montagna, raggiungeva l’antico borgo di Vogogna dai tetti di beola, sovrastato dal castello visconteo; quello di Ornavasso con il suo storico santuario del Boden avvinghiato alla montagna; quello di Gravellona, crocevia tra l’Ossola, il Cusio e il Verbano.

Con un viaggio di circa sessanta chilometri i viaggiatori raggiungevano la costa del lago a tre chilometri da Baveno. Qui venivano sorpresi da uno scenario di inimmaginabile bellezza: uno specchio d’acqua luminoso di infiniti riflessi, racchiuso in una cornice di montagne e colline che degradano visivamente inseguendo l’orizzone e da cui emergono come un prodigio della natura le tre isole Borromeo.

Baveno è distante solo qualche centinaio di metri dall’isola Bella, che era ed è tuttora la principale attrazione del lago Maggiore.

Ciò spiega la presenza di scrittori d’oltralpe in questo borgo già nel Settecento: Montesquieu, Charles De Brosses, l’inglese Edward Gibbon, che intraprendevano il Grand Tour per imparare e per crescere mediante la conoscenza diretta di territori, popolazioni, usi e costumi, opere d’arte….

Nell’Ottocento, con il Romanticismo, affievolitosi il carattere educativo del Grand Tour, arrivarono sul lago Maggiore e a Baveno altri viaggiatori d’oltralpe animati da impulsi nuovi come l’avventura, l’amore per la natura e la vita libera: Alexandre Dumas, Lord Byron, Stendhal, William e Doroty Wordsworth,Théodophile Goutier, Johon Ruskin…

La sorpresa di un paesaggio inatteso alle prime luci del giorno ricompensava dei disagi del viaggio come scrive nel 1850 Théodophile Goutier nel suo diario:

Pur non essendo, quello che ci trovavamo davanti, il quadro da noi immaginato, era nondimeno bellissimo; le montagne rese meno intense dalle nuvole, che si sfrangiavano in pioggia, le pianure verdi cosparse di ville, la strada fiancheggiata da case ornate da rami di vite, sorretta da paletti di granito, i giardini recintati da lastre di pietra riposte in piedi, formavano, malgrado il temporale, che si stava trasformando in acquazzone, un insieme aggraziato e sontuoso.

Il lago ondulava molto fortemente e si dava arie di burrasca come il mare. Il tempo pareva lentamente rasserenarsi, malgrado gli oscuri nuvoloni ammassati sopra le alture che circondano il lago, cosicché il lago Maggiore che avevamo immaginato come una coppa d’oro riempita d’azzurro, aveva un aspetto tempestoso e avverso. Trovavamo la bellezza dove ci aspettavamo la grazia. (Théodophile Gautier, Il viaggio italiano di Théophile Gautier, in Studi Francesi, N° on line 196, 2022, pp. 46-57)

Nell’ultimo breve tratto di strada prima di raggiungere Baveno, la diligenza proseguiva rasentando le pendici della montagna, lacerata dalle mine che staccavano dai suoi fianchi massi di pregiato granito rosa. Qui si susseguivano gli opifici – oggi ruderi di capanni di pietra al fianco di moderni laboratori industriali e artistici – con gli scalpellini all’opera per dare forma ai grandi massi di granito che, caricati sui barconi, prendevano il via, a nord verso la Svizzera navigando sul lago; a Sud Est verso il fiume Ticino, il Naviglio che attraversava Milano, quindi il Po e infine Venezia.

La diligenza guadagnava la meta, la posta di Baveno, attraversando il ponte di legno sopra il torrente Selvaspessa che dal Mottarone defluisce vivace verso il lago. Poco più avanti apparivano le casette degli scalpellini, dei pescatori, dei barcaioli, degli artigiani che tra vicoli angusti, piccole corti, qualche portico, fontanelle e madonnine slavate dipinte in piccole nicchie, formavano i due rioni del borgo: “Baitòn” alle spalle del municipio; “Domo”, addossato alla chiesa romanica dei santi Gervaso e Protaso. Nei prati che si estendevano arrampicandosi sulla montagna e lungo la riva del lago tra la chiesa e l’estrema punta del golfo in cui è inserito Baveno, Napoleone aveva allocato l’accampamento del suo esercito durante la costruzione della regia strada e lo aveva reso ombroso piantumando alberi oggi, dopo duecento anni, giganteschi.

Di fronte alla strada del Sempione, lungo la riva, stavano in secca le tipiche barche panciute dei pescatori ricoperte da grandi teloni blu sostenuti da tondeggianti archi di legno.

La “posta” era punto centrale e cuore pulsante di questo piccolo borgo, non ancora consapevole del suo inarrestabile destino turistico legato all’impresa napoleonica.

Con il termine “posta” si indicavano le stazioni, distanti circa 13 Km una dall’altra, dove i cavalli venivano sostituiti con altri, freschi e riposati. A tutto ciò provvedeva il “mastro di posta” che secondo un preciso regolamento doveva seguire il buon funzionamento del servizio. I prezzi della posta erano bassi in alcuni degli stati in cui era divisa l’Italia; esorbitanti nel Lombardo-Veneto e in Piemonte.

Stendhal, che conosceva tutto dell’Italia, fornisce una serie di indicazioni e suggerimenti pratici al cugino Romain Colomb, che nel 1828 sta organizzando il suo primo viaggio nel bel paese, fra cui il prezzo della corsa in diligenza da Baveno a Domodossola:

Si pagano 5 o 6 franchi per essere condotti a Domo, meno se si trova un vetturino di ritorno. Tre volte la settimana c’è la diligenza tra Baveno e Domo. (Stendhal-Viaggio Italiano 1828, De Agostini, No, 1961, p.27)

La posta ospitava viaggiatori, postiglioni, vetturini che usufruivano della locanda e delle camere per il pernottamento. Qui ci si riscaldava al fuoco, si poteva sorseggiare qualcosa di caldo scambiando opinioni sul viaggio, dormire nelle camere, sciacquarsi con l’acqua fredda d’estate e gelida d’inverno.

Negli anni Ottanta del secolo scorso la posta di Baveno, con la struttura originaria a ringhiera su due piani, era un edificio fatiscente e degradato, utilizzato come casa popolare. Successivamente è stato ristrutturato, mantenendo essenzialmente la sua struttura a U rovesciata, la stessa corte di accesso in cui un tempo sostavano le diligenze o le carrozze e dove scendevano gli ospiti della locanda che dormivano nelle stanze allineate del secondo piano. Oggi è sede della Banca Intesa Sanpaolo.

La Posta di Baveno

Presso il Museo del Paesaggio di Pallanza è conservata un’acquatinta del 1830 circa raffigurante la posta e un’iscrizione pubblicitaria in lingua francese:

Route de Simplon

HOTEL DE LA POSTE

BAVENO

MM les Vojageurs qui arriveront le soir a Baveno pourront le matin suivant visiter les Iles Borromées et a 9 ½ aller à bord du Bateau à vapeur jusqu’à Sesto ou ils troveront la diligence qui attend les passagers du Bateau pour les transporter à Milan pour les 6 ½ heures et demie du soir. Le dit Bateau repasse à 3 heures pomeridiennes pour s’arreter tous les soirs à Magadino exepte le Dimance qu’il répose.

La diligence passe à Baveno pour le Simplon le Mardi, Jeudi et Dimanche à 9 heures du soir et MM les Voyageurs peuvent y prendre des places….1)

Oltre a Stendhal, alla posta di Baveno soggiornarono moltissimi ospiti illustri, alcuni dei quali lasciarono la propria testimonianza nei loro diari come Alexandre Dumas, Doroty e William Wordsworth, Johon Ruskin.

La nobile Margherita Trotti Bentivoglio, moglie del ministro del regno sabaudo Giacinto Provana di Collegno, che trascorse periodi di vacanza a Baveno, nel suo diario quotidiano racconta di continui arrivi e partenze di personaggi illustri:

3 Settembre ’53 …Vengo a sapere che all’albergo di Baveno c’è M. Layard, lo scopritore di Ninive.

8 settembre ’53 …Intanto all’albergo è giunta Miss Emma Webston..

(A. Malvezzi, a cura di, Diario politico di Margherita Provana di Collegno 1852-1856, Hoepli, 1926, p. 121)

Alexandre Dumas, l’autore de I tre moschettieri, in occasione del suo primo viaggio in Italia nel 1833, soggiorna una settimana alla posta di Baveno. Nei suoi appunti di viaggio, Impressions de voyage, la definisce un grazioso albergo di granito rosa, tutto circondato d’aranci e d’oleandri; ma, con la sua nota piccata ironia, aggiunge: di fuori era un palazzo magico, di dentro era già un palazzo italiano, alludendo alla pessima fama delle locande italiane all’estero:

è un’abitazione ancor tollerabile d’estate; ma d’inverno, attesoché veruna precauzione fu presa contro il freddo, è qualcosa di cui non potete farvi idea veruna. Si arriva gelati, si scende di carrozza, si domanda una camera: il padrone di casa, con tutto suo agio, fa segno al cameriere di condurvi. Voi lo seguite, fiducioso di trovare un ricovero: errore! Voi entrate in un enorme solaio dalle bianche pareti, il cui solo aspetto vi fa venire i brividi. (…) Vi rivolgete verso il letto, vedete che lo coprono con una specie di sciallo di cotone ed un coltroncino di traliccio bianco: allora vi battono i denti. Cercate da ogni parte il camino: l’architetto se n’è scordato; bisogna fare come si può. In Italia ignorasi cos’è il fuoco; d’estate si scaldano al sole. (…) vi affrettate a chiudere le finestre. Compiuta l’operazione vi accorgete che i vetri sono rotti: ne turate uno con il fazzoletto arrotolato a tamburo, murate l’altro con una salvietta stesa a foggia di velo. Vi credete alfine garantito abbastanza dal freddo; allora volete chiuder l’uscio… manca la serratura… (Dumas, Impressions de voyage: en Suisse a cura di P. Antoine, Open edition, électronique, 2017)

Nelle stesse pagine Dumas descrive il tinello della posta di Baveno:

come quasi tutte le sale da pranzo d’Italia, questo era dipinto in ocra gialla, con alcuni arabeschi rappresentanti uccelli e cavallette.

In un passaggio successivo, dopo aver notato un ritratto del proprietario in divisa di ufficiale della Guardia Nazionale Piemontese di artiglieria, e dopo aver assaggiato il cibo, pessimo, annota:

chiaro appariva che il tenente occupavasi assai più della sua compagnia, che l’oste dei suoi guatteri. Tale scoperta m’afflisse, tanto più che ero deciso di restare otto giorni a Baveno.

Nonostante le dure critiche, Dumas lascia emergere la sua vocazione romantica, restando incantato di fronte al paesaggio notturno del lago che può ammirare dalla locanda che lo ospita:

In quella piccola locanda, davanti al più bel paese del mondo, nel mezzo di un’atmosfera profumata, sotto un cielo di lapislazzuli, io scrissi i tre peggiori articoli che mai mandai alla “Revue des deux monds”. Per un felice lavoro si ha bisogno di quattro muri e niente orizzonte: più grande è il paesaggio, più piccolo è l’uomo.

Lo scrittore e critico d’arte inglese Johon Ruskin ha lasciato testimonianza della sua presenza alla posta di Baveno tra il 19 e il 31 agosto 1845 attraverso la sua corrispondenza. Infatti da Baveno inviò dieci lettere al padre al quale destinava descrizioni e raffigurazioni pittoriche di ogni luogo incontrato. Così descriveva il panorama che aveva di fronte:

sono rimasto più impressionato che mai alla divina ricchezza e imponenza del paesaggio sopra Baveno. Sarebbe meglio che la gente facesse come abbiamo fatto noi l’anno scorso: vedere le isole Borromeo e tornare indietro. Non c’è niente al sud che sia così italiano, niente così adorabile. Dopo gli uliveti contorti di Firenze, i grandi boschi di castagni di Baveno fanno un grande effetto… (J. Ruskin, Study of Mountains from Baveno Ruskin’s diary for July; Ruskin in Italy. Letters to his parents, Oxford, lettera n° 94, 21 agosto 1845).

E ancora:

Non vi è posto come questo – assolutamente – è delizioso al di là di ogni immaginazione(J. Ruskin, op. cit., lettera n° 95, 22 agosto 1845)

Le camere degli ospiti della posta guardavano tutte verso il lago, verso est dove sorge il sole… Possiamo immaginare, al loro risveglio, affacciate alle finestre contornate d’aranci e d’oleandri, Miss Emma Webston e la nobile Margherita Trotti Bentivoglio Collegno, incantate di fronte allo scenario del lago, con le barche lente dei pescatori e le loro scie bianche, un battello a vapore che scivola dove le acque sono più profonde, cigni e paperette che sfilano nella pace più assoluta. Nobildonne con cappellini annodati da nastri cangianti e con un ombrellino di trine si avviano verso le barche che le condurranno all’isola Bella. Galantemente, distinti compagni di viaggio cedono loro il passo…

1) I signori viaggiatori che arriveranno la sera a Baveno potranno il mattino seguente visitare le isole Borromeo e alle 9 ½ salire a bordo del battello fino a Sesto dove troveranno la diligenza che attende i viaggiatori del battello per trasportarli a Milano per le 6 ½ di sera. Lo stesso battello ripassa alle ore 3 pomeridiane per fermarsi tutte le sere a Magadino (Canton Ticino) tranne la domenica, giorno di riposo. La diligenza passa a Baveno per il Sempione il martedì, il giovedì e la domenica alle ore 9 di sera e i signori viaggiatori possono prendervi posto.