IL RINOCERONTE
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La startup Domethics, attiva da anni nel campo della domotica, ovvero la scienza che si occupa della tecnologizzazione delle case e degli ambienti antropici in generale, sostenibile ha lanciato un nuovo prodotto: Carepet, una cuccia per cani dotata di sensori intelligenti in grado di tenere sotto controllo costantemente la salute del proprio cucciolo.
Questo strumento fornisce anche un report costantemente aggiornato attraverso un’app per smartphone e la possibilità di avvisare in tempo reale uno studio veterinario (per cui esiste peraltro un ulteriore prototipo di cuccia per monitorare i cani in degenza). L’idea è stata laminata in occasione di uno degli eventi più importanti a livello globale per l’innovazione, il CES di Las Vegas, in Nevada, cui partecipano alcune delle più promettenti menti dietro alle startup di ogni Paese, Italia inclusa. Ed è proprio dall’Italia che arriva una delle idee più inaspettate.
Che gli uomini amino profondamente i loro animali domestici non è certo una novità, nell’antica Roma, e nell’Antico Egitto i gatti erano tanto amati da essere considerati uno status symbol e meritare addirittura la mummificazione, un procedimento estremamente lungo, complesso e costoso, riservato ovviamente alla sola aristocrazia.
La “Cuccia” CARE PET è però l’apoteosi del lusso canino, uno strumento per il monitoraggio della salute che sembra superiore non solo all’attenzione dedicata alla maggior parte degli umani, ma anche alla maggior parte di coloro che vivono nel ricco Occidente.
Solo il 40% degli italiani infatti monitora lo stato della sua salute attraverso le diverse app preposte, e di questi solo la metà sono stati consigliati a riguardo dal loro medico, indice questo di un atteggiamento forse ancora troppo chiuso verso alcuni strumenti che le più recenti tecnologie ci mettono a disposizione.
Va anche detto che il monitoraggio, pur essendo importante, vale il giusto senza un’adeguata assistenza in caso di bisogno e il 78% dei medici italiani è convito che esistano una o più categorie di pazienti per i quali l’accesso alle cure non è debitamente garantito. Inoltre il 50,4% riporta casi in cui è la penuria di denaro a compromettere l’accesso alle cure necessarie, particolarmente grave per uno Stato che dovrebbe fornire assistenza sanitaria a tutti i cittadini.
Ancora, i servizi di cura a domicilio sono particolarmente carenti nel Belpaese a causa della penuria ormai cronica di infermieri, allettati da stipendi migliori all’estero. La nostra sanità resta dunque ancorata giocoforza ad uno status di “attesa”, per cui ci si occupa nell’immediato di chi si trova in difficoltà, più che di “iniziativa”, concetto che potremmo riassumere nel proverbio “meglio prevenire è meglio che curare”.
Tutto ciò peraltro a dispetto di quanto previsto dal PNRR, che avrebbe tra i primi obiettivi quello di preparare la sanità ad ulteriori eventuali epidemie future proprio attraverso la prevenzione.
A questi problemi si aggiungono poi le interminabili liste di attesa e i conti perennemente in rosso delle Regioni, cui il Covid ha dato un ulteriore duro colpo mai del tutto riassorbito.
Per non fare un torto a Domethics va comunque detto che in precedenza sono già stati implementati nel loro sistema domotico ecologico servizi dedicati alla cura della persona, in particolare degli anziani e dei soggetti fragili, ma talvolta i risultati di un’innovazione lasciata a briglia sciolta non possono che lasciarci quantomeno un po’ straniti.
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