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Quando questo articolo sarà on line si sarà da pochi giorni conclusa la settimana che ha deciso in modo inequivocabile la qualità dell’unità e della determinazione dei paesi “occidentali”, necessaria per contrastare e sconfiggere la crudele guerra di aggressione allo stato sovrano ucraino della Russia, appoggiata, direttamente o ambiguamente, da altri Stati, fra i quali la Cina.

Il Consiglio Europeo di Bruxelles, la sessione del G7 a Monaco di Baviera, il vertice NATO di Madrid hanno progressivamente affinato non più il messaggio diplomatico a Mosca, accompagnato , per l’Ucraina, dall’assistenza umanitaria, dal rifornimento di armi e dalla essenziale collaborazione informativa, ma, persino lasciando sul campo faticose rinunce a storiche posizioni di alcuni Stati- ad esempio le diverse e storiche neutralità di Svezia e Finlandia-hanno deciso unitariamente la messa in campo di enormi e costose risorse economiche e militari contro un nemico definito come tale , la Russia, e la speciale vigilanza nei confronti della ambigua Cina.

Biden ha dichiarato a Madrid il 29 giugno, secondo le diverse agenzie stampa, io cito La Presse, “Sulla Finlandia e la Svezia, come ho già detto, Putin stava cercando la finlandizzazione dell’Europa e ha ottenuto la natoizzazione dell’Europa. Ed è esattamente ciò che non voleva, ma esattamente ciò che deve essere fatto per garantire la sicurezza dell’Europa”.

 Ora, sperando che si trovi un neologismo meno cacofonico che sostituisca l’orribile natoizzazione, il concetto è lampante e per renderlo più chiaro e comprensibile Biden, secondo l’Ansa, ha esplicitato in un punto stampa con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, :”L’articolo 5 della Nato è sacrosanto e diciamo sul serio, un attacco a uno di noi è un attacco a tutti noi; gli Usa hanno già 20.000 uomini in Europa, dopo l’invasione dell’Ucraina portano il totale degli effettivi a 100.000. La nuova lista di rinforzi comprende due nuovi incrociatori in Spagna, salendo così da quattro a sei; in Polonia verrà istituito “un quartier generale permanente” del quinto corpo dell’esercito Usa nonché un “irrobustimento dell’interoperabilità Nato” in tutto il fianco orientale; “una brigata di rotazione addizionale” in Romania per un totale di 5.000 uomini; “rafforzamento” delle forze di rotazione nei Baltici; “due squadroni” aggiuntivi di F-35 nel Regno Unito; infine il “dislocamento di difese aeree aggiuntive” insieme ad “altre capacità” in Germania e Italia”.

Stoltenberg ha sottolineato quanto sia cambiato l’indirizzo operativo, descritto nel comunicato finale, nei confronti della Russia e della Cina. La Russia rappresenta “una “minaccia diretta alla sicurezza”, la Cina “sfida i nostri valori”.

Il nuovo “Concetto strategico” della Nato che il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Alleanza ha approvato a Madrid “riflette il fatto che il mondo è totalmente ora diverso rispetto al 2010, quando adottò a Lisbona il Concetto strategico che considerava la Russia un partner strategico “.  Nel 2010, ha ricordato Stoltenberg ai giornalisti “ero a Lisbona nella veste di primo ministro norvegese e a quell’incontro c’era anche Dimitri Medvedev, che allora era il presidente della Russia.
Ci mettemmo d’accordo sul fatto che la Russia era un partner strategico per la NATO. Oggi il nuovo Concetto strategico dichiara chiaramente che la Russia rappresenta una minaccia diretta alla nostra sicurezza.

 E, naturalmente il Concetto strategico incide da subito sulle altre decisioni che prendiamo; ad esempio, il rafforzamento e miglioramento della nostra difesa collettiva e della nostra posizione di deterrenza e difesa”. “Il concetto strategico – ha aggiunto Stoltenberg – riflette anche un’altra parte della realtà in altri modi. 

La Cina, che non era menzionata con una sola parola nel Concetto strategico di Lisbona, sarà menzionata invece nel nuovo Concetto che concordiamo in questo vertice. Nato: non è un avversario ma, ovviamente, quando vediamo la Cina investire pesantemente in nuove capacità militari moderne, missili a lungo raggio, armi nucleari, dobbiamo tenere conto delle conseguenze per la nostra sicurezza, e anche cercare di controllare le infrastrutture critiche, come ad esempio le reti 5G nei nostri paesi dove dovremo affrontare il cambiamento climatico e dovremo rispondere a molte altre domande che sono a ciò connesse. Quindi, il nuovo Concetto riflette il fatto che la Nato sta cambiando, che il mondo sta cambiando. È per questo – ha concluso Stoltenberg – che la Nato è l’Alleanza di maggior successo nella storia, perché siamo effettivamente in grado di adattarci, quando dobbiamo adattarci”.

Se la Russia è una minaccia “diretta” alla sicurezza della Nato il vertice “storico e trasformativo” di Madrid ha reso pubblico che le forze di risposta rapida saranno pronte entro il prossimo anno. Stoltenberg dixit (ANSA):” Prenderemo la decisione ora e poi inizieremo l’implementazione e quindi le forze saranno disponibili e pronte l’anno prossimo. Questo è il piano. Dobbiamo capire che queste forze, naturalmente, saranno pagate e organizzate dai diversi Paesi alleati della Nato; quindi, saranno generate nei loro Paesi d’origine, saranno preassegnate a territori specifici, a Paesi e territori specifici, per essere responsabili della protezione di questi territori”, ha detto il segretario Jens Stoltenberg. “Si addestreranno lì, impareranno ad operare insieme alle forze di difesa nazionale e poi pre-posizioneremo l’equipaggiamento: attrezzature pesanti, scorte di carburante e molte altre cose di cui hanno bisogno per operare in quel territorio specifico”, ha precisato. Il premier polacco Andrzej Duda ha tirato un sospiro di sollievo arrivando al summit:” La Nato è tornata. 

Il messaggio è che siamo uniti, continueremo a fornire armi pesanti all’Ucraina finche’ sarà necessario e crediamo sia necessario. Il rischio di scontro con la Russia si riduce fortemente, questo è ciò che abbiamo imparato negli anni ’80, e dunque serve investire nella difesa”. “La Polonia sostiene la politica delle porte aperte della Nato. La Russia, dopo l’aggressione all’Ucraina, è una minaccia per l’Europa e per tutta la Nato, non c’è dubbio, e i 300mila uomini delle forze d’intervento rapido la renderanno più sicura. L’ingresso di Svezia e Finlandia è importante e significativo, siamo molto felici che entrino nell’Alleanza”. Il premier olandese Mark Rutte, felice anche lui per l’ingresso di Svezia e Finlandia, si è rallegrato per la presenza di ospiti importanti: “Oggi è importante avere qui i nostri partner Australia, Nuova Zelanda, Sud Corea e Giappone e siamo molto felici che Svezia e Finlandia possono entrare; è un punto cruciale del summit”(ANSA).

Com’era prevedibile, il vertice della NATO in corso a Madrid ha fatto registrare una serie di interventi durissimi nei confronti di Mosca da parte dei leader dei paesi membri dell’Alleanza atlantica. La ministra britannica degli Esteri, Liz Trus, ha ribadito che la comunità internazionale: “deve essere unita per assicurare la vittoria all’Ucraina” e che l’invasione della Russia rappresenta “la più grande minaccia che il mondo libero ha dovuto affrontare negli ultimi decenni”. “Dobbiamo essere uniti per garantire la vittoria all’Ucraina, scoraggiare paesi aggressivi come la Cina ed espandere l’influenza della NATO”. Intanto, per passare ai fatti, in una nota il ministro della Difesa norvegese Bjørn Arild Gram, ha informato che “in accordo col Governo britannico, il suo paese si accinge a donare tre sistemi lanciarazzi multipli all’Ucraina. 

Una decisione che fa seguito a quelle analoghe di Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania. Kiev richiede questo tipo di armi, (“MLRS” o “GMRL”), che combinano precisione a lungo raggio, per arginare l’invasione russa e respingere l’artiglieria di Mosca. “Dobbiamo perseverare nel nostro sostegno all’Ucraina in modo che possa continuare la sua lotta per la libertà e l’indipendenza”, ha affermato Bjørn Arild Gram.

Né la Russia, né la Cina, per motivi diversi, avevano immaginato che gli interessi spesso differenti tra loro degli stati europei, e fra gli stati europei e gli USA, trovassero una sintesi tanto efficacemente reattiva e che ai numerosi e gravi errori dei governi occidentali in genere e di quegli statunitensi in particolare, l’Alleanza atlantica si decidesse, metaforicamente, ad intraprendere una navigazione nel Pacifico e che paesi con interessi così diversi da quelli europei , come certamente sono i bisogni di crescita, sviluppo, pace, sicurezza del Giappone e dell’Australia, del Sud Corea e della Nuova Zelanda, solo per citarne alcuni, si sentano più garantiti se l’Unione Europea e la NATO si riconoscono complementari ed essenziali.

La rinnovata aggressività della Russia, i lunghi decenni di orientamento strategico statunitense verso l’Asia, le ripercussioni della pandemia di Covid-19 sulle economie “globali”, i cambiamenti climatici, la rottura sociale provocata dalle tecnologie avanzate nel passaggio sempre più accelerato indotto dalla transizione digitale e green, sono arrivate tutte assieme e contemporaneamente allo stato critico; l’ insufficienza del multipolarismo “conteso”, messo in evidenza dal ritorno, imposto dalla Russia, della “politica di potenza”, rinnegante i principi di legalità, legittimità e convenienza ha definitivamente messo da parte un sistema che, spesso con cinismo etico, aveva, seppur faticosamente, consentito di tenere sotto controllo traballanti equilibri planetari.

Oggi l’acuirsi delle crisi socioeconomiche provocate in Occidente dall’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni essenziali, la tragedia connessa alla mancata soddisfazione di bisogni essenziali alla vita, a cominciare dall’alimentazione nei paesi meno sviluppati, a partire dall’Africa senza dimenticare vastissimi territori americano latini ed asiatici, ha reso essenziale superare l’idea che sia possibile risolvere l’attuale sconvolgimento come se fosse riconducibile ad un a fase classica degli scontri territoriali d’antan. La guerra globale che si svolge crudelmente sul terreno si combatte anche in un altro crudele campo virtuale, che per la prima volta nella storia coinvolge nel conflitto paesi assai lontani dai territori dell’infame aggressione, provocando con la recessione, l’inflazione, il blocco sul grano ed i fertilizzanti, l’uso continuo di sistemi satellitari, quindi lo spazio, morti innumerevoli e incitando a migrazioni tanto necessarie alla sopravvivenza quanto impossibili a realizzarsi.

Non si può risolvere il conflitto in atto sostenendo, anche in buona fede, che comunque la strategia di lungo periodo della Russia non può che realizzarsi per la stanchezza ed i costi cui sarà sottoposto l’Occidente, per cui Kiev , presto o tardi, deve tornare nelle braccia di Mosca assieme a tutta l’Ucraina, salvo quella parte occidentale che gravita attorno a Leopoli- e che potrebbe essere attribuita in parte alla Polonia e in parte all’Ungheria- mentre la NUOVA RUSSIA , cioè quella metà di territorio che arriva all’ansa del fiume Dpner, comprendente il Donbass e Kherson, dovrebbe essere annessa alla Russia. Quel poco che resterebbe (la Crimea è già data per acquisita) potrebbe essere uno statarello quasi autonomo, e di nessun rilievo, perché il tempo gioca a favore del Cremlino. Altro che geo politica, è questo un classico esempio di risiko.

Perché non tiene conto che proprio l’incrinatura del sistema multilaterale impedisce una riformulazione “imperialistica”, intesa come politica di potenza, di un desiderato multipolarismo; perché il coinvolgimento della stragrande maggioranza della popolazione mondiale in un conflitto in cui combatte in modo articolato la minoranza della popolazione mondiale, ma anche la parte più ricca, tecnologicamente avanzata e più armata del mondo, deve rompere il vecchio schema ricchezza-povertà, ma non accetterà la sua riduzione alla indigenza o al ricatto di un paese in calo demografico, territorialmente il più vasto del pianeta, e con un PIL che è più o meno quello della Spagna, paese giustamente benestante ma che non ha le ricchezze naturali, l’estensione e la popolazione della Russia. Il coinvolgimento dei paesi asiatici a Madrid e l’intrapresa di iniziative– in deprecabile ritardo- nei confronti dell’India e di altri paesi asiatici ed africani danno l’impressione che sia iniziato un percorso nuovo.

La risposta , questa volta immediata, di Pechino alle decisioni di Madrid – che hanno sostanzialmente risolto titubanze e difficoltà del Consiglio europeo e ribadito le indicazioni del G7 di Monaco- fa riflettere perché una sperimentata e seria diplomazia come quella cinese non risponde a situazioni gravi con retorica e frasi propagandistiche, a meno che non voglia far intendere che ha compreso il livello potenzialmente critico delle decisioni assunte dalla NATO e che, mantenendo formalmente in vita, gli accordi che oramai da venti anni ha pian piano consolidato con Mosca, userà i suoi non indifferenti strumenti, ad iniziare da quello di essere divenuto il partner in prospettiva più importante per l’acquisto di gas dalla Russia, per mediare con Putin.

In questa ottica è possibile, dopo il clamoroso fallimento della possibilità di interventi pacificatori della Chiesa ortodossa moscovita, che il lungimirante e prudente lavoro della diplomazia vaticana in Cina sia di ausilio in un momento così tragico e complesso.

In questa ottica le dichiarazioni del portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian che ha criticato la Nato per la sua “mentalità da Guerra fredda” assumono un significato non banale. In un briefing con la stampa Zhao ha parlato di affermazioni “false e provocatorie’” da parte dell’Alleanza in merito alla classificazione della CINA come “sfida sistemica”:  “La CINA persegue una politica estera di pace, non interferisce negli affari interni di altri Paesi, né tantomeno si impegna nella coercizione economica o nelle sanzioni unilaterali”; ‘Il cosiddetto nuovo concetto strategico della Nato è solo vino vecchio in una nuova bottiglia” ha detto Zhao Lijian, sottolineando che l’Alleanza atlantica non ha ancora cambiato la mentalità da Guerra fredda che crea nemici immaginari e confronto tra blocchi. Lo riportano i media cinesi.

Avvertendo la Nato di “smettere linee ideologiche e scontri politici” e di continuare a fomentare confronti, Zhao Lijian ha risposto alla Nato ed al G7 che si “dovrebbe abbandonare la mentalità’ della Guerra Fredda, dei giochi a somma zero e la pratica di creare nemici, o cercare di rovinare l’Asia e il mondo interno dopo avere rovinato l’Europa”.

La dichiarazione finale dei leader del G7, il gruppo dei Sette dei Grandi (Usa, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e Canada) riunitosi nel weekend in Baviera, ha citato 14 volte la Cina, a fronte delle 4 del 2021, anche con un linguaggio più netto sui diritti umani (“siamo seriamente preoccupati sulla situazione”) e sulle questioni connesse a Hong Kong, Xinjiang, mar Cinese orientale e meridionale, pace e stabilità nello Stretto di Taiwan. “Gli affari di Hong Kong sono esclusivamente interni: dal territorio di 25 anni fa, i diritti democratici e le libertà di cui godono i residenti in conformità con la legge sono stati garantiti”, ha risposto Zhao, osservando che Pechino governa la città “in conformità con la Costituzione della Repubblica popolare e la Legge fondamentale di Hong Kong”. I Paesi che criticano, invece, “hanno molti pessimi precedenti in materia di diritti umani, non hanno il diritto di agire come insegnanti e di usare i diritti umani come strumento politico per interferire negli affari interni di altri Paesi. Attaccano e diffamano la Cina esaltando le domande sullo Xinjiang e il Tibet, che non faranno altro che far vedere al mondo la loro natura egemonica e ipocrita”.

Zhao Lijian ha affermato che esiste una sola Cina al mondo e “Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese”. Le autorità dell’isola stanno promuovendo attività separatiste di ‘indipendenza’ e Paesi tra Usa e alleati stanno cercando alcuni di “usare Taiwan per controllare la Cina. Questa è la più grande minaccia alla pace e alla stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan. La Cina ha il diritto di adottare tutte le misure necessarie per salvaguardare risolutamente la sovranità e la sicurezza nazionale”. Zhao, che ha accusato gli Usa di ‘lanciare guerre ovunque e di imporre sanzioni unilaterali illegali”, ha concluso nel briefing quotidiano che il G7 ha “una popolazione che rappresenta solo un decimo di quella mondiale e non è qualificata per rappresentare il mondo, per non parlare di prendere i propri valori e standard come valori internazionali di riferimento”. 

La risposta occidentale è stata articolata, dimostrando di aver capito il fondo della politica cinese. Da una parte il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, aveva confermato a Schloss Elmau, in Germania, a latere del G7 che il suo Paese ospiterà il prossimo vertice del G7 a Hiroshima, dal 19 al 21 maggio 2023 nello spirito di rendere il summit “un luogo per i leader di mostrare un forte impegno (…) a non ripetere gli orrori della guerra nucleare e opporsi alle aggressioni militari”. Kishida ha affermato: “Al prossimo summit, il G7 dimostrerà di governare gli sforzi per creare un nuovo ordine basato su valori e regole universali”. Nello stesso tempo i rappresentanti giapponesi a Madrid hanno confermato l’auspicio di Fumio Kishida di poter incontrare il presidente cinese Xi Jinping per un vertice bilaterale. È noto quanto siano tese le relazioni tra le due maggiori potenze asiatiche e quindi il messaggio di Tokio, che non può non essere stato concordato con gli altri sei leader del G7, è evidentemente quello di parlare sì con franchezza alla Cina ma anche quello di invitare Pechino a cooperare nella gestione delle sfide globali”.

Nonostante le note divergenze Cino-giapponesi principalmente a causa della disputa territoriale che oppone i due Paesi nel Mar Cinese Orientale e della posizione di Tokyo a sostegno di Taiwan, appare chiara nella sua complessità, la manovra diplomatica in corso. In un periodo di confronto, ovviamente, gli Stati Uniti hanno voluto far sapere che non è sfuggito ai servizi di intelligence nordamericani un sostegno di cinque aziende cinesi nella assistenza militare all’esercito russo. Pechino non ha risposto ufficialmente ma tramite una dichiarazione dell’ambasciata cinese a Washington al giornale in lingua inglese che “rappresenta” i suoi interessi: il Global Times. La frase pubblicata è assai indicativa: “la Cina ha svolto un ruolo costruttivo nel promuovere i colloqui di pace e non ha fornito assistenza militare a nessuna parte nel conflitto. La Cina è sempre stata fermamente contraria alle sanzioni unilaterali e adotterà tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi delle sue società”.

Il primo luglio l’ANSA, stranamente poco ripresa il giorno successivo dalla stampa e dalla informazione radio televisiva, ha diffuso due comunicati molto importanti. Nel primo alle 15,13 il corrispondente da Pechino ha informato che Airbus si è aggiudicata “la più importante commessa degli ultimi tre anni” : PECHINO, 01 LUG – Airbus vince una maxi commessa del valore di oltre 37 miliardi di dollari per la vendita di quasi 300 aerei di linea a 4 compagnie aeree del Dragone- strappando una rilevante quota di mercato al la Boeing- China Eastern acquisterà 100 A320neo, Air China invece 64, con la controllata Shenzhen Airlines che ne rileverà altri 32, secondo le note delle varie società diffuse oggi. China Southern ha riferito che comprerà 96 A320neo e noleggerà altri 19 aerei da Airbus cercando spazi in un momento di tensione politica tra Usa e Cina. (ANSA).

Alle 15,57 il corrispondente da Pechino dell’ANSA ha ulteriormente specificato che secondo Air China “gli acquisti ottimizzeranno la struttura della flotta e integreranno la sua capacità a lungo termine” e che Airbus ha rilevato come “lo slancio positivo di ripresa e le prospettive promettenti per il mercato dell’aviazione cinese”.

La perdita della commessa da parte del leader del mercato mondiale dell’aeronautica è stato compensato dal via libera delle autorità cinesi alla ripresa dei voli dei suoi 737 MAX che erano stati sospesi a causa di gravi incidenti mortali. La Boeing dovrà apportare essenziali adeguamenti ai sistemi di sicurezza ma i rapporti riprendono tra il colosso aeronautico e la Cina.
In parole povere: la strada per il cessate il fuoco, altro che la conferenza per un trattato di Pace tra Russia ed Ucraina, è ancora nella sua fase impervia che non intravvede la fine del percorso, ma il messaggio dell’Occidente è stato capito, ma la Cina intende affermare anche i limiti inderogabili nei quali è disponibile la sua azione. Li ha esplicitati il 1° luglio in una “improvvisa” visita lampo di Zij Jinping ad Hong Kong. Ricevuta la quasi genuflessione del nuovo governatore del territorio ha vibratamente preteso patriottismo e lealtà agli ex sudditi dell’Impero britannico divenuti il 1° luglio 1997 cittadini cinesi: non saranno tollerate interferenze straniere o che traditori si infiltrino negli affari hongkonghesi per prendere il potere “ed il modello “un paese due sistemi”, che in base agli accordi internazionali resterà in vigore fino al 2047, sarà rispettato.

Insomma, cari occidentali, capite anche voi. Non potete importare i valori democratici, liberali e giuridici che regolano il vostro sistema in Cina, ma siamo disponibili a sedere ad un tavolo dove si trovi una soluzione urgente alla crisi provocata dalla Russia, con la quale abbiamo in vigore patti ventennali. Siamo contrari a sanzioni unilaterali e siamo pronti a lavorare su tavoli multilaterali per promuovere colloqui di pace.

Una pace auspicata ma, per chi non ha trasformato la scienza politica nel divertente gioco da tavolino chiamato Risiko, difficile sì ma assolutamente possibile da raggiungere. Magari non sparigliando la già difficile situazione, con retoriche varie e con velenose e non comprensibili scomuniche, come quelle recentemente lette attorno alla inutilità dell’ONU, foro, anacronistico per il diritto di veto ma non attualmente sostituibile, pena la certezza di innumerevoli conflitti.


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