L’UOMO VERTICALE

HASTA LUEGO HOMBRE VERTICAL!
RICORDO DI FELICE BESOSTRI

ALDO FERRARA MASSARI
Professore Universitario f.r., Circolo e Centro Studi “Emilio Caldara”, Milano, Ist. Studi Pol. “G.Galli”

Ci ha lasciato l’Hombre Vertical del Socialismo italiano ed Europeo, un Giurista, esperto di pubbliche amministrazioni, diritti umani e protezione delle lingue regionali e minoritarie. Non si peritò di mettere a rischio la sua riconferma da senatore quando decise, da solo, con una pattuglia di giuristi, di portare alla Consulta la sua protesta contro le leggi elettorali inique che ci hanno privato, e tuttora ci privano, di rappresentatività.

Ma la sua carriera nasce da molto lontano, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, nel PSI ancora nenniano, da iscritto nella Federazione Giovanile che lo vede in breve catapultato nella Segreteria Signorile. Felice non farà mai sostanziali differenze correntizie. A volte gli dicevo che esisteva nel partito una corrente besostriana e lui preso in contropiede mi chiedeva “Ah sì e quanti siamo?”. Gli rispondevo sempre “In due”! In realtà la sua politica era il dialogo con tutti, nessuno escluso, anche quando lo invitai a far parte di “Per la sinistra” che avevo contribuito a far crescere da una costola di RC, nel 2007.

Brillante avvocato amministrativista, Adjunct professor di Diritto Pubblico Comparato e di Relazioni Internazionali, è Consigliere di Zona, Sindaco di Borgo San Giovanni (1983-1988), Presidente dei Comitati Regionali di Controllo di Milano e della Regione Lombardia (1976-1987). Dopo il 1992, con una sofferta crisi politica vissuta sulla pelle interamente tatuata di socialismo, avviene quello che poi mi raccontò. “Nel 1996 nessuno voleva il Collegio di Lorenteggio, lo davano per perdente, andai io e vinsi il seggio al Senato”. Così Felice si ritrovò a Roma nella I Commissione Affari Costituzionali, insieme a Lui Cesare Salvi, capogruppo, Giangiacomo Migone. Ma cominciò a guardare in Europa da componente l’Assemblea del Consiglio d’Europa e fu Unico relatore per l’attuazione del diritto comunitario europeo. In quegli anni stringe rapporti fortissimi con il COPI di Zurigo, diretto da Andrea Ermano esponente di spicco della Federazione Socialista Italiana in Svizzera. Quando lo conobbi, mi colpì la sua lungimiranza verso l’Europa. Gli italiani, si sa, sono allergici alla politica estera ma lui capì sin dai tempi nenniani quanto fosse importante avere contatti con i socialisti europei e soprattutto da studioso, la conoscenza delle lingue e infatti un giorno mi telefonò comunicandomi che stava studiando il croato. Poi tra i nostri amici arrivarono anche i socialisti di Baron Crespo. Lungimirante verso altre realtà politiche e mai omologato, non escludeva nessuno dal dialogo, da Rinascimento Socialista, Rinnovamento socialista a Socialismo XXI insomma aveva come unico strumento il dialogo, serrato, incondizionato e aperto.

Verrà ricordato come un politico capace di incarnare etica e dottrina, strenuo difensore della libertà senza la quale non c’è giustizia. Lo dimostrò in Senato sul finire della XIII Legislatura quando fu relatore della legge 482/99 sul riconoscimento e sostegno delle minoranze linguistiche del nostro paese. Fu quello il punto più alto della sua carriera politica ed al contempo l’inizio di una lotta continua, duratura e travagliata per affermare il diritto costituzionale di rappresentanza. Che non è solo quella politica o elettorale ma quella che incarna il diritto ad una società paritaria, eguale e multiculturale. Fu attraverso quella legge che prendemmo atto e cercammo di sanare le disparità delle minoranze ladine o slovene o di quelle collocate dalla storia in Regioni a Statuto ordinario, come gli albanofoni di Calabria, i grecanici del Salento o gli occitani delle valli piemontesi. L’esempio più emblematico, da Lui citato, è la legge per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia, L. 18/1979, perché le uniche minoranze linguistiche tutelate sono la francese della Val d’Aosta, la tedesca della Provincia di Bolzano e la slovena della Regione Friuli– Venezia e le minoranze politiche sono state eliminate con l’introduzione, con la legge n. 10/2009, di una soglia di accesso del 4%, superiore a quella prevista per il Parlamento bicamerale italiano dalla legge n. 165/2017.

Così la battaglia per liberare le minoranze dai legacci si intreccia con quella per la rappresentanza mortificata da congegni elettorali iniqui e lesivi della Costituzione. Dopo aver contribuito in modo determinante alla cancellazione da parte della Consulta della legge definita Porcellum, Felice, ricorrendo con tutte le procedure possibili, ha cercato di ridarci quei diritti che la politica aveva negato. Non solo grazie a Lui, di certo, ma anche per le sue iniziative, il Comitato per il No al Referendum del 2016 raggiunse la vetta 60%. E malgrado quella vittoria, ancora oggi molti diritti, a partire dalla rappresentanza per passare alla salute, ai beni comuni vengono negati senza che si innalzi l’onda della protesta collettiva. Sicchè Felice, con pochi altri epigoni, si è ritrovato capofila a sventolare il vessillo della Charta Costituzionale ancora da applicare.

Nessuno meglio di Lui si è avvicendato nei meandri delle leggi elettorali, scontrandosi contro le segreterie dei partiti, anche quelli, a parole, contrari alla attuale legislazione. Un lavorìo politico, controcorrente e contro le correnti, che non ha giovato alla sua carriera politica ma che lo ha consacrato come Defensor unicus degli artt. 2 e 3 Cost. e non solo. Fino ad arrivare al nonsense di un Parlamento, ridotto in media del 36.50% dei suoi componenti dalla legge cost. n. 1/2020, ma, si badi bene, salvo l’eccezione al Senato della Regione Trentino–Alto Adige/Südtirol cui, in virtù dell’art. 116 Cost., e non per l’art. 131 Cost., sono stati attribuiti 3 senatori della Repubblica, a ciascuna delle due Province autonome di Trento e Bolzano, che pure non sono parti costitutive della Repubblica ai sensi dell’art. 114 Cost., ma della Regione.

La logica besostriana porta a considerare le deforme sulle leggi elettorali quasi una sorta di grimaldello per l’ultimo affondo anticostituzionale: la legge sul premierato considerata dal PdCM pro tempore la “Madre di tutte le Riforme”. Per la quale aveva previsto anche un grimaldello, l’incongruenza, quasi una contraditio in terminis tra “rappresentatività” e “governabilità”. Scrisse Felice: “Come può essere rispettato il principio di rappresentatività se chi vince, poniamo con il 25% (cioè una maggioranza relativa), prende il 55% dei seggi delle Camere lasciando al restante 75% del corpo elettorale il residuo 45% da dividere tra tutti? La “governabilità” poi è un concetto dannoso; ed infatti non c’è nella Costituzione. Come dire, dalle leggi elettorali incostituzionali al vero smantellamento dell’impianto democratico costituzionale il passo è breve. Così per noi tutti, socialisti e non, Felice in questi anni difficili è divenuto il portatore di quel vessillo, lacerato in molte battaglie ma pur sempre vivo anche se sfilacciato, sbandierato con onore e coraggio, come avvenne a Valmy quando “gli straccioni contadini” francesi sconfissero le forze prussiane e austriache.

Così non fu difficile convincerlo, si era nel 2022, a scrivere per un mio volume, 1dedicato alla modifica dei Trattati Europei, una bellissima prefazione nella quale immerse tutti i concetti più vividi sulla tutela delle minoranze. Fece anche suo, al contempo, il core del volume in base al quale la concezione di minoranza etnica, linguistica e religiosa deve essere messa coraggiosamente in archivio, per accettare il ruolo dominante delle minoranze emergenti di ogni tipo, incluse quelle derivanti dalle migrazioni di massa. Ciò che corrisponde pienamente al diritto di inclusione che non solo era nelle sue corde ma che costituiva il nerbo del suo agire politico e socialista. Capì subito e sposò dopo, il nesso sequenziale tra tutela delle Minoranze e governo di queste attraverso un più diretto coinvolgimento in sede locale. In quella prefazione, di concerto, sviluppammo il concetto più avanzato del Governo Civico e del ruolo delle Regioni nel cosidetto “Ascensore Legislativo” per il quale proponemmo una maggiore attività legislativa regionale ascendente verso Bruxelles e una modifica dei Trattati in senso federalistico e regionalistico, ispirandoci proprio alla prima versione spinelliana dell’Europa federalistica.

Scriveva infatti Felice: “La lettura dell’ultimo paragrafo del Capitolo Primo, lo Step Regionale, è uno dei più interessanti per aprire nuove prospettive di un’economia regionale interdipendente basata su uno sviluppo circolare o con un’espressione, per me nuova, alveolare.

Le realtà regionale è destinata ad incidere su scelte europee, la Brexit ha comportato problemi per il progetto di unificazione irlandese e la Scozia ha votato nel referendum in maniera totalmente differente dall’Inghilterra. Il Paese Basco e l’Irlanda del Nord fino a non molti anni fa erano prede della violenza delle armi, finalmente deposte, anche se non tutti i problemi sono stati risolti.

La proposta non è quella irrealistica di una nuova Unione Europea, che nasca dal basso come espressione di federalismo regionale, ma in un’Europa a più velocità con forme più strette di cooperazione tra gli Stati, che lo vogliono, la prima riforma da fare è quella di abolire l’unanimità che si traduce in un diritto di veto, che è la prima rinuncia per dar vita a forme differenziate di cooperazione…”

Queste parole ci consegnano la disposizione di una mente lucida e fresca verso l’innovazione politica, anche se necessario, controcorrente, lontana dall’omologazione che rende il soggetto che la applica fuori dagli schemi. In questo riquadro c’è tutto il Besostri che conosciamo e che ci ha appassionato. Negli ultimi mesi con il suo inesauribile entusiasmo, ha favorito, con entusiasta adesione, la nascita del Centro Studi Caldara per iniziativa di alcuni Amministratori della Città metropolitana, quali Giuliano Pisapia, Franco D’Alfonso e altre personalità della Cultura che si propongono l’ambizioso progetto di ridare smalto culturale, una sorta di new wave, attraverso le sue migliori risorse, non solo a Milano ma iscrivendosi in un panorama allargato ai confini nazionali ed europei.

Hombre Vertical y Socialista, dal ragionamento articolato e mai privo di teoretico rafforzamento: iniziava con la legge elettorale per affondare il coltello nella ferita profonda dei diritti negati. Si compiaceva quando lo definivo anche nel privato, “il Pilastro del Socialismo”, definizione che tutto sommato non solo non gli dispiaceva ma che evocava una tacita malcelata approvazione.

Il testimone che ci lascia ha nel suo interno molte irrisolte questioni, in specie una legge elettorale che è frutto della negazione dei diritti e di una non ancora definita “questione delle minoranze”. Come se Felice, alla maniera di Piero Calamandrei, ci avesse detto “Compagni, la Costituzione è la “Charta” più bella che abbiamo, ma non siamo riusciti a interpretarla nella sua compiutezza né tanto meno ad applicarla interamente ed è rimasta, per certi versi, un pezzo di carta”.

© Aldo Ferrara Massari, Professore Universitario f.r., Circolo e Centro Studi “Emilio Caldara”, Milano, Ist. Studi Pol. “G.Galli”

1 Ferrara A., Planetta E. Next UE, a new powertrain. Aracne Ed., 2022


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