(dedicato ai suoi maestri di studio e di vita Paolo Biscaretti di Ruffìa, Giorgio Galli, Gianni Ferrara e Fulvio Papi e al suo futuro e unico allievo Mario BB.)
Le scelte ordinamentali dei molti padri e delle poche madri costituenti, forma di stato e forma di governo non sono in pericolo solo adesso per le iniziative della destra (FdI e Lega Salvini1 con la complicità di Forza Italia, ex centro) su presidenzialismo e autonomia differenziata, ma sono state indebolite da anni di cambiamenti della Costituzione in senso materiale, derivanti da omissioni, mancate attuazioni e modifiche espresse di norme costituzionali e dall’appartenenza alla UE e alla NATO e dalle privatizzazioni senza limiti e senza una programmazione.
La forma di governo parlamentare razionalizzato e la forma di stato unitario delle autonomie sono ormai un ricordo, buono per libri di storia costituzionale, ma non per i manuali di diritto costituzionale e parlamentare vigente, il colpo di grazia è stato inferto dal combinato disposto della legge elettorale vigente (legge n. 165/2017 con le modifiche peggiorative della legge n. 51/2019 e disegno dei collegi e circoscrizioni elettorali del d.lgs. 177/2020, e taglio demenziale dei parlamentari come entità ed attuazione2 della legge costituzionale n. 1/2020, approvata dal popolo italiano col 69,96% di Sì con un numero di voti validi complessivi pari a 25.605.096 su 50.955.985 il 50,24%, di cui appena 1.057.212 dell’area estero il 23,30% degli aventi diritto: una partecipazione molto più scarsa, -14,35%, rispetto a quella di un solo giorno del referendum del 4 dicembre 2016, vinto dai No con una partecipazione del 65,47%. Originariamente previsto per il 29 marzo 2020, il referendum è stato rinviato al 20 e 21 settembre a seguito della pandemia di COVID-19 in Italia, si è svolto, quindi in violazione dell’art. 15 c. 2 della legge n. 352/19703, che prevede, che “La data del referendum è fissata in una domenica compresa tra il 50° ed il 70° giorno successivo alla emanazione del decreto di indizione.” e non in due, per forzare la partecipazione popolare referendaria in coincidenza con le elezioni regionali in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Veneto e in Valle d’Aosta come previsto dal decreto-legge n.26/2020 convertito con modificazioni, l’introduzione degli artt. 1 bis e 1ter, dalla legge 19 giugno 2020 n.59, con violazione del già menzionato art. 72 c. 4 Cost. (cfr. nota 3). Non meravigliamoci più con decreto-legge si è adottata persino una norma di legge elettorale regionale per dare attuazione ad una previsione costituzionale, l’art.122 Cost. e contestuale commissariamento della da anni inadempiente Regione Puglia nell’imminenza delle elezioni del settembre 2020 e quindi in violazione del Codice di Buon Comportamento in Materia Elettorale del Consiglio d’Europa, normativa d’interposizione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per giudicare la violazione del legislatore nazionale dell’art. 34 del Primo protocollo aggiuntivo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Lo so è un piatto pesante da digerire, ma si sta combattendo contro un mostro, la partitocrazia, che si difende come casta separata dal popolo, che a sua volta reagisce, in Italia più con rassegnazione che con rabbia. In Francia l’elevazione dell’età pensionabile da 62 a 64 anni ha scatenato un pandemonio. In Italia da 60 a 67 niente scioperi e cortei, perché è avvenuta non in un colpo solo e gli esodati un caso umano non politico-sociale.
Eppure il popolo un segnale forte lo ha dato nelle elezioni regionali in Lazio e Lombardia con il 60 per cento di astensione dal voto, in due Regioni, che da sole sono un quarto della popolazione italiana e che comprendono la capitale politica e quella economica, non più morale, del nostro Paese. Non se ne parla già più. Infatti, in Emilia-Romagna nel 2014 alla sua prima candidatura il Bonaccini fu eletto con una partecipazione minore del 40%, nel 2020 in coppia con Schlein, fu un trionfo.
Se non c’era il popolo delle primarie, che ha scelto Elly Schlein, sarebbe stato incaricato come capo del Partito maggiore della disunita opposizione, il cui principale partito autore della legge elettorale non ha saputo gestirla, e il secondo M5S 2050, già feroce oppositore del Rosatellum, si è convertito tanto da farne la legge elettorale, con i peggioramenti del Conte I giallo-verde, della prima elezione anticipata con la riduzione dei parlamentari.
Non solo, tutte le maggioranze Conte, specialmente la seconda giallo-rosacea, per tenere insieme le loro fragili e contradditorie maggioranze hanno ricattato i parlamentari con la minaccia delle elezioni anticipate e le hanno rese tecnicamente possibili attuando la delega per la individuazione dei collegi con il decreto legislativo n. 177/2020, in vigore dal 30/12/2020, invece di farla decadere 5 giorni dopo.
In che mani siamo?
Le cupole partitocratiche, che ci governano, non solo si sono rivelate incompetenti nell’affrontare e risolvere i problemi del Paese e di assegnare un ruolo di rilievo all’Italia nello scenario europeo e internazionale, ma anche nel rispettare la Costituzione nei suoi principi e valori fondamentali, omettendo di attuarli, anzi cercando di stravolgerli nel proprio interesse.
Non si salva nessuno se si guardano i fatti e non si dia importanza (che non meritano) solamente ai proclami, tanto più falsi quanto più stentorei, e slogan elettorali.
Nella competizione tra centro-sinistra e centro-destra nel manomettere la Costituzione difficile individuare il vincitore, ma facilissimo i perdenti, le cittadine e i cittadini italiani, ai quali come comunità apparterrebbe e non, come dichiara l’art. 1 c. 2 Cost., “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”: unico organismo costituzionale, rappresentato dal corpo elettorale, nell’esercizio dei procedimento elettorali e referendari, cui la stessa Corte costituzionale nega la qualifica di potere dello Stato5, per ragioni pratiche, quali l’aumento degli accessi diretti alla Corte sotto forma di ricorsi “sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;” (art. 134 c. 1 alinea II Cost.), cui non potrebbe far fronte per obiettive carenze di organico, che dipendono dalle somme previste per la giustizia costituzionale nel bilancio dello Stato, che sono invece frutto di scelte politiche soggettive, rimesse alla discrezionalità del legislatore, cioè dei parlamentari, che non rispondono, giustamente in linea di principio, ex art. 68 Cost. “delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.”, tanto più che hanno il privilegio di essere stati esentati, per scelta o per dimenticanza, dal prestare giuramento di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione, a differenza del Presidente della Presidente della Repubblica (art. 93 Cost.) e di una pletora di “cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.” (art. 54 c.2 Cost.), ed infine “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.” (art. 54 c. 1), quindi anche i parlamentari, ma senza timore di sanzioni per spergiuro, che non è un reato.
Un’altra ragione del mancato riconoscimento del corpo elettorale come potere dello Stato, mentre lo è una sua piccola frazione, come il comitato referendario promotore di un referendum è di cultura giuridica i tre poteri riconosciuti tradizionali sono quelli di Montesquieu, legislativo, esecutivo e giudiziario, mentre ignora, a differenza del costituzionalismo latino americano, ispirato da Simon Bolivar e recepito in costituzioni vigenti, il quarto potere il poder popular, dal quale tutti gli altri derivano.
Come si è innescato il processo di sviamento della Costituzione repubblicana?
La Costituzione non è entrata in vigore integralmente il 1° gennaio 1948, istituti importanti hanno dovuto attendere, per esempio alcuni anni la Corte costituzionale e poco più di un ventennio le regioni a statuto ordinario.
Il riconoscimento delle lingue minoritarie in attuazione dell’art. 6 Cost. è avvenuto soltanto con la legge n. 482/1999 e gli articoli 39 sui sindacati e 49 sui partiti politici attendono ancora una organica attuazione per rispondere ai requisiti costituzionali. Nel 1953 si è approvato con voto di fiducia in violazione dell’art. 72 c. 4 Cost. strettamente interpretato una legge elettorale, la cosiddetta legge-truffa e da sempre un uso disinvolto dei decreti-legge, in assenza dei casi straordinari di necessità ed urgenza, richiesti dall’art. 77 Cost., ma piuttosto dall’esigenza della maggioranza di attuare le sue decisioni e di dimostrare la sua compattezza in occasione della conversione in legge. Trovata la scorciatoia procedurale, è diventato naturale emettere decreti-legge eterogenei e in occasione delle leggi di conversione di aggiungere norme disparate. Fatti a mio avviso di non rispondenza al rigore costituzionale, ma le leggi elettorali sostanzialmente proporzionali imponevano la costituzione di governi di coalizione, che avevano il conforto della maggioranza del corpo elettorale.
La svolta è avvenuta con i referendum promossi dall’on. Mariotto Segni, il primo nel 19916 per la riduzione delle preferenze da tre a una alla Camera dei deputati, l’altro nel 1993 riguardava il Senato, trasformato in una Camera eletta con un sistema elettorale uninominale maggioritario, anche questo approvato con una maggioranza di sì pari al 82,74%.
Il coevo referendum sull’abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti ebbe un successo ancora maggiore con il 90,25% di voti favorevoli: questi risultati si spiegano in gran parte come insoddisfazione/disgusto del popolo per la classe politica, colpita dal terremoto giudiziario conosciuto come Tangentopoli/Mani pulite, che è stato molto selettivo nelle inchieste e nelle condanne e che ha favorito alla fine un personaggio come il cavalier Berlusconi, apparentemente estraneo alla politica, se non come beneficiario di provvedimenti normativi a favore delle sue reti, base del suo successo imprenditoriale e politico.
I risultati referendari si tradussero per un accordo politico, principalmente tra il PP, erede della DC, e neonato PDS, erede del PCI nelle leggi elettorali conosciute sotto in nome Mattarellum, felice invenzione del politologo Sartori, le leggi n. 276 e n. 277 del 1993, che nessun rapporto avevano con i quesiti referendari, ma che segnarono la svolta del sistema politico italiano basta confrontare le elezioni politiche del 1992, le ultime alla proporzionale con quelle del 1994, le prime con un sistema misto maggioritario al 75%.
Nel 1992 i primi 3 partiti, sia pure con qualche perdita di voti, erano quelli di sempre, con la DC al 29,66%, il PDS (nome assunto dal PCI in seguito al crollo del Muro di Berlino del 1989) al 16,11% e il PSI al 13,62% in totale il 59,39% e seggi 405/630, al Senato la loro somma era di poco inferiore, 57,89% e i seggi 222/321, una maggioranza, specialmente al Senato più larga di quella di Prodi nel 2006 col Porcellum.
Nel 1994, le prime in assoluto nella storia repubblicana a svolgersi a soli due anni dalla precedente, nuovi soggetti ed alleanze variabili nelle singole circoscrizioni, hanno prodotto un panorama politico totalmente differente e irriconoscibile alla luce dei soliti criteri di destra, sinistra e centro, anche combinandoli in cdx e csx e sottogruppi del tipo verdi/ambientalisti, regionalisti.
Al primo posto si colloca il Polo delle Libertà e del Buon Governo con il 42,84% e 366 seggi, al secondo l’Alleanza dei Progressisti con il34,34% e 213 seggi e buon terzo il Patto per l’Italia con 15,75% alla Camera7: una sola osservazione per la prima volta si può avere una maggioranza alla Camera e sfiorarla al Senato con un consenso inferiore al 50% del corpo elettorale. Si tratta di una distorsione assolutamente normale in un sistema misto, prevalentemente maggioritario nel rapporto 3/4 e 1/4 e nel complesso corretto, sotto il profilo del rispetto dell’art. 48 Cost., alla Camera con la consegna di due schede, una per i collegi uninominali e l’altra per la quota proporzionale, a parte la furbizia delle liste civetta, e al Senato, con una scheda unica, ma con lo scorporo dalla quota proporzionale dei voti utilizzati per proclamare senatore un candidato e bloccata quella della parte proporzionale. Nulla a che vedere col la sostituzione ad opera delle presunzioni del legislatore, prevalenti rispetto alla libertà e personalità del suo voto, assumendo come criterio la “coerenza”8 dell’espressione di un voto, comunque e costituzionalmente garantito, diretto, personale e segreto della legge elettorale vigente, con la quale si è votato nel 2018 e anticipatamente nel 2022 a Parlamento drasticamente ridotto.
La Costituzione non ha volutamente costituzionalizzato il sistema elettorale, ma significativamente la Costituzione, nell’art. 72 c. 4, ha equiparato la materia elettorale a quella costituzionale, quindi vincolata a principi, di cui fanno parte gli artt. 3, 48 e 51 Cost., come interpretati dalle sentenze nn. 1/2014, 35/2017 e, da ultimo, 48/2021.
La rappresentanza è il primo valore supremo, cui si possono accompagnare altre esigenze, quali la governabilità, ma in posizione subordinata, senza alterare la forma di governo parlamentare, scelta dai costituenti a ragion veduta in base agli avvenimenti storico-politici vigente lo Statuto albertino, che non ha impedito l’instaurazione di un regime totalitario, non semplicemente autoritario.
Il Mattarellum è la prima espressione di una volontà condivisa dalle forze politiche prevalenti, organizzati in partiti politici, molto lontani dal modello ideale prefigurato dal non organicamente attuato art. 49 Cost., i cui soggetti principali sono tutti i cittadini e la loro libera autoorganizzazione
democratica e non gruppi dirigenti dei partiti esistenti, quando non il loro fondatore e padrone:
un sistema bipolare e maggioritario con alternativa limitata ai partiti esistenti e al servizio del partito egemone in ciascun polo e la conventio ad escludendo di ogni possibile nuovo soggetto, che la possa minacciare, se non si fa assimilare in nome della governabilità9.
Il tentativo è stato parzialmente sventato con le decisioni della Corte costituzionale in tema di elettorato attivo e passivo, ma perfettamente riuscito per la legge elettorale europea e per le leggi elettorali regionali in assenza di impugnazioni di elettori o per assenza di marcata sensibilità costituzionale dei giudici aditi di particolare rilievo il caso della giurisdizione civile di Milano, che in due occasioni ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale delle leggi elettorali n. 270/2005 e n. 52/2015, annullate, invece, in punti essenziali dalla Corte costituzionale in seguito a rinvio, la prima della Prima sezione Civile della Corta di Cassazione e la seconda dai Tribunali di Torino, Trieste, Perugia e Genova.
Il risultato è sotto i nostri occhi uno stato semi-federale non regolato da norme di supremazia chiara e pacifica del diritto e del governo federale (Bundesrecht bricht Landesrecht10), poteri sostitutivi esercitabili rapidamente e tempestivamente, una congerie di Repubblichette con a capo un Governatore, che si crede un presidente degli Stati (dis)Uniti in miniatura, perché eletto direttamente dal popolo e che a differenza del Presidente americano, che non ha la maggioranza assicurata del 60% nel Congresso, che deve conquistare nelle contestali elezioni legislative e deve mantenere nelle elezioni di mezzo termine. L’astensione superiore al 60% nelle elezioni 2014 della Regione Emilia-Romagna aveva dato un segnale, parzialmente recepito, tanto che nelle elezioni successive la nuova coppia Bonaccini Schlein con Sardine en saòr è tornata alla normalità di partecipazione elettorale.
Un altro pesante segnale è stato dato con le elezioni anticipate del settembre 2022 con un meno 9% di partecipazione al voto, ma soprattutto dalle recenti elezioni regionali del Lazio e della Lombardia, nelle quali l’astensione complessiva del 60%, con caratteristiche diverse, si è presentata in due regioni che raccolgono un quarto della popolazione italiana e nelle quali ci sono la capitale politica e quella economica, già morale, del Paese, produce da sola il 22,21% del PIL italiano 2022.
Di chi sono le responsabilità?
Avevo pensato a questo articolo in relazione alla legge elettorale vigente in seguito a ricorsi presentati molto prima della scadenza elettorale, per evitare la beffa del Porcellum, un’azione intrapresa per evitare che le elezioni 2008 fossero celebrate con una legge elettorale incostituzionale11, in quel caso, viste le decisioni negative del Tribunale Civile e della Corte d’Appello di Milano, si dovette aspettare un decisione della Cassazione alla vigilia delle elezioni 2013, ma rinviata a data successiva, per essere decisa solo nel 2014, facendo salvi i parlamentari proclamati eletti e non soltanto quelli convalidati, decisione che avrebbe potuto essere aggirata da decisioni ex art. 66 Cost. dalle Camere di appartenenza. Nelle condizioni date un risultato positivo, alla luce dei boatos e delle indiscrezioni della stampa, che l’avevano preceduta.12
Il problema è stato che la classe politica e parlamentari non si sono limitati a un sospiro di sollievo,
ma l’hanno interpretata come un via libera, non avendo giurato fedeltà alla Repubblica e alla
Costituzione, né ritenendosi vincolati da concetti generici come “disciplina ed onore”, a non tenere
in conto dei principi, in materia elettorale, enunciati dal giudice delle leggi, che aveva previsto una
legge elettorale mista, cui ugualmente andavano applicati i principi in materia di rappresentanza:
“il giudice costituzionale ha espressamente riconosciuto, da tempo, che, qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto”, quello che era temuto e si è verificato nel 2018 e molto di più nel 2022, pensate che con il Porcellum il CDX avrebbe avuto una maggioranza alla Camera di 216 voti su 400, ne ha invece 237!
La sorpresa nello svolgimento è stata che le fondate preoccupazioni costituzionali per l’ attuazione dell’autonomia differenziata e in un futuro per Presidenzialismo ancora nella mente di dio, oltre che nelle intenzioni della Presidentessa, sono aumentate, perché si tratta di pulsioni condivise dal sistema dei Partiti esistenti, senza distinzione tra le maggioranze e le opposizioni, che si sono succedute al governo del Paese a ruoli invertiti, ma anche, a volte, tutti insieme appassionatamente.
Una sintetica cronaca incostituzionale
I tentativi di revisione della Costituzione dopo la sua entrata in vigore sono stati molti, ampi o limitati a una o poche delle sue disposizioni, ma la distinzione fondamentale è tra i tentativi che hanno avuto successo e quelli falliti, limitandosi al XXI° secolo perché, le leggi elettorali n. 276 e n. 277 del 1993 pur essendo state ispirate da quella mentalità bipolare e maggioritaria non hanno formalmente violato né l’art. 48, né l’art. 51 Cost. in materia elettorale, ma solamente limitato, la libertà di scelta degli elettori.
Tentativi coronati da successo:
1) riforma del titolo V Cost. legge cost. n. 3 2001, in particolare l’autonomia differenziata e l’art. 117 c. 8 Cost., iniziativa della maggioranza di CSX-l’ULIVO;
2) approvazione della legge elettorale n. 270/2005 Porcellum, iniziativa della maggioranza di CDX;
3) Con legge costituzionale n.1 del 2012, quasi all’unanimità, le Camere hanno approvato una riforma dell’art. 81 e anche degli articoli 97, 117 e 119 Cost., iniziativa della maggioranza governo Monti;
4) legge Delrio n. 56/2014 sulle province e città metropolitane, abolizione del voto universale diretto, iniziativa del Governo Renzi di CSX, ma sul punto in continuità con il Governo Letta di “larghe intese”;
5) ammissione del Voto di Fiducia del Governo Renzi sulla legge elettorale incostituzionale n. 52/2015 su iniziativa del Governo ma decisa dalla Presidente della Camera, deputata PD on. Boldrini13, con creazione di un pericoloso precedente in relazione all’endiadi “in materia costituzionale e elettorale” dell’art. 72 c. 4 Cost., iniziativa del governo di CSX Renzi;
6) ammissione del voto di fiducia (ben 8) sula legge elettorale di dubbia costituzionalità n. 165/2017 Rosatellum alla Camera e al Senato nel 2017, a richiesta del Governo Gentiloni di CSX;
7) accorpamento referendum costituzionale taglio parlamentari e elezioni regionali 2020, iniziativa della maggioranza giallo-rosacea del governo Conte II
8) approvazione taglio parlamentari con legge cost. n. 1/2020, iniziativa delle maggioranze giallo-verde e giallo-rosacea dei Governi Conte I e II, approvata in seconda lettura alla Camera con più dei due terzi “
NON RIUSCITI:
- REVISIONE COSTITUZIONALE Berlusconi non approvata nel referendum costituzionale 2006, iniziativa del CDX;
> 2) DEFORMA COSTITUZIONALE RENZI BOSCHI non approvata nel referendum costituzionale 2016, iniziativa del CSX a guida Renzi.
NO COMMENT.
Legge elettorale europea
La legge elettorale europea, del 1979 presenta problemi di compatibilità con i Trattati europei vigenti (TUE e TFUE) e la Costituzione italiana. La legge detta le regole per l’elezione diretta “dei membri del Parlamento europeo spettanti all’ Italia” come circoscrizione elettorale, si badi bene non sono i rappresentanti dell’Italia14 nel Parlamento europeo (PE d’ora in poi), poiché il Trattato di Lisbona, modificando sul punto la definizione del PE del TCE, come l’organo in cui sono rappresentati i popoli degli stati membri, stabilisce inequivocabilmente, che nella UE “I cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell’Unione, nel Parlamento europeo.” (art. 10.2 TUE) e che “Il Parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell’Unione” (art. 14.2 primo periodo TUE).
La legge n. 18/1979 è, quindi, la più antica legge elettorale vigente in Italia, che ha subito delle modifiche, che ne hanno alterato soltanto marginalmente l’impianto di tipo proporzionale, salvo una quota di accesso del 4%, introdotta soltanto nel 200915 per ragioni puramente italiane, e con voto di preferenza. In un Paese, che dal 1993, anno di approvazione delle leggi n. 276 e n. 277 (c.d. Mattarellum), ha visto l’approvazione di tre leggi elettorali per il Parlamento nazionale, di cui 2, collegate a progetti di revisione costituzionali ufficialmente annullate parzialmente, ma in punti essenziali, dalla Corte Cost. e di una terza del 2017 modificata nel 2019 per adeguarla alla riduzione del numero dei parlamentari, come detto nella parte precedente.
L’età si vede tutta in un punto rilevante, anche per il rilievo internazionale, il trattamento delle minoranze linguistiche. Nella legge se ne riconoscono soltanto 3, il francese della Val d’Aosta, il tedesco della Provincia di Bolzano e lo sloveno del Friuli-Venezia Giulia, lingue con un trattamento speciale derivante da trattati internazionali, quello di Pace, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale per le prime due e il Trattato di Osimo, con l’allora ancora esistente Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia.
Non si è tenuto conto di strumenti successivamente entrati in vigore con l’autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 302 del 28 agosto 1997, (Gazzetta Ufficiale n. 215
S.O. del 15 settembre 1997) della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali,
alla luce della quale non era giustificata la disparità di trattamento tra minoranze linguistiche e nazionali.,
Fatto, a mio avviso, ancora più rilevante è stata l’attuazione dell’art. 6 Cost. con la legge n. 482/1999, che di Minoranze linguistiche ne riconosce ben 1216.
Per il processo di integrazione europea il Trattato di Lisbona (TUE) è molto importante e in esso il PREAMBOLO e il TITOLO I DISPOSIZIONI COMUNI (artt. 1-8 ) e TITOLO II DISPOSIZIONI RELATIVE AI PRINCIPI DEMOCRATICI (artt. 9-12), tra gli articoli dei primi due TITOLI si richiama l’attenzione sugli articoli 2 e 6 par.1.117, che sono norme che hanno per l’ordinamento europeo lo stesso valore di principi supremi dell’ordinamento, come il nostro art. 3 Cost.: non è possibile discriminare le minoranze tra loro e al loro interno. Le norme sulle minoranze linguistiche della legge elettorale europea costituiscono una violazione dell’art. 2 TUE e degli artt. 20 e 21 CDFUE e, pertanto anche del nostro art. 3: il privilegio delle lingue francese, tedesca e slovena rispetto alle altre 9 riconosciute dalla legge n. 482/1999 di attuazione dell’art. 6 Cost. non ha alcuna giustificazione sotto nessun profilo. Il fatto che siano lingue tutelate in trattati internazionali che hanno come parte contraente l’Italia e irrilevante per il diritto unionale europeo a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, perché era cambiata la natura del PE.
Per essere ancora più rigorosi, il trattamento preferenziale di tre lingue minoritarie era diventato costituzionalmente illegittimo già con l’entrata in vigore della legge cost. n. 3/2001 per violazione dell’art. art. 117.1 Cost., poiché nel frattempo l’Italia aveva ratificato nel 1997 la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali e come detto anche attuato l’art. 6 Cost. con la legge n. 482/1999. Neppure poteva essere invocata la discrezionalità del legislatore in materia elettorale, poiché, per non violare l’art. 3 Cost., con una legge proporzionale pura senza soglie nazionali d’accesso, poteva decidere di non adottare norme speciali per nessuna minoranza linguistica, come è stato per il Parlamento nazionale fino alla legge n. 270/2005 e non era nemmeno necessario18.
Le lingue minoritarie tutelate dalla legge n. 482/1999 sono al pari di francese, tedesco e sloveno situate in regioni a statuto speciale il sardo e il friulano ovvero sono parlate da persone in numero superiore allo sloveno e al francese della Val d’Aosta nella sua variante franco-provenzale sia l’occitano della Valli piemontesi, che il grecanico di Puglia e, infine, gli albanofoni di Calabria, conteggiando gli iscritti all’AIRE e gli emigrati in altre regioni d’Italia sono superiori ai tedeschi della Provincia di Bolzano, per non parlare dei sardi e dei friulani.
Conclusione dal 1997 la legge elettorale europea è incostituzionale e dal 1° dicembre 2009 anche
in contrasto con il Trattato di Lisbona e con le elezioni europee del 2024, se vuole applicare la Decisione 2018/994 del Consiglio dell’UE, con gli artt. 70 e 72.4 Cost., perché non l’ha recepita con legge pur essendo una norma in materia elettorale, quindi da approvare con procedura normale e con l’art. 223 par. 1.2 TFUE, che prescrive che le disposizioni elettorale emanate ai sensi del richiamato articolo “entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali”.
Si apre un problema maggiore in relazione a altre minoranze, oltre che le linguistiche, proprio per rispetto dell’art. 2 TUE (cfr. nota 17), poiché vi è in richiamo all’uguaglianza nel primo periodo e al pluralismo, nell’ultimo periodo del richiamato articolo, e riguarda le minoranze politiche. Il nostro art. 3.1 Cost. dispone che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” L’art. 3 Cost. vieta le discriminazioni, ma anche privilegi, che non siano motivati. Per esempio è logico, che una minoranza linguistica sia esentata da soglie nazionali di accesso, vista la sua concentrazione territoriale, ma lo stesso può valere per chi avesse dei programmi specifici per un territorio, alle liste di minoranze linguistiche è consentito, anzi imposto di coalizzarsi con liste nazionali19, mentre è vietato a liste, che fanno parte dello stesso partito europeo o i cui eletti facciano parte dello stesso Gruppo parlamentare.
Nulla è previsto nella legge europea per le liste espressione di opinioni politiche minoritarie.
Nella stessa legge elettorale europea, infine è prevista una raccolta di sottoscrizioni per la presentazione di liste alle elezioni per il rinnovo dei seggi spettanti all’Italia nel PE che sono di norma tra min. 30.000 e max. 35.000 per ogni circoscrizione di un minimo di 3.000 per ogni regione (art. 12 c. 2 e 3 l.n. 18/1979), ma con ampie esenzioni per chi sia già presente nel PE o anche in una sola Camera del Parlamento italiano. Ebbene questa esenzione non è legittima con i principi stabiliti con la sentenza della Corte di Giustizia europea del 23 aprile 1986 nella causa 294/83, Parti écologiste «Les Verts » contro Parlamento europeo20
Le leggi elettorali regionali
Gli elettori hanno dato un segnale forte con un’astensione complessiva del 60 per cento alle elezioni regionali del febbraio 2023 di Lazio e Lombardia, due regioni dove vive un quarto della popolazione italiana, che hanno prodotto il 33,8% del PIL italiano 2021 e che hanno come capoluoghi regionali la capitale politica, Roma, e la capitale economica-finanziaria, ex morale, d’Italia, Milano.
La stessa percentuale di astensioni, per essere esatti un poco superiore, il 62,29%, alla media, ma inferiore a quella del Lazio 2023, pari al 62,80%, si era verificata nelle elezioni regionali 2014 della Regione Emilia-Romagna, ma la successiva elezione dell’accoppiata Bonaccini-Schlein l’aveva fatta
dimenticare presto. Prassi normale in un Paese in cui si cercherà di dare colpa agli elettori, che sono degli irresponsabili che sbagliano sia quando votano, come ad esempio alle elezioni politiche 2013, del 2018 e a quelle anticipate del 2022 e a quelle europee del 2019 con Lega Salvini al 34,26%,
sia quando si astengono in massa21, perdendosi il ricordo del “destino cinico e baro” di saragattiana invenzione per giustificare il fallimento della prima unificazione socialista, quella di Nenni e Saragat.
Le Regioni si sono realizzate con troppo ritardo, 22 anni dopo, dall’entrata in vigore della Costituzione e forse per questo, l’allontanamento dalla loro fonte, ne ha fatto perdere il modello, cioè non sono stato un organo precipuamente ente normativo e pianificatore, per diventare organo di gestione diretta in diversi settori, a partire dalla sanità pubblica, concepita inizialmente come Servizio Sanitario Nazionale e dai fondi comunitari distribuiti dalla Politica Agricola Comune dell’Europa unita, invece di decentrarla alle province e/o ai comuni o loro consorzi. Le Province, che pure con la revisione costituzionale del 2001 erano diventate, con l’art. 114 Cost., parti costitutive della Repubblica sono state oggetto di tentativi di abolizione, falliti ma riuscita l’abolizione del voto universale e diretto per l’elezione del Presidente e del Consiglio provinciale con la famigerata legge Delrio, la n. 56/2014.
Si è testata la resistenza degli italiani alle limitazioni della democrazia: il test è stato positivo per i nemici della Costituzione, che nel suo primo articolo proclama che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” (c. 1), nella quale ”La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Non è retorico domandarsi se può essere democratica una repubblica se non tutte le parti, che la costituiscono, sono democratiche?
Con la modifica degli artt. 121, 122 e 123 Cost. con la legge costituzionale n. 1/1999 e l’art. 123 anche con la legge costituzionale n. 3/2001 sarà modificata la forma di governo delle Regioni, prima consiliare in analogia a quella parlamentare prevista per lo Stato, in un ibrido senza paragoni al mondo, né studiato in dottrina, ma scambiato dai mezzi di comunicazione di massa, dalla pubblica opinione e soprattutto dai soggetti politici coinvolti, sia a livello nazionale che regionale, in una sorta di presidenzialismo, perché l’elezione diretta del Presidente della Regione era diventata la regola.
Da allora i Presidenti di Regione sono chiamati Governatori, come se le Regioni italiane fossero, come gli Stati degli USA, cioè di uno stato federale, che l’Italia non è, pur avendo le Regioni acquisito con la revisione del 2001 competenze legislative superiore a quelle di molti stati federali e, per assenza in teoria e nei fatti di un potere di controllo dello Stato centrale sulle violazioni della Costituzione e della normativa unionale europea: una vera e propria impunità, garantita dal potere dei “Governatori” all’interno dei Partiti e da permanenti conflitti di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale. L’elezione diretta è un puro indizio di presidenzialismo o semi-presidenzialismo. L’elezione diretta del Presidente, tolte le 6 monarchie, tuttora esistenti, costituisce il sistema di elezione di molti di più dei 20 Presidenti della Repubblica di quanti siano i regimi effettivamente presidenziali o semipresidenziali, alla francese, per intenderci.22 Nessuna delle nostre Regioni ha una forma di governo presidenziale o semipresidenziale, anche se l’elezione diretta del Presidente della Regione è la regola con esclusione della Val d’Aosta e del Trentino-Alto Adige/Südtirol. L’organo esecutivo è la Giunta regionale come stabilisce con chiarezza l’art. 121.3 Cost. e lo Statuto
non potrebbe diversamente disporre senza violare l’art. 121 Cost. anche se l’art. 123 Cost.
stabilisce ambiguamente che “Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina laforma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento”23.
Lo scopo dei Presidenti di regione è quello di comandare senza controlli, che non sia quello degli elettori dopo il primo quinquennio, pagando il prezzo di non poter fare un terzo mandato, consecutivo. L’organo esecutivo è la giunta, ma i suoi componenti sono nominati o revocati ad libitum dal Presidente della Regione, che in base a leggi elettorali non scalfite dalla giurisprudenza sulle leggi elettorali per il rinnovo del Parlamento hanno una maggioranza assicurata senza alcun vincolo di percentuale di voto o di seggi per ottenerla. Inoltre la mozione di sfiducia al Presidente, se approvata, ma anche le sue dimissioni, provocano lo scioglimento del Consiglio e l’indizione di nuove elezioni: un’assicurazione di durata, altro che sfiducia costruttiva che nessun Presidente del Consiglio dei ministri ha mai ottenuto!
Le regioni sono il prodotto di eccellenza della mentalità bipolare e maggioritaria con alternativa limitata ai partiti esistenti subordinati al partito egemone in ciascun polo, che è o alla guida del governo o dell’opposizione in funzione intercambiabile dei ruoli, di cui è massima espressione la confusione tra il ruolo di presidente della regione e al contempo di consigliere. Questo fatto è quello che esclude la forma di governo presidenziale e semipresidenziale, nessuna di queste forme prevede che il presidente eletto direttamente sia anche membro dell’assemblea legislativa, né che abbia la maggioranza garantita lo stesso giorno della sua elezione se coincide, grazie a un premio di maggioranza prefissato ben oltre il 50% + 1 dei seggi.
La logica è tale che a volte addirittura la sola legge elettorale, come in Lazio e in Lombardia, prevede che il candidato presidente giunto secondo in voti personali sia automaticamente consigliere sostituendo un membro delle liste, quella più piccola nel Consiglio regionale con violazione dell’art. 48.2 Cost. sul voto personale, come inteso dalla sentenza della Corte Cost. n. 1/2014 nella parte che ha annullato le liste bloccate della legge n. 270/2005, conosciuta come il Porcellum.
Il candidato presidente dovrebbe rendere note le sue intenzioni, quindi se intende rimanere in Consiglio si candidi in una lista, come è lecito fare, almeno in Lombardia ovvero se si pensa che una contestuale candidatura in una lista sia un segnale di debolezza (non concorre per vincere la presidenza, ma per stare in Regione24). Allora si impone il massimo di trasparenza facendone oggetto di norma statutaria, come ha fatto la Regione Emilia-Romagna, che tra l’altro prende in considerazione il voto alle liste collegate alla candidatura alla presidenza e non solo i voti del candidato presidente: una soluzione corretta dal momento che è ammesso il voto disgiunto.
Una soluzione statutaria diventerebbe un argomento in più per escludere la natura presidenziale della forma di governo regionale.
Le recenti elezioni del FVG con fermano che i presidenti elettri con voto disgiunto se prendono
più voti delle liste che li hanno proposti e se la lista con il loro nome ha successo, tanto da avere la maggioranza relativa pensano di essere i Presidenti di un mini-stato, corrispondente alla loro regione non possiamo impedirglielo, ma allora prendano il coraggio di prevedere elezioni di mezzo termine o almeno rinuncino al premio di maggioranza o che sia limitato al minimo indispensabile il 50% +1 dei membri del Consiglio.
Si può scommettere che nessun “Governatore”, men che meno Fedriga farà mai una tale proposta: la sua lista non è la prima ma la terza con un rispettabile 17%, la prima lista è la lega, ma senza Salvini nel simbolo, a parte il fatto che poi l’aggiunta Premier ad una elezione regionale avrebbe significato che si è perso il senso del ridicolo. A chi è al potere va bene così è come avere la botte piena e la moglie ubriaca: essere i padri padroni della Regioni, ma senza i rischi e i contrappesi di una forma di governo presidenziale.
Cosa fare?
La scelta fatta dagli elettori lombardi, laziali e friulani25-giuliani e da quelli milanesi in occasione dell’elezione del Sindaco nel 2021, incompatibile con le tradizioni del socialismo municipale, è stata quella di astenersi in misura superiore al 50%, un esempio destinato a crescere se la politica non risponde al severo avvertimento, che non ha conseguenze pratiche, basta che vadano a votare i candidati e i loro familiari, che si spartiscono lo stesso numero di seggi e i relativi emolumenti, nonché il potere di deliberare.
Tuttavia sarebbe la fine della democrazia al suo più alto livello, quello della democrazia partecipata, fatta da cittadini informati e consapevoli, che ciascuno di loro come individuo, non isolato, ma parte integrata di una comunità politica e sociale e appartenente ad una o più delle “formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2 Cost.) è un pilastro di questa società, dove .ai suoi doveri corrispondono diritti.
E’ vero che c’è paradosso nella democrazia, perché “richiede dai molti le virtù, che di norma sono di pochi”26, ma se ciò avviene la responsabilità non è del destino e della personalità umana, ma dell’educazione al senso civico, che cresce naturalmente nella famiglia, nella scuola e nella cerchia delle amicizie personali e di gruppo: non può essere ideologia imposta da un regime autoritario. Per la partecipazione politica attiva, questa era una funzione attribuita ai partiti se fossero stati conformi al modello prefigurato dall’art. 49 Cost., strumento di tutti i cittadini e non di una cupola
dirigente, quando non di un leader indiscusso e/o carismatico o di un padre padrone.
La mancata attuazione dell’art.49 Cost. è una responsabilità storica anche dei partiti di massa, la cui scomparsa è rimpianta da molti: troppo scontato, ma improduttivo, rimpiangerli, perché posti a impietoso confronto con i partiti di oggi.
Se i partiti, compreso quello più coeso e strutturato, si sono trasformato in qualcosa d’altro, significa che non c’erano anticorpi interni o strumenti esterni come il controllo giudiziario sulle violazioni statutarie o contabile sulle entrate, per impedirne la degenerazione.
I partiti, tenendo fede al loro nome sono andati e come erano non tornano più.
Un buon conoscitore dei partiti e dei sistemi elettorali come Franco Astengo scrive “Per cercare di colmare il vero e proprio vuoto che si è creato Si tratterebbe di oltrepassare l’idea del semplice intreccio tra forza e consenso e di porre l’obiettivo di individuare le forme che dovrebbero regolare i comportamenti delle diverse soggettività politiche a partire dalla comprensione delle loro funzioni produttive, delle loro caratteristiche morali e capacità progettuali nell’espressione opposta a quella della politica – potenza.”27, ma questo implica o rischia di implicare l’esistenza tra gli associati di un vincolo ideologico totalizzante, che non comprende soltanto la critica della società esistente, ma anche un modello di società nuova. Tra i miei amici credenti ho sempre apprezzato, chi è stato capace di tenere distinte fede e religione, la fede è un modo di stare nel mondo, la religione è un modo di vedere il mondo, una Weltanschauung come tante altre, una ideologia nel senso deteriore del termine, quale che siano le motivazioni personali.
Non a caso Edgar Morin nel suo libro “Ma Gauche”28, parla della necessaria ricomposizione dei filoni ideali storici della sinistra, libertario, socialista e comunista, perché la loro concreta realizzazione in uno stato nazionale è stata incompleta ed insufficiente, quella socialista democratica, per il superamento del capitalismo o la negazione di ogni ideale di giustizia, eguaglianza e libertà quella comunista.29
Stabilito un nesso indissolubile tra socialismo, uguaglianza, libertà e democrazia, la difesa della Costituzione deve essere il minimo comune denominatore, perché non può essere patrimonio esclusivo di una sinistra, che si pretende egemone, tanto più in una situazione come quella italiana, dove anche la sinistra è responsabile o corresponsabile della sua mancata attuazione, pensiamo, per esempio, agli artt. 39 e 49 Cost. per sindacati e partiti politici o cose banali come l’esistenza di un art. 25 c.p.c., che con il privilegio del foro erariale, nato nella seconda metà del XIX° secolo si sottrae il cittadino al suo giudice naturale precostituito per legge, limitando a 26 Tribunali in tutta Italia quelli di fatto competenti ad accertare se siano violati i diritti costituzionali fondamentali dei cittadini, a cominciare da quelli di voto attivo e passivo e che per di più il Governo non sia obbligato a motivare quando si opponga a questioni di legittimità costituzionale30 posti in via incidentale, quando tutti i suoi membri, Presidente del Consiglio compreso, prima di assumere le funzioni “prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica” con la solenne formula prevista dall’art. 1 c. 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri : “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”31.
(Dedicato ai suoi maestri di studio e di vita Paolo Biscaretti di Ruffìa, Giorgio Galli, Gianni Ferrara e Fulvio Papi e al suo futuro e unico allievo Mario BB.)
1 L’aggiunta Premier è meglio che se la scordi, e se non vuole cadere nel ridicolo, prenda lui l’iniziativa di toglierla dal simbolo: fino al 2027 la Prima Ministra è e sarà Giorgia Meloni e dopo sarà Giorgia Meloni, ma Presidente se le riesce il colpaccio con l’aiuto della Lega e di Forza Italia o se una di loro viene meno grazie all’imperituro trasformismo all’italiana, che per sottolineare il suo ruolo, magari otterrà di chiamarla Presidentessa, ma con più poteri. Il nucleo trasformista si farà vivo molto presto in occasione dell’elezione dei 4 giudici costituzionali di nomina parlamentare, perché per avere i 3/5 alla destra-centro mancano appena 12 voti: in cambio di un giudice costituzionale li troveranno!
2 Nessun risparmio secondo i bilanci di Camera e Senato i 606 parlamentari costano, quanto costavano i precedenti 951, nel Senato i seggi maggioritari sono più dei 3/8 nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, per illegittima equiparazione delle Province autonome alle Regioni nel solo terzo comma dell’art. 57 Cost., senza modifica del suo primo comma (Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.), dell’art. 114 c. 1 Cost., che non prevede le Province autonome tra le parti costitutive della Repubblica e degli artt.116 c. 1 e 131 Cost., che elencano partitamente le regioni a statuto speciale e ordinario, ma basterebbe accennare alle violazione dell’art. 3.
3 Mai modificato o espressamente derogato con legge conforme all’art. 72 c. 4 Cost., che per le leggi “in materia costituzionale e elettorale “prevede il procedimento ordinario, quindi con esclusione del decreto-legge., a maggior ragione con voto di fiducia sulla legge di conversione, come deciso dalla Presidente Nilde Iotti nel 1981(Lodo Iotti).
4 Testo: “ARTICOLO 3 Diritto a libere elezioni
Le Alte Parti contraenti si impegnano a organizzare, a intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.”
5 Riconosciuta ad altri organi, che esercitano, al più una sovranità derivata, direttamente o indirettamente, dal popolo.
6 9 giugno 1991, affluenza oltre il 62,5% col 95,6% degli italiani alle urne che dicono sì
7 Al Senato la graduatoria e il consenso sono sostanzialmente con il Polo sl42,60% e 156 seggi, l’Alleanza al 32,90% e 122 seggi e il Patto al 16,96% e 31 seggi.
8 In base alla quale non è rispettata, sia per la Camera che il per il Senato la fondamentale libertà costituzionale di votare o non votare, il voto, infatti, è un dovere, che si assolve recandosi a seggio, e non un obbligo di esprimere un voto su una scheda.
9 Intesa, non come capacità di risolvere i problemi che affliggono il paese, ma la propria partecipazione al Governo.
10 Il diritto federale rompe il diritto del Land” nella Repubblica Federate tedesca.
11 L’incostituzionalità del premio di maggioranza era già chiara dalle sentenze della Consulta nn. 14 e 15 del 2008 sull’ammissibilità del referendum Guzzetta, che, abrogando le coalizioni, con un unico capo politico e un programma comune, avrebbe attribuito il cospicuo premio di maggioranza, pari al 54% dei 630 seggi alla Camera o spettanti alle singole regioni al Senato, avrebbe favorito la lista di maggioranza relativissima indipendentemente dai voti o dai seggi conseguiti.
12 Si mormorava, addirittura, che uno dei giudici fosse stato nominato con l’incarico specifico di ostacolare l’accoglimento dell’ordinanza della Cassazione, ovviamente non con motivazioni di merito.
13 La compagna Iotti, madre costituente, è stata la prima donna Presidente della Camera, le due dopo la leghista Pivetti e la pieddina Boldrini, l’hanno fatta rimpiangere per lo stile misurato e il rigore la prima e la fedeltà alla Costituzione la seconda, cui si deve il grave precedente di aver accettato di ammettere il voto di fiducia sulle leggi elettorali, la n. 52/2015 e la n. 165/2017, la prima dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 35/2017, la seconda sub iudice in 7 processi pendenti.
14 Il titolo originario della legge n.18/1979 era “Elezione dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo”. Il titolo della legge è stato modificato dall’art. 2 della legge 27 marzo 2004, n. 78 (in G.U. 29/03/2004, n.74). Il corpo elettorale è costituito, oltre che dai cittadini italiani, dagli altri cittadini della UE, che abbiano optato di votare nel paese di residenza, che possono altresì candidarsi, ovunque residenti, in liste presentate in Italia. Queste stesse regole si applicano ai cittadini italiani residenti negli altri stati dell’Unione, dove godono dell’elettorato attivo e passivo.
15 La facoltà d’introdurre soglie d’accesso è stata prevista da una Decisione del Consiglio CE, Euratom 2002/772 di modifica dell’Atto elettorale del 1976
16 “In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.” (art. 2 legge n. 482/1999)
17 Testi: art. 2 “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”
Art. 6 par. 1.1 “1. L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.”
18 La ragione è che il francese della Val d’Aosta era tutelato dalle norme elettorali speciali di elezione diretta del Deputato e del Senatore, quest’ultimo addirittura con norma costituzionale ad hoc, l’art. 57.3 Cost. e per la tedesca della Provincia di Bolzano da una disposizione del Pacchetto per l’attuazione dell’Accordo Degasperi Gruber, la numero 111, recepita nel d.lgs. n. 533/1993 (art. 1 c. 2 e 4) in attuazione della legge 30 dicembre 1991, n. 422.
19 Testo art. 12 c. 10 l. n. 18/1979 “Ciascuna delle liste di candidati eventualmente presentate da partiti o gruppi politici espressi dalla minoranza di lingua francese della Valle d’Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia può’ collegarsi, agli effetti dell’assegnazione dei seggi prevista dai successivi articoli 21 e 22, con altra lista della stessa circoscrizione presentata da partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno.”
20 I partiti già presenti nel Parlamento europeo non posso attribuirsi vantaggi che alterino la competizione con altri soggetti, che si presentino per la prima volta alle elezioni. In quel caso erano contributi finanziari per la campagna elettorale per il rinnovo, ma il principio è stato formulato in via generale e l’esenzione è un vantaggio maggiore.
21 Un’assoluzione preventiva dei Partiti, soprattutto di sinistra, che non si erano accorti che al nord gli operai, anche se iscritti alla CGIL, avevano cominciato a votare per la Lega Nord di Bossi al pari dell’elettorato clerico-democristiano del
bresciano-bergamasco o del sotto-proletariato per Forza Italia
22 Per una rassegna più dettagliata cfr. https://www.linkiesta.it/2022/08/presidenzialismo-semipresidenzialismo-e-unione-europea/
23Se lo statuto “ne determina la forma di Governo” in armonia con la Costituzione, non in conformità alla stessa, approfittando del fatto, che lo statuto entra in vigore con la sua pubblicazione, poteva sfidare il Governo della Repubblica a promuovere la questione di legittimità costituzionale sullo statuto regionali approvato con una forma di governo presidenziale o semipresidenziale dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla sua pubblicazione ai sensi dell’art.123.3, ultimo periodo. Tuttavia, si è trovato un compromesso politico all’italiana, di svuotare di fatto la giunta regionale e di non rendere conveniente a nessun presidente regionale il passaggio formale ad una forma di governo presidenziale o semipresidenziale
24 Vista la crescente personalizzazione delle candidature alla presidenza della Regione imporre la presenza in una lista del candidato comune potrebbe indurre al voto disgiunto
25 Nella provincia di Trieste ha votato più del 50% degli aventi diritto
26 Detto attribuito al giacobino Louis Antoine de Saint-Just
27 Franco Astengo, Egemonia in Odissea del 8 aprile 2023 ( https://libertariam.blogspot.com/2023/04/egemonia-appuntamento-al-25-aprile-di.html ).
28 Tradotto in italiano “LA MIA SINISTRA Rigenerare la speranza”, Erickson, Trento, 2011
29 Uno dei filoni di ricerca del Laboratorio Gramsci-Matteotti da un’idea di Alberto Aghemo, Franco Astengo e Felice Besostri.
30 L’obbligo di specifica deliberazione è, invece, previsto per costituirsi in giudizio innanzi alla Corte Costituzionale.
31 Per coerenza con l’art. 67 Cost. andrebbe scritto “Nazione”, che nella nostra Costituzione ha lo stesso significato di Popolo, come i suoi articoli. 1, 2, 3 e 4 fanno coincidere persone umane, lavoratori e cittadini, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
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