IL FINE (NON) GIUSTIFICA I MEZZI

Qualche giorno fa alcuni facinorosi hanno imbrattato il cornicione della Galleria “Vittorio Veneto” di Milano con scritte e disegni vari; questi avventurieri hanno rischiato di cadere da quell’altezza e, quindi, di farsi male ferendosi nella caduta con il rischio di spezzarsi l’osso del collo! Tutti hanno gridato allo scandalo, in particolare i milanesi si sono offesi per l’oltraggio subito. Giustamente queste cose non si fanno, bisognerebbe tagliare le mani a questi malandrini come si faceva una volta in base alla legge del taglione!

Ma, come asseriva Machiavelli, nel suo capolavoro “Il Principe”, il fine giustifica i mezzi e, molto probabilmente i suddetti non hanno trovato altro modo per essere ascoltati. Infatti essi sostengono che i loro atti provocatori sono una protesta per richiamare l’attenzione di quelli che contano affinché facciano, al di là delle chiacchiere e dei vari convegni, qualcosa di veramente concreto per salvaguardare il loro ed il nostro pianeta ormai al collasso. Le loro azioni sono assolutamente bonarie, in essi non vi è intenzione alcuna di deturpare in modo irreparabile né i quadri di grandi autori con succo di pomodoro o altra sostanza casalinga, né di oltraggiare alcun monumento in quanto i danni da loro riportati sono di facile rimozione.

La cosa non si ferma lì, infatti solo pochi giorni or sono, forse incoraggiati dalle scorribande dei suddetti, due giovani innamorati sono stati sorpresi a scrivere sui laterizi del Colosseo i loro nomi forse solo con l’intento di voler rendere immortale il loro legame così come il monumento in questione. Indubbiamente anche questo atto è esecrabile; oltraggiare così un simbolo non solo di architettura democratica ma soprattutto di cristianità nel mondo, grazie all’opera del Papa che, dopo aver issato all’interno della struttura un crocifisso lo decretò monumento cristiano.

Uscendo un po’ dalla retorica e tornando agli studi artistici ripenso con tenerezza all’opera meravigliosa di Gaetano Matteo Monti “Angelica e Medoro”. I due giovani innamorati sono stati immortalati dall’artista vicini e nudi nell’atto di incidere i loro nomi sulla corteccia di un albero, tema questo desunto dal poema dell’Orlando Furioso a metà tra l’erotico e il languore amoroso. L’accostamento degli innamorati di ieri a quelli di oggi è certamente fantasioso ma il fil rouge che li lega è lo stesso, in entrambi i casi il loro intento era ed è di tipo amoroso e non altro. Ma senza voler fare polemica, credo che il metro di misura, che, spesso si usa in questi casi, non sia sempre lo stesso.

È vero che bisogna valutare gli atti qualunque essi siano in modo equo a seconda delle varie circostanze ma, in questo caso specifico le cose sono state valutate in modo diverso. Per esempio: ultimamente a Roma, e precisamente al Palazzo delle Esposizioni è stata allestita una mostra dal titolo “Vita Dulcis” con riferimenti a Fellini da parte dell’artista Francesco Vezzoli.

Il suo intento, pare, fosse quello d far rivivere in un qualche modo l’antichità e, per questo, ha chiesto l’intervento del Direttore del Museo Nazionale Romano suo amico e curatore della mostra.

Cosa è successo? Il Direttore del detto Museo, Stephane Verger, ha pensato bene di spostare molte delle opere archeologiche dal Museo alle sale della mostra e, con il suo beneplacito, ha permesso all’artista Vezzoli di imbellettare le reliquie con polveri colorate e laccare le unghie dei piedi di alcune statue con smalti rossi In particolare la statua riferita ad Antinoo, prediletto dell’imperatore Adriano, così conciato, con occhi ombrettati, faceva pensare ad un clown. Pare che Vezzoli, in questo modo, volesse dimostrare che magari bastava una tale azione per far rivivere l’antichità!

Ora io mi chiedo, senza voler giustificare in alcun modo gli atti commessi dai mal capitati che ritengo quantomeno offensivi verso qualsiasi monumento che rappresenti la nostra storia, quale sia stato il metro di misura usata per giustificare la manomissione di monumenti archeologici appartenenti al patrimonio culturale universale perché non è stato chiesto ai beneficiari di questo bene pubblico se erano d’accordo circa quell’azione così scempia e complicata? È pur vero che ha deciso per tutti il Direttore del Museo ma, appunto, lui è solo il Direttore e custode di tale monumento, non il deus ex machina.

Ma cosa penseranno circa questa faccenda i due innamorati stranieri condannati solo perché sorpresi a scrivere il loro nome sul Colosseo?

Aveva ragione il Marchese del Grillo, quando, in un famoso film dichiarò al povero baro che era stato fino ad allora a giocare con lui e che chiedeva il perché lui dovesse finire in prigione e l’atro no: mi astengo per mio pudore dal riferire la dichiarazione del Marchese, ma se siete proprio curiosi di conoscerla vi consiglio di rivedervi il film.


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