Il carattere identitario della musica in “Gloria!”

MARTINA BASILE

La musica è uno strumento potente e stravolgente. La sua grande capacità è stata soggetto chiave di numerose opere cinematografiche e scritti di autore, ma spesso non viene compreso appieno il grande potere identitario che esso attribuisce all’essere.

“Gloria!”, film diretto dalla già nota Margherita Vicario e che sta spopolando nei cinema italiani, ripercorre in modo fedele proprio questo tema. Il fulcro della storia è posto in quattro donne che vivono nell’istituto di Sant’Ignazio, tre di loro sono orfane facenti parte del coro musicale del complesso; la quarta, invece, di nome Teresa e soprannominata “la muta”, è una domestica che nasconderà per molto tempo un talento straordinario per la musica.

I fili delle loro vite si incrociano in modo più fitto quando scoprono uno strano strumento nascosto nell’istituto, il pianoforte, e decidono così di sperimentarlo ogni sera in gran segreto, dando modo alle proprie emozioni di liberarsi in melodie forti ma malinconiche, determinate ma traboccanti di nostalgia. A tener a freno la loro forte voglia di emergere è il capo corista, Perlina, che sfoga le proprie frustrazioni “da blocco del musicista” sulle ragazze, critiche che diventano man mano più dure amplificate dall’ansia di dover preparare un grande evento canoro: il coro del Sant’Ignazio, infatti, dovrà esibirsi proprio di fronte al papa.

Le ragazze attraverso la musica si confidano, si parlano, ma soprattutto si rivelano. In questo film l’arte è uno strumento di identificazione del proprio essere: Teresa si mostra, così, molto più di una ragazza senza voce, denudandosi dei propri traumi e trovando nelle melodie il coraggio di esprimersi, di crearsi un’identità tutta sua, non sovrastata dalle esigenze di una società retrograda e machista che le impone un determinato modello femminile da seguire.

L’arte è il punto di rottura della loro vita, che passa da essere un semplice contorno della propria esistenza a essere il centro del loro esistere. Rottura rappresentata proprio dal momento dell’esibizione davanti il pontefice: le ragazze, in questa occasione, si mostreranno esattamente per quello che sono, mettendo in luce tutto ciò che hanno scoperto su di loro attraverso la musica.

Le quattro giovani donne così parlano attraverso la musica e, per la prima volta, possiedono il loro corpo, i loro pensieri, le loro passioni. La musica non viene mostrato solo come uno strumento di liberazione o espressione, ma come una vera e propria parte integrante di loro stesse.


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