L’ AGGIORNAMENTO NECESSARIO

Ricollegandoci al precedente articolo sui problemi scolastici, è d’obbligo un ulteriore approfondimento per offrire una chiave di lettura secondaria per quanto riguarda il presente e il passato della scuola. Parlando di “inflazione dei titoli” ci si riferisce a quel fenomeno per cui individui con alta specializzazione (Laurea, master di primo e secondo livello) faticano ad entrare nel mondo del lavoro, a causa di una preparazione eccessiva rispetto al ruolo che vorrebbero ricoprire. Ne abbiamo parlato ex post in “Darwinismo sociale e altri problemi della scuola” in un discorso generale relativo alla meritocrazia nella scuola di oggi. Per andare nel dettaglio e cercare di costruire un sistema scolastico veramente inclusivo, si deve tener conto del contesto storico radicalmente diverso, rispetto a quello in cui una sorta di meritocrazia poteva essere applicata, Pre-68. In un contesto scolastico rigido, e forse eccessivamente intransigente, ma tutto sommato in linea con quanto accadeva all’epoca, in cui vi era una forte richiesta di lavoratori a bassa qualifica.

In questo sistema avveniva, a differenza di oggi, una selezione positiva, che non andava a svantaggio della maggioranza dei frequentanti. Le barriere di ingresso erano scarne e di inflazione dei titoli non ve n’era traccia. La figura dell’insegnante in questo contesto era essenziale in quanto unico e accessibile dispensatore di sapere, anche se la qualità dell’insegnamento era inferiore rispetto a oggi, poiché in quel settore specifico, le barriere di ingresso erano serrate e c’era una certa difficoltà ad avere accesso alla cattedra, con annesso scarso ricambio di organico. Chiaramente, l’insegnamento era adeguato agli standard del dopo guerra, in cui pedagogia e altre norme per un buon insegnamento erano quasi sconosciute.

A differenza di ieri, oggi non si può più usare l’alibi della non conoscenza, ci sono centinaia di migliaia di pagine e manuali vari su come bisognerebbe interagire con gli alunni, cosa insegnargli e come. Evitare la standardizzazione tenendo conto delle diversità individuali e aiutarli con i mezzi oggi a nostra disposizione. In questo caso la scuola mantiene uno spirito conservatore se non in certi casi reazionario, avendo grandi difficoltà ad aggiornarsi, non parlo solo della decennale polemica sulle carenze di computer o di LIM, spesso inutilizzate, ma proprio di una cultura del presente e mancanza nell’applicazione di suddette norme pedagogiche per trattare gli alunni.

Alle elementari il problema è particolarmente sentito. Non è raro leggere sui giornali di maestre allontanate dagli istituti per aver maltrattato gli alunni (o per avergli fatto recitare una preghiera in classe), ma anche al liceo non si scherza. L’adolescenza è un periodo molto difficile e turbolento, non solo perché rappresenta il culmine dell’età evolutiva in cui si passa dall’essere bambini a adulti, ma soprattutto per l’emergere delle prime preoccupazioni sulla propria carriera universitaria e lavorativa, spesso condite da una serie di pressioni emotive esercitate dalla famiglia stessa.

Ecco allora che i discorsi e la vuota retorica sulla competizione tra coetanei, e la scuola vista come una gara, in cui il primo che prende cento vince la corsa, si dimostra molto dannosa se non controproducente, e rappresenta lo stesso meccanismo alla base dei numerosi suicidi in età scolare, oltre che la massiva emorragia di studenti che sarà assai difficile fermare. E a proposito di cento. Mi viene in mente un episodio recente, che vede protagonista l’istituto Scalcerle di Padova e il suo preside, quest’ultimo ha ben pensato di organizzare una “serata delle eccellenze”, ovvero un evento dedicato a tutti quegli studenti che posseggono la media del nove. Inoltre, sempre nel suddetto istituto, questi “migliori” riceveranno anche un premio in denaro di cento euro.

E’ vero, non sarà poi chissà che cifra, ma è sicuramente emblematico della brutta stagione che sta affrontando la scuola italiana. Il messaggio che emerge è che non si è più tenuti a studiare per imparare, e costruirsi attivamente un bagaglio culturale duraturo, ma per ricevere una mancia o quantomeno essere stipendiati relativamente a una prestazione. L’accaduto è stato denunciato dalla Rete degli Studenti Medi, con relativa contestazione a questo strano concetto di meritocrazia che il governo in primis promuove. Ricordando che queste iniziative sono deleterie in un’ottica di riduzione delle diseguaglianze nel contesto scolastico. (link della fondazione Open Polis sulla relazione tra media scolastica e reddito della famiglia di provenienza: https://www.openpolis.it/come-la-condizione-familiare-incide-sugli-apprendimenti-degli-studenti/)

Riallacciandomi con il discorso sull’aggiornamento invece, non possiamo non citare il problema del divario informatico, una situazione paradossale e da cortocircuito, in cui gli studenti sono indiscutibilmente più bravi e “competenti” (visto che questa parola piace tanto) degli insegnanti ad usare il mezzo informatico. Oppure, sempre sul tema della digitalizzazione in classe, mi corre l’obbligo di sottolineare che nella maggior parte dei paesi europei, la didattica viene svolta quasi esclusivamente sui mezzi digitali, Germania e Finlandia ne sono un esempio, ma anche in Francia si è fatto molto in questa direzione.

Con l’emergere delle nuove tecnologie, si aprono infatti alcune riflessioni su quella che sarà la futura utilità della figura del docente, com’è ben noto, ormai sul web è possibile sopperire a qualsiasi curiosità propria e potersi costruire un bagaglio culturale piuttosto velocemente. Per esempio, da qualche tempo lo stesso sito di Wikipedia ha creato una sezione chiamata “Wikiversità” che, come si evince dal nome, è una branca del sito principale dedicata alla didattica. Su Wikiversità è possibile trovare corsi di matematica, di ingegneria, filosofia e letteratura. Insomma, è “l’università” della rete, e rappresenta la punta dell’iceberg di una serie di altri servizi didattici che possono essere un competitor non da poco per gli insegnanti e la scuola “offline”, che tra succitate diseguaglianze, bullismi e incompetenza pedagogica, rischia di vedere un’ulteriore aumento di abbandoni (già al 15% in alcune regioni). Ed è solo un esempio scialbo, Infatti, oltre a Wikiversità, che di per sé è solo una raccolta bibliografica e nozionistica di temi trattati nelle facoltà. Ci sono le università telematiche, i cui servizi stanno aumentando in modo esponenziale negli ultimi anni.

Le piattaforme, spesso collegate con istituti a loro volta privati, offrono per cifre ormai irrisorie e tutto sommato sostenibili per la famiglia media italiana, il programma che si dovrebbe svolgere a scuola in un anno, solo che in questo caso, per completare il programma, con l’ausilio di un tutor o da soli, ci si impiegano pochi mesi, dai 3 ai 5, con il vantaggio di diplomarsi in netto anticipo. Questo per quanto riguarda il liceo almeno, per le università telematiche rigorosamente a pagamento, ci sono anche le classiche triennali.

E’ la vittoria del privato sul pubblico, grazie alla logica della concorrenza e della competizione che nel corso degli anni si è instaurata tra lo Stato e gli agenti privati, che paradossalmente lo Stato stesso ha finanziato togliendo fondi dalla scuola pubblica. La necessità di aggiornare la scuola nasce quindi da una duplice esigenza. La prima, è quella di garantire una formazione quanto mai ottimale e inclusiva agli studenti, per renderli cittadini consapevoli un domani ed educarli financo una collaborazione con le famiglie, per poter contrastare la crisi educativa in atto, la seconda necessità è quella di ristabilire un monopolio pubblico sull’istruzione, in nome dei valori di uguaglianza e pari opportunità, come ci ricorda la nostra costituzione.

Per concludere, vorrei ricordare alcune parole di Freud, poi riportate da Umberto Galimberti in uno dei suoi tanti convegni sul mondo di oggi: ” l’uomo non ha istinti, ha pulsioni a meta indeterminata. La società attraverso l’istruzione e la politica attraverso l’agire, sono necessarie per educare e instradare l’essere umano, altrimenti perduto nella sua mancanza di istinti rigidi”.


SEGNALIAMO