UNA CURA MINISTERIALE

Siamo davvero ridotti così?

Mi pongo questa domanda dopo aver assistito ad uno spettacolo presso il teatro Argentina dal titolo “Il ministero della Solitudine” portato in scena dalla compagnia la Casadiargilla.

Detto Ministero è stato istituito nel 2018 in Gran Bretagna allo scopo di consolare le persone in preda a crisi depressive e di trovare per loro una soluzione per uscirne.

La storia è breve. Cinque personaggi si alternano sul palcoscenico, raccontano la loro solitudine nella speranza di essere ascoltati; tic nervosi e situazioni borderline fanno da sfondo alle varie storie, mettendo in risalto il loro vuoto morale e l’incapacità di reagire ai casi della vita che affliggono la loro esistenza.

Una pièce noiosa, ripetitiva e, quel che è peggio, molto scontata, intrisa di sentimento claustrofobico, che non lascia spazio all’immaginazione.

È così?

Quindi nessun passo avanti, sembra che il mondo si sia fermato o meglio caduto nelle sabbie mobili e ad ogni tentativo di uscirne la situazione peggiora. Indubbiamente il momento storico è difficile, il mondo sta cambiando di conseguenza ciò obbliga tutti noi ad adeguarsi e intanto il nuovo assetto geopolitico stenta a stabilizzarsi.

I personaggi della performance sono figli di questa situazione, del resto non potrebbe essere altrimenti! Tutti soffrono di atteggiamenti nevrotici scatenati dalla omologazione che ha inglobato, in questa prospettiva, anche l’homo sapiens il quale, memore del suo passato, mal sopporta questo suo nuovo status.

Cogito ergo sum affermava Cartesio; l’uomo, in quanto essere pensante, che custodisce in sé il gran bagaglio delle esperienze esperite da un’intera umanità, non può ridursi a burattino soggiogato dalla nuova prospettiva politica che ribalta le sorti del mondo anteponendo l’Oriente all’Occidente, a quella parte del mondo che, da molto tempo, vuole riscattare la sua identità taciuta per secoli.
I repentini cambiamenti e le guerre, per quel che ne sappiamo, almeno due alimentano l’angoscia e la paura del domani di un futuro che non promette nulla di rassicurante per le nuove generazioni.

In tutto questo la solitudine la fa da padrona, ognuno cerca la sua soluzione, la paura dell’altro ha preso il sopravvento nei rapporti umani, per cui si vede l’altro come un probabile nemico e ciò ci impedisce di essere liberi. La mano tesa di Giulio Cesare, quindi libera dalle armi, ha lasciato il posto al pugno chiuso mentre lo sguardo basso non più rivolto all’altro indica sfiducia nelle azioni del nostro simile. Ma io sono un’inguaribile ottimista e credo che un esame più approfondito dello status attuale forse reca in sé, come del resto ogni avvenimento, anche qualcosa di buono.

Non è mai tutto negativo e non sempre il nuovo è da temere, in fondo la terra è vitale e finché c’è vita esistono i rinnovamenti e la storia ci ha segnalato i grandi sconvolgimenti avvenuti in passato, come ad esempio il susseguirsi delle varie ere geologiche, la scomparsa di animali preistorici, città sommerse dalle acque o sorte dalle stesse a nuova vita. L’uomo in tutto questo ce l’ha sempre fatta, ha sempre trovato in sé, senza ricorrere a nessun ministero, la forza e la volontà di sopravvivere e, di conseguenza, di adeguarsi alle nuove esigenze che il tempo e le circostanze gli hanno imposto.


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