UN REGALO DELLA NATURA PER SUPERARE IN SALUTE LE ESTATI INFUOCATE: ORIGINI E STORIA DELL’ANGURIA.

È un frutto diuretico, antinfiammatorio e rinfrescante, cosa desiderare di più?!

L’anguria o cocomero, non ha bisogno di presentazioni, tutto il mondo lo conosce e lo apprezza. Chi non ha provato almeno una volta la dolcezza rinfrescante di questo frutto nelle giornate più calde dell’anno.

Il cocomero (Citrullus lanatus) è una pianta della famiglia Cucurbitaceae. Le sue origini sono africane, anche se oggi il primo produttore mondiale di questo magico frutto è la Cina.

Sciogliamo subito il dubbio su quale sia il nome corretto: non esiste alcuna differenza tra cocomero e anguria: il primo nome, più scientifico, è utilizzato nelle regioni del Nord, mentre il secondo, più popolare, è diffuso nel Sud Italia.

Nelle aree più calde del mondo, le angurie sono tra le colture orticole più diffuse anzi, possiamo senz’altro dire che è uno dei frutti più coltivati al mondo.

Ogni anno ne vengono piantati oltre tre milioni di ettari, con una produzione che si avvicina alle 100 mila tonnellate.

I 10 maggiori produttori di cocomero nel 2018[20]
PaeseProduzione (tonnellate)
 Cina62.803.768
 Iran4.113.711
 Turchia4.031.174
 India2.520.000
 Brasile2.240.796
 Algeria2.095.757
 Russia1.969.954
 Uzbekistan1.836.959
 Stati Uniti1.771.051
 Egitto1.483.255

L’anguria, come detto, è originaria del nord-est dell’Africa ed è stata coltivata fin dall’antichità. Nelle angurie selvatiche la polpa è acquosa, di consistenza dura, di colore chiaro e piuttosto amara mentre, le più familiari angurie dolci (Citrullus lanatus), sono caratterizzate da polpa tenera, dolce e di colore vivace, per lo più rosso.

Geneticamente parlando, caratteristica delle angurie è una base genetica piuttosto ristretta, che suggerisce una serie di eventi di selezione da un’unica popolazione ancestrale. Questo fatto è confermato dal sequenziamento del DNA e dall’analisi genomica effettuati per valutare le relazioni tra le angurie selvatiche primitive dell’Africa nord-orientale, gli altri taxa di Citrullus e le “moderne angurie”. Queste ultime, infatti, hanno evidenziato un polimorfismo della sequenza del DNA notevolmente inferiore rispetto agli altri taxa, cosa che indica l’origine da un’unica popolazione fondatrice.

Come si sono evolute le angurie dolci? E in che lasso di tempo?

Scoprirlo non è stato facile, è stato necessario usare un approccio multidisciplinare che ha coinvolto, oltre la botanica, l’orticoltura, la cucina e l’archeologia. In pratica, fonti di prova riguardanti la storia delle cucurbitacee, sono rappresentate da reperti archeologici, iconografici e letterari.

Alcuni resti archeologici di angurie, per lo più semi, che risalgono a 5000 anni fa, sono stati rinvenuti in Africa nord-orientale. Così come l’immagine di un grande frutto striato e oblungo su un vassoio trovata in una tomba egizia risalente a 4000 anni fa.

La maggior parte dei resti vegetali si decompone rapidamente e le parti morbide e acquose, come il fogliame e i frutti, hanno molte meno probabilità di essere conservati rispetto a quelle più dure o secche come i semi. Tuttavia, in situazioni asciutte, come nei climi aridi, si possono conservare per migliaia di anni. L’usanza egiziana di inserire oggetti di uso quotidiano nelle tombe ha notevolmente aumentato le possibilità di conservare anche resti vegetali.

Il ritrovamento di numerosi manufatti dimostra che il Citrullus era diffuso nell’antico Egitto, in Libia, Sudan, Europa e Israele. Nel 1997 De Vartavan e Asensi Amoros hanno elencato dieci siti in Egitto, risalenti alle epoche predinastiche e dinastiche, che contenevano resti di anguria e, nel 1999, ancora De Vartavan, ha presentato fotografie di cinque singoli semi di anguria prelevati dalla tomba di Tutankhamon (1323 a.C.).

Tra il 2000 e il 2007, semi di anguria con resti di altre piante alimentari sono stati segnalati anche nel Mediterraneo, a Krania nella Grecia centrale e sull’isola orientale di Samos, risalenti rispettivamente all’800 e al 650 a.C.

Più recentemente, semi risalenti al periodo romano sono stati scoperti in un sito archeologico sulla riva del Mar Rosso.

Anche l’iconografia è stata utile per comprendere le tappe della domesticazione delle cucurbitacee e la loro diffusione. Naturalmente, il grado di affidabilità è funzione dell’accuratezza dell’immagine. Ad esempio, alcune illustrazioni, incredibilmente dettagliate e realistiche, di una pianta di Colocinto (Citrullus colocynthis), uno dei probabili capostipiti dell’anguria, sono state trovate in due manoscritti altomedievali sulla medicina. Purtroppo, però, per la maggior parte del periodo medievale, le immagini delle piante sono copie scadenti risalenti al periodo romano e talmente imprecise da risultare inutili per una identificazione tassonomica.

Solo nel tardo medioevo, nuove rappresentazioni originali di piante sono state prodotte con dettaglio e accuratezza tali da consentire l’identificazione delle specie. Immagini della fine del 1.300 trovate nel nord Italia mostrano sia angurie dolci a polpa rossa che a polpa bianca.

La letteratura sembrerebbe essere la fonte di prova più attendibile anche se, di norma, i prodotti alimentari, inclusi frutta e verdura, erano considerati dagli scrittori antichi come noti a tutti e perciò non erano oggetto di descrizioni particolari.

Fortunatamente, alcune descrizioni possono essere raccolte nel contesto della medicina, della religione o dei viaggi e, naturalmente, della cucina. Questo è anche il caso dell’anguria.

Anche nella letteratura ebraica dalla fine del II secolo d.C. e nella letteratura latina dall’inizio del VI secolo d.C. sono descritte le angurie associate ad altri tre frutti dolci: i fichi, l’uva e i melograni.

Per concludere questo lungo viaggio del cocomero/anguria possiamo dire che il frutto, come noi lo conosciamo oggi, è apparso nelle aree del Mediterraneo circa 2000 anni fa diffondendosi in Europa dalla Spagna moresca intorno 960 d.C.

Caratteristiche Nutrizionali dell’Anguria

Pochissime calorie e tante vitamine: frutto diuretico, antinfiammatorio e rinfrescante, l’anguria può pesare fino a 20 chili. Per il 93% è costituito da acqua ed è noto per il suo pigmento rosso, il licopene, considerato un nutriente importante soprattutto per la sua attività antiossidante.

Ma non è l’unico beneficio offerto dall’anguria. Questo frutto ha proprietà molto interessanti anche dal punto di vista della prevenzione, con le sue 16 calorie ogni 100 grammi di prodotto e la polpa che contiene vitamine A e C, potassio, fosforo e magnesio. Una bella fetta di questo frutto vi permetterà di recuperare in pochi minuti i sali minerali che avete perso con l’abbondante sudorazione dei giorni più caldi dell’anno.

Inoltre, la presenza di vitamina C e potassio hanno un’azione depurativa e detossificante che rende l’anguria un frutto ideale per contrastare in maniera naturale la ritenzione dei liquidi e l’ipertensione.

L’anguria è ricca anche di carotenoidi in grado di combattere l’azione dei radicali liberi e quindi l’invecchiamento delle cellule e di citrullina, un amminoacido che mantiene elastiche le pareti arteriose favorendo la prevenzione dell’ipertensione e delle malattie cardiovascolari.
Secondo alcune ricerche, una fetta di anguria al giorno sarebbe addirittura in grado di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue.

Su 100 grammi di frutto, 95.3 sono di acqua e questo conferisce all’anguria qualità rinfrescanti e diuretiche che, aumentano il flusso delle urine, proteggendo i reni e migliorano di conseguenza il funzionamento del fegato. Inoltre, essendo ricco di acqua e povero di calorie, è il frutto perfetto per chi segue una dieta ipocalorica.

Possiamo senz’altro affermare che l’anguria si può mangiare in abbondanza durante i mesi più caldi. La quantità giusta è di 200-250 grammi al giorno, da gustare preferibilmente la mattina a colazione e il pomeriggio come spuntino.

Per contro, non dimentichiamo che è anche un frutto con una componente significativa di zuccheri e perciò meglio non esagerare.
Infine, è da sottolineare che la gran quantità di acqua può rendere l’anguria poco digeribile per alcuni, per questo è sconsigliata a chi ha problemi di digestione. In questi casi, è preferibile consumarla soltanto dopo i pasti e non a digiuno.

  • H.S. Paris, 2015 Origin and emergence of the sweet dessert watermelon, Citrullus lanatus. Annals of Botany 116: 133-148.
  • Citrullus lanatus – Wikipedia

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