(tradotto dove andiamo, da dove veniamo e cosa mangiamo stasera)

POLIS TRENTO
Quo vadis, “I dilemmi del nostro tempo” è il titolo del Festival dell’Economia di Trento, arrivato ormai alla sua diciannovesima edizione. Tema complesso e complicato, sicuramente affascinante, derivato di un mondo che cambia e che andrebbe letto con paradigmi differenti e pensiero lungo, o laterale, secondo i casi e le angolature.
Il festival mette al centro i temi di una modernità che secondo alcuni è una fase di transizione, secondo altri di rottura, o ancora di metamorfosi (personalmente propendo per quest’ultima suggestione). Il mondo che c’è oggi è scandito dall’emergenza climatica, dal digitale, da un profondo cambiamento della demografia, o ancora da conflitti la cui soluzione è sempre più difficile. A Trento si ragiona dunque sulla direzione e sul senso di questo cambiamento, mettendo i temi sul tavolo senza preoccuparsi troppo delle soluzioni, che oggettivamente non si vedono. Niente di straordinariamente nuovo quindi, ma almeno si fa spazio un esercizio di consapevolezza, sempre apprezzabile. Il digitale, ormai è noto, cambia il mondo e il nostro modo di vivere. Per fortuna non ci è dato sapere cosa accade domani. Ma nel frattempo almeno sappiamo che è tempo di capire, citando Woody Allen, “dove si va, da dove si viene e soprattutto cosa si mangia stasera per cena”.
Il festival di Trento, tra l’altro, capita mentre ISTAT certifica l’inverno demografico e la povertà educativa che affligge l’Italia, e ad una settimana dal voto per le Europee, al termine di una campagna elettorale mediocre come poche se ne sono viste.
Più prosaicamente i temi per noi abitanti del Belpaese sono il lavoro, il welfare e la sanità, messi in crisi dalla transizione demografica, cosa di cui si incomincia finalmente a parlare. La diffusione della povertà in tutte le sue declinazioni e sfumature, assoluta e relativa, educativa ed economica, compreso il tema spiazzante del lavoro povero, con buona pace di chi è contrario a meccanismi di redistribuzione del reddito mediante sistemi universalistici. La presenza di grande parte della politica a Trento, infine, mostra come di idee in giro ce ne siano poche e spesso confuse: un paradosso se si pensa che si vota non solo per decidere chi va a rappresentarci in Europa, ma soprattutto per decidere che Europa si vuole essere, visto che l’Europa sembra essere, almeno a quanto viene fuori da questo festival, l’orizzonte più utile per tutti i cittadini europei.
TORINO
Trento non è il solo Festival dell’Economia che si tiene nel periodo tra maggio e giugno. Da pochi anni, ce n’è un secondo a Torino, è verde anziché arancione, e ha che simbolo un albero anziché uno scoiattolo. La competizione tra le due città la vince Trento: cinque Nobel a tre, un numero maggiore di turisti, visitatori e star tra gli ospiti, e maggiore attenzione sui media nazionali. Del resto l’originale è sempre meglio della copia. Ma se la competizione aiuta sempre, forse in questo caso è sembrata fuori luogo. A naso, quello torinese prova ad essere più di sinistra del fratello maggiore trentino, per come oggi l’economia possa essere di sinistra… Nella sostanza, sia le questioni sia la difficoltà nel pensare soluzioni percorribili e sostenibili sono le stesse. Il pensiero unico secondo il quale il mercato risolve tutto continua ad essere l’orizzonte nel quale prendono forma analisi e soluzioni, nonostante la crisi nel neoliberismo e del turbo capitalismo finanziario. Forse di nuovo c’è, finalmente, la consapevolezza che lo Stato serve, e che serve capire che tipo di Stato si vuole per noi e per chi viene dopo di noi.
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