Le tende, la piazza e l’ascensore (che si è rotto…)

Da tende in piazza all’ex cinema abbandonato: il movimento ‘Tendini’ sfida il caro alloggi e il diritto allo studio. Una protesta concreta che va oltre la lamentela e cerca di dare voce ai giovani, lottando per un futuro di autonomia e uguaglianza di opportunità.

Il movimento delle tende in piazza, i “Tendini” per i maligni, ha traslocato dal prato davanti al politecnico all’ex cinema Splendor, lo storico multisala oggi abbandonato nel cuore del quartiere Paola a Milano da più di 15 anni e che di splendido non ha più niente. Ma che è diventato un simbolo della protesta contro il caro alloggi e per il diritto all’abitare.
Le tende restano in piazza perché sono l’essenza e l’inizio di questo movimento, ma con la presa dello Splendor ora si prova a fare sul serio. L’ex cinema, hanno detto i manifestanti, è uno spazio inutilizzato che potrebbe essere riconvertito ad uso della comunità, o uno tra i tanti che potrebbe essere utilizzato come studentato.

“Tende in piazza” è un movimento che è riuscito nell’era del social e del singolarismo più spinto a organizzare un conflitto, e ad organizzarsi, con una azione concreta e una cosa che assomiglia ad un programma. È riuscito a superare la logica triste e depressiva dello sfogatoio e a mettere in fila le cose da chiedere.
Per dirla con i politologi americani, è andato oltre l’exit, cioè il “me ne vado”, “mi dimetto”, “boicotto”, “faccio un post” magari da hater, e prova a misurarsi con la “Voice”, per dare forma e contenuto a quello che è uno dei tanti conflitti che da sempre animano la nostra società, quello della casa e del diritto allo studio.

La manifestazione cade tra l’altro nel pieno del dibattito che in questi mesi ha tenuto banco e che verte sulla rappresentazione sia della disuguaglianza e del disagio sia dei disuguali e che incominciano a manifestare la propria insofferenza, dalle polemiche sul reddito di cittadinanza a quello delle periferie, Caivano e le tante Caivano d’Italia. Limitandoci al tema del diritto allo studio siamo nell’ambito della questione che ha animato la politica del secolo passato e che oggi si ripropone ancora più complessa con il digitale, cioè se si vuole l’uguaglianza delle risorse o uguaglianza di opportunità?

Quindi chi sono, di cosa si lamentano, e cosa vorrebbero esattamente i ragazzi delle tende? Di sicuro vorrebbero più case per tutti, il canone concordato e un sistema di studentato diffuso. Il tema però non è solo questo. Ilaria Lamera è di Bergamo e potrebbe fare tranquillamente la pendolare. Preferisce invece andare a vivere a Milano, provare a sperimentare una sua autonomia, con le risorse e le capacità che ha. Per Ilaria io credo che il diritto allo studio e alla casa accessibile è il diritto alla città e all’autonomia, o meglio ad una vita autonoma, lontano da casa. Chi si lamenta che i ragazzi sono “choosy” e viziati dovrebbe essere contento che qualcuno voglia andarci davvero fuori casa.

Nelson Mandela alle prese con la ricucitura della società sudafricana dopo anni di segregazione disse che l’istruzione e la formazione erano le armi più potenti tra quelle che ogni governo aveva a disposizione….

Il movimento della tenda si intreccia altri dibattiti aperti, tra cui l’altissima concentrazione di giovani NEET, che non studiano e non lavorano, un primato che in Europa ci teniamo stretto da anni e che nessuno ci invidia. E sono un paradosso per un’Italia che invecchia e si incarta nelle sue contraddizioni, un paese che non dovrebbe potersi permettere il lusso di sprecare il suo capitale umano più prezioso, quello dei millenials e della Gen Zeta. E visto il livello di istruzione e di competenze medie del nostro paese, non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che la prima delle battaglie è quella per il diritto allo studio.

PS per approfondire

Due temi straordinari per chi si occupa di storia e di filosofia della politica: quello del merito, da Michael Sandel a John Rawls passando per Marco Santambrogio e Stefano Zamagni.


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