LA TANA DEL BINGE-WATCHING

COLLETTIVO MELAINSANA

Sulla falsa riga delle Favole di Esopo e de La tana di Kafka, la filosofa Hannah Arendt (1906-1975) tratteggia la figura del celebre Martin Heidegger (1889-1976), suo docente e amante, con le seguenti parole:

“Questa è la vera storia di Heidegger la volpe: C’era una volta una volpe che tanto mancava d’astuzia che non solo finiva continuamente in trappole, ma non riusciva a percepire la differenza tra una trappola e una non-trappola. Questa volpe aveva anche un altro difetto, qualcosa cioè che non era a posto nella sua pelliccia, cosicché era del tutto carente della difesa naturale contro gli affronti della vita da volpi. […] Le venne un’idea nuovissima e mai sentita tra le volpi: si costruì una tana come trappola per volpi, vi si sistemò, la spacciò per una tana normale”.1

La metafora della tana-trappola assume un significato diverso a seconda dell’argomento qui considerato. Si può affermare, infatti, che la trappola che Heidegger si fabbricò fosse il matrimonio con una donna che non amava, oppure l’adesione al nazionalsocialismo, o ancora l’oggetto della sua stessa indagine filosofica. Leggendo questo racconto allegorico, emerge subito il tratto ambivalente della tana: esteriormente appare pericolosa, ma all’interno è accogliente come rifugio. Tante sono le situazioni che fanno di una trappola la nostra stessa tana: il perfezionismo, le aspettative di successo, le relazioni estenuanti, il consumismo.

Tra queste, a diffondersi con un raggio d’azione sempre più importante, vi è il binge-watching, un recente e popolare fenomeno legato al consumo eccessivo di contenuti multimediali. La nascita di questa espressione risale agli anni ’90: l’esigenza era quella di dare nome alla crescente “abbuffata di video”. Se questo termine inglese trent’anni fa indicava la prolungata e consecutiva visione di DVD, oggi si riferisce alla visione senza tregua di film, di episodi di serie TV o di video.

Il nuovo millennio ha registrato una considerevole variazione di consumi, da attività ludiche a surplus di streaming. Mettendo a confronto i dati percentuali antecedenti al recente periodo pandemico e quelli dei mesi di isolamento in casa, emerge non tanto un aumento, quanto piuttosto un uso rafforzato dei consumi streaming. Non è un caso che già nel 2013 il termine binge-watching appariva sull’Oxford English Dictionary accompagnato dalla seguente definizione: “watching multiple episodes of a television show consecutively or in rapid succession”. Le maratone di serie TV, in ultima analisi, non sono l’effetto del lockdown del 2020, ma il risultato della diffusione di potenti piattaforme digitali.

Il binge-watching è proporzionale alla crescita dei contenuti d’intrattenimento digitale e alla fruibilità delle piattaforme. Così come i continui colpi di scena dietro gli schermi fanno sì che persista o aumenti l’interesse creato dalla trama incalzante, allo stesso modo l’uscita di più episodi in una giornata incentiva il consumismo digitale.

Le politiche di mercato tengono ovviamente conto del potenziale del binge-watching: la piattaforma Netflix, ad esempio, incoraggia i maratoneti dello streaming pubblicando serie TV in blocco. Al contrario, Disney+ predilige la bellezza dell’attesa e rende disponibili gli episodi settimanalmente. Anche in questo caso i vantaggi sono evidenti: i fruitori proseguono l’abbonamento e la fidelizzazione alla piattaforma si rinnova mese dopo mese. Senza comunque discostarsi dalle dinamiche di marketing, l’alternativa al binge-watching attualmente quindi esiste, Disney+ ne è un esempio.

Così come può essere un’abitudine innocua o un semplice passatempo, il binge-watching rischia, come ogni tipo di abuso, di incidere negativamente sull’umore e di assumere i contorni della dipendenza. Tornando alla metafora di partenza, in maniera più o meno consapevole siamo anche noi, come Heidegger, volpi che si sono scelte una trappola per tana; in maniera più o meno accentuata siamo anche noi consumatori digitali, e per questo è necessario non dimenticare di mettere in play la vita reale.‌

1 Antonia Grunenberg, Hannah Arendt e Martin Heidegger. Storia di un amore, Longanesi, Milano 2009.


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