INVITO ALLA LIBERTÀ DI NON PERDERSI

Il direttore Giampaolo Sodano mi ha chiesto se valesse la pena raggruppare i miei ultimi tre articoli in una specie di piccolo saggio in tre parti.

Due “capitoli” dedicati al conflitto in corso nella Striscia di Gaza a seguito dello straziante omicidio di oltre 1200 israeliani, di torture, decapitazioni di bambini, violenze su uomini e donne d’ogni età, del ferimento di diverse migliaia di cittadini e del rapimento, in qualità di ostaggi e scudi umani, di circa altre 240 persone colpevoli prima di essere israeliani d’essere ebrei.

Un capitolo dedicato alla riapertura di una fase di competizione, non di scontro, tra USA e Cina; gli accordi di San Francisco comportano conseguenze per lo sviluppo economico e di seguito, per necessità se non per amore, all’allentamento delle operazioni di guerra in atto sul territorio ucraino da parte dell’invasore russo, nel conflitto di Gaza ed in generale nel Mediterraneo, sempre più strategico Medioceano.

Ho accettato nello spirito di offrire un piccolo servizio, legato all’idea che perseguo di interpretare la politica internazionale nella dinamica continua e cangiante di molte discipline. Il nostro mondo è entrato, grazie alla tecnologia, in un sistema che muta le sue espressioni visibili con una velocità mai conosciuta nella storia dell’umanità ed i sistemi di analisi “geopolitica” seguiti nel corso degli ultimi decenni si sono, alla prova dei fatti, dimostrati inadeguati a comprendere il presente e ad immaginare il futuro, con l’aggravante – in alcuni casi- di non avere dimestichezza col passato.

Teorie che trent’anni fa sembravano basilari, ferree, inoppugnabili per assicurare lo sviluppo economico sono oggi divenute oggetto di studio per modificarle. Pensate all’accusa di eresia, prima che di ignoranza, che nel recente passato veniva brandita come arma letale nell’Unione Europea e più ancora nell’Unione monetaria a chi non definisse infame il debito pubblico superiore al 60%, del PIL, oggi oggetto invece di valutazioni più complesse e raffinate; oppure alla valutazione sulla utilità di una difesa comune occidentale (la NATO) della quale non pochi, tra i tanti cito l’ambasciatore Sergio Romano, chiedevano lo scioglimento.

Che dire delle diverse interpretazioni sui benefici o difetti della globalizzazione economica confrontata impropriamente ai supposti benefici delle identità nazionali nella produzione di beni e servizi, compromesse dalla digitalizzazione, dalla Intelligenza artificiale e dalla rivoluzione dei sistemi di logistica. E poi la decrescita demografica che accompagna l’Occidente, non risparmia la Russia e la Cina e si oppone ad una crescita demografica che in modi diversi tocca paesi e continenti differenti, per esempio, tra gli altri, l’India e la Nigeria.

Il diverso rapporto tra fedi religiose e politica tout-court; pensate, come brillantemente citato da Matteo Matzuzzi, sul quotidiano il Foglio di domenica 18 novembre, ai fedeli cattolici italiani che si allontanano dalla frequenza ai riti liturgici, Messa compresa, prendendo le distanze dalla Chiesa cattolica che individuano come una super ONG occupata a discettare di Clima, Economia , Guerre mondiali a pezzi, quando altre fedi cristiane sono a loro volta implose per aver sposato direttamente cause nazionalistiche e guerriere e fedi che si richiamano all’Islam incapaci di contenere fondamentalismi isterici e terrorismo, per non parlare di altri movimenti spirituali, per alcuni religioni, per altri fedi, comunque importanti, che nel mondo globale si perdono un po’ alla volta a ragione della loro radicalizzazione territoriale.
Persino la geografia politica in alcuni casi appare incerta, e non solo per le cartografie rese sempre più spesso assai precise dalla osservazione satellitare del pianeta, si congetturi sulla importanza del Nilo e sull’uso delle sue acque, si stimi come il Rio delle Amazzoni influisca sulle politiche di più territori a causa della deforestazione.

Potrei continuare a lungo a parlare degli elementi singoli ma necessari alle definizioni complete della realtà presente che viviamo (dal mutevole Diritto non soltanto internazionale alla dimostrata, attuale, incapacità degli Stati a contrastare efficacemente e durevolmente la criminalità organizzata o l’evasione fiscale o lo sfruttamento dei lavoratori, dei minori, delle donne, dei fragili).

Il mondo sente il bisogno di un Ordine che nei secoli passati era assicurato di volta in volta da poteri diversi.

Gli animatori dell’Associazione Il mondo nuovo, presieduta da Eugenio Santoro, ilmondonuovo.club, diretto da Giampaolo Sodano, la casa editrice Heraion, fondata e diretta da Fabrizia Cusani, si sono posti tra gli altri un compito: quello di ragionare attorno al …Mondo Nuovo, del quale son felici di far parte, magari soltanto cercando di capirlo e di partecipare i loro opinabili pareri per tenerlo in buona salute, giacché del futuro stimano non si debba aver paura.

Vero è che occorre avere opinioni formate (pregiudizi?) sulla democrazia, la libertà, lo sviluppo per porre la richiesta di studiare un Ordine mondiale multipolare dopo aver analizzato- solo per parlare di USA ed Europa, cioè di casa propria- cosa avviene nell’America di Donald Trump; nella Francia divisa di Macron, Le Pen, Mélenchon; nella Germania nella quale scompare l’estrema sinistra e si riaffaccia un partito nazista; nella Spagna che dà una maggioranza alla Camera al leader socialista Sanchez per l’incursione della estrema destra Vox nell’alleanza con i Popolari, legati nella Unione Europea alla CDU e alla CSU, che ha aperto, obbligatoriamente, le porte ai secessionisti della Catalogna; nell’Ungheria che si è dimostrata concreta alleata di Mosca; all’Italia che si è affidata ad un primo ministro di ottimo livello che ha purtroppo anche il gravoso compito di supplire a discutibili compagni di viaggio; per non parlare del trionfo del nichilistico suicidio del multilateralismo onusiano.
Il pregiudizio, che per sua natura è discutibile, è tuttavia un rischio che si deve correre perché la tecnologia ha imposto una “aspirazione universalista della modernità”, come ha osservato il filosofo Santiago Zabala, formatosi a Torino con Vattimo ed alla Pontificia Università Lateranense ed oggi ordinario della prestigiosa Università Pompeu Fabra di Barcellona.

Non si può ragionare attorno alla politica specialmente internazionale esclusivamente in ragione della “potenza” detenuta da questa o quella nazione, perché l’interpretazione dell’esistenza umana che si è evoluta nella post modernità ha prodotto non soltanto “verità” un tempo non praticate perché addirittura non immaginate, ma ci obbliga a trovare continuamente modi per rapportarci come singoli e come comunità ai cambiamenti, mentre quello che alla mia generazione sembrava rivoluzionario, la partecipazione attiva alla “società aperta” proposta da Karl Popper , oggi appare relativizzata dalla sottomissione al metodo scientifico, tanto specialistico quanto parziale.

Rivaluto una volta di più la compiutezza del pensiero di Benedetto XVI sul relativismo. Paradossalmente, se non si ha coscienza della molteplicità dei saperi e della vastità di ciascuno di essi non si può determinare neppure la veridicità di una notizia. Si entra così nel regno della post-verità, si apre il portone della fake-news, non del fatto che è tale perché è un fatto, ma del fatto che diventa tale perché è alternativo a quello che ci è stato proposto.

L’esempio che subito ci sovviene è stato quello immediatamente successivo alla strage del 7 ottobre ( fatto) dichiarato dagli assassini come caccia all’ebreo da “sterminare” ( fatto) equiparato per importanza alle politiche di Israele successive all’occupazione di terre non sue ( non fatto), ed alla occupazione e stragi possibili in Gaza ( non avvenute) La fake-news diventa fatto, come il bombardamento non avvenuto per mano israeliana di un ospedale ( seicento morti dichiarati da un sedicente ministero della sanità di Hamas) ma, come accertato, per una disgraziata manovra fallace di un missile di Hamas erroneamente lanciato contro un obiettivo sbagliato ( deposito di carburanti attaccato all’ospedale).
Una fake-news che diventa un fatto per la stampa mondiale e per agenzie dell’ONU finanziate da ricchi donatori arabi dichiaratamente non amici di Israele (circostanza vera, risultante, come è ovvio, dai libri contabili).

La necessità che sentiamo di dover soddisfare è quindi quella di non scrivere singolarmente sulle plurali emergenze, ma di porgere la dovuta attenzione alla emergenza più grande, e cioè a quei fatti (se parlassimo di filosofia li definiremmo concetti) che essendo stati per varie e differenti ragioni nascosti, sottovalutati, misconosciuti, emergendo alla visione, diventano realtà, news.

Se non c’è verità non c’è realtà e non può radicarsi un Ordine mondiale, che perché sia tale deve essere condiviso, il che non può accadere se non nella verità.

Nello stesso tempo l’emergenza (quella grande, formata dalle tante emergenze separate), che non è “stato di eccezione” ma normalità del post-moderno, assume il ruolo positivo di animatore dell’Ordine globale securitario e pacificatore.

Ecco perché scriviamo, ecco il metodo che uso per evitare che il fatto alternativo si trasformi nel fatto reale.

Ci vorranno settimane perché la strategia miliare messa in atto da Israele nella striscia di Gaza si concluda.

A differenza della guerra dei sei giorni i tempi nuovi e la costruzione sotterranea di efficaci presidi che offrono occasione a distruttivi contrattacchi obbligano l’esercito a seguire una particolare strategia. Attualmente operano tre divisioni: 30.000 uomini e 50.000 di supporto, non essendo a conoscenza di quanti dei 30.000 combattenti di Hamas siano ancora in condizione di rispondere alla catena di comando rimasta. Gli israeliani hanno isolato le roccaforti del Nord e procedono con cautela per evitare perdite nell’ espugnarle.
Sostanzialmente è una operazione quartiere per quartiere oggi in un territorio, poi in tutta Gaza, divisa in tante parti. I militari usano tecniche già collaudate nelle Filippine per liberare Marawi dove si erano asserragliati gruppi jihadisti; chi ha studiato la guerra urbana ha denominato questa tattica SLICE (acronimo formato dalle lettere iniziali di strategize, locate, isolate, constrict and eliminate).

La guerriglia urbana è la più pericolosa per gli attaccanti e l’esperienza maturata sia nelle Filippine che a Mosul (tra il 2016 ed il 2017) ha dimostrato che gli jihadisti non hanno mai esitato ad usare la popolazione civile come scudo umano.
A Mosul 10.000 civili furono sacrificati con grande cinismo, mettendo politici e militari dinnanzi al drammatico quesito di optare tra la morte dei propri soldati o quella di civili innocenti.

Si può comprendere la ragione che spinge gli Stati Uniti e l’Unione Europea a consigliare frequenti pause nei combattimenti. La speranza è quella di invitare e permettere ai civili di lasciare le zone di combattimento salvando la propria vita.

Naturalmente queste settimane dovranno servire a trovare una soluzione in più tappe per consentire ai rifugiati che si allontanano di trovare posti sicuri e certezza del ritorno, assistenza nella riedificazione, appoggio nella solidificazione del progetto, che non può rimanere una idea tra le altre, di uno Stato palestinese, nella certezza che né Israele, né gli USA restino sul territorio.

Ci sarà spazio per parlare della interconnessione di queste emergenze con le altre a cominciare dal rinnovato spirito concorrenziale USA-CINA. Pechino non potrà esercitare un forte sostegno economico. L’FMI ha studiato il ruolo macroeconomico degli Ied (gli Investimenti esteri diretti) ed ha scoperto che questi provengono generalmente da Stati che fanno parte dello stesso blocco geo-politico. La Cina ha ricevuto nel 2022 (il dato ultimo e certo a disposizione) nei settori strategici della sua economia il 60% in meno del 2015. Gli USA hanno invece ricevuto il 43% in più. Il dato parziale di ottobre-novembre che è stato messo a disposizione mette in rilievo che per la prima volta dal 1998 gli Ied in Cina son risultati di segno negativo. Il Pil cinese che nel 2021 era pari al 75% di quello nordamericano è tornato a quello del 2017, il 64% di quello americano nel terzo trimestre.

Se la Via della Seta non ha funzionato (anzi ha contribuito al credito inesigibile di 1300 miliardi di dollari per prestiti a paesi terzi), a Washington è stato registrato che l’ultimo trimestre è stato il più positivo degli ultimi anni e che l’inflazione si è placata.

È immaginabile che il necessario contributo di Pechino alla ricostruzione per i territori palestinesi non passerà attraverso finanziamenti ma operazioni di appeasement, che gli USA rivendicheranno le forti spese che stanno sopportando per la difesa, e che paesi arabi ed UE saranno chiamati ad attivi ruoli di cooperazione che non potranno escludere la Cisgiordania.

E tutto questo non potrà avvenire senza il consenso di un nuovo governo israeliano, probabilmente di una nuova maggioranza parlamentare capace di bloccare, specialmente in Cisgiordania, violenze e arbitrii che, con la libertà, la radicata democrazia che lo contraddistingue, il popolo israeliano stesso, attraverso la più libera stampa che io conosca, sa bene e vuole risolvere, certamente non mettendo a rischio la sua esistenza, la sua sicurezza.

Non fatti alternativi, quindi, ma un Ordine mondiale obbligato a stare al passo dei tempi e delle esigenze.


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