IL SOL DELL’AVVENIRE

Eravamo agli inizi del 1886 quando Filippo Turati, componendo le quartine per “L’inno dei Lavoratori” scriveva “… su venite in fitta schiera, sulla libera bandiera splende il sol dell’avvenir”.

Quel sole nascente aveva un immenso significato simbolico, ma probabilmente ignorava (o fingeva di ignorare) di avere alle spalle un’ancor più grande retroterra che aveva accompagnato tutta la Storia e la elaborazione degli ultimi millenni.

Non si trattava, infatti di un semplice appello verso il futuro. Il messaggio conteneva e diffondeva la ferma convinzione che stava per giungere un’Epoca illuminata finalmente dalla Giustizia e dalla Libertà.

Non si trattava certamente della prima volta che questa ineluttabile prospettiva si presentava ad agitare i cuori delle persone.

1800 anni prima le giovanissime comunità cristiane erano pervase dalla certezza che alla predicazione e alla Resurrezione del Cristo avrebbe fatto seguito prestissimo l’Avvento del Regno.

Ci volle la grandezza di pensiero e la capacità di convinzione di San Paolo per spiegare a quei primi cristiani che la prospettiva di palingenesi contenuta nel messaggio evangelico non era di carattere storico e non poteva essere applicata al divenire materiale delle cose del mondo.

Essa diventava così una dimensione strettamente individuale che corrisponde alla condizione stessa della specie umana e la caratterizza.

La consapevolezza della “necessità della morte” e della successiva nascita di una nuova Vita in cui si verrà giudicati e il Bene vincerà comunque sul Male è il vero elemento (almeno per quello che ci risulta) di differenziazione tra la nostra specie e le altre viventi sul pianeta Terra.

Naturalmente l’affermarsi di questa concezione astorica richiedeva, e richiede, l’esistenza di una struttura a carattere storico che si renda garante non soltanto della prospettiva finale ma soprattutto indichi le forme e le strade per portare ognuno a quel momento finale, ineludibile e insieme portatore di una nuova Vita.

Questo strumento è, naturalmente, la Chiesa che assume su di se l’onere di rappresentare sulla Terra, e soltanto nella dimensione materiale, quella superiore Comunità.

La Chiesa possiede dunque una straordinaria dimensione contemporaneamente temporale e atemporale.

Costituisce, insomma, il luogo della Identità e della Attesa.

Ora, il paradosso è che identità e attesa (stavolta senza maiuscola) sono le caratteristiche portanti sia del messaggio turatiano con cui abbiamo iniziato il ragionamento sia di gran parte delle forme di identità politica e culturale che si sono presentate dall’Ottocento in poi (e non sempre con caratteristiche positive o condivisibili).

La attesa di un momento finale (il sol dell’avvenire) in cui le cose verranno finalmente rimesse a posto necessita inevitabilmente di un organismo intermedio in cui siano già in vigore le regole che ci si auspica governeranno il mondo intero.

In assenza di questo intermediario storico prevalgono inevitabilmente posizioni estreme e velleitarie.

Se non vi un ponte che mi porti verso quel mondo più giusto e felice cosa mi può impedire di “pretendere” di tentare di realizzarlo ora?

E come non pensare che, se il bene non trionfa subito, la colpa sia degli indegni che fingono di rappresentarlo attualmente?

Tutto questo per cercare di sostenere che la società umana ha avuto sinora bisogno non soltanto di prospettive più vaste della sola vita di un individuo, ma anche di strutture sociali che anche nell’oggi garantissero di lottare per un obiettivo e, intanto, di cercare di applicarlo immediatamente.

Per Filippo Turati il sol dell’avvenire era affidato al Partito dei Lavoratori (poi Partito Socialista).

Gli altri avevano valori e prospettive diverse ma la logica era sempre la stessa: Identità ed Attesa, impegno nell’oggi e prospettiva storica.

Ma qualcosa deve essere successo nel corso degli ultimi anni, almeno in Italia.

Si è diffusa, sino a prevalere, l’idea che non si deve mai essere “divisivi”.

Vale a dire che non dovrebbero mai essere assunte posizioni o punti di vista che possano essere considerati fastidiosi da chi non ne condivide il contenuto.

La conseguenza immediata di questo prevalente atteggiamento è il divieto (o comunque la scomparsa) del giudizio in termini di valore generale e assoluto.

Faccio, se mi viene permesso, un esempio specifico.

Io posso essere, come sono, contro la genitorialità surrogata e tentar di agire in sede legislativa per impedirla.

Ma se spiego che si tratta di una pratica, a mio avviso, di carattere nazista che prefigura una società in cui non posso riconoscermi verrò considerato offensivo o, perlomeno, divisivo.

Se un credente condanna, in base al suo Credo, come inaccettabili alcuni comportamenti verrà valutato e condannato come non rispettoso delle libertà altrui.

Eccoci giunti al cuore della questione.

Gli esseri umani non condividono (e forse non hanno mai condiviso) una comune idea di società perfetta.

Il mio sol dell’avvenire non illuminerà mai una società in cui chi possiede il denaro possa affittare un corpo per divenirne poi padre o madre del frutto.

Sarei disposto a sacrificare una porzione di libertà e di democrazia in cambio del blocco di questa pretesa.

Ma chi la pensa diversamente dovrebbe solo avere il tranquillo coraggio di dirlo, dichiarandosi a favore di quel preteso diritto.

La non condivisione di principi anche morali non comporta alcun problema.

Ciò che è inaccettabile è la pretesa di elidere qualunque diversità, avendo come obiettivo formale il non essere divisivi.

Aggiungo, per finire, che questa logica sbianchettante è oggi particolarmente pericolosa.

Siamo, di tutta evidenza, sotto l’attacco e la pressione di una cultura di massa basata su valori assoluti e sulla prospettiva, a carattere storico, di costruzione di una società basata su quei valori.

L’attacco che il mondo islamico sta ancora una volta portando al nostro mondo dispone di modalità ed armi che lo rendono pericolosissimo.

Il coraggio suicida dei miliziani si unisce perfettamente con la disponibilità finanziaria pressoché assoluta.

Una straordinaria abilità diplomatica, unita alla capacità corruttiva permessa dal denaro innabondanza, ci porta ad accettare il dialogo con realtà che applicano regole che sarebbero per noi inaccettabili.

Il modificarsi del contesto internazionale con la presenza delle Nazioni provenienti dalle dittature comuniste crea un quadro ulteriormente preoccupante.

Oggi la battaglia si svolge drammaticamente in quel di Gaza ma presto potrebbe giungere sotto le nostre porte.

Ma noi non vogliamo essere divisivi.


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