COSA ACCADE AL CERVELLO DOPO LA MORTE?

Dopo le molte esperienze raccontate da chi si è trovato a un passo dalla morte (rivisitazione veloce della propria vita come in un film, attraversamento del tunnel, percezione di leggerezza, visione di un Essere di Luce, intensa sensazione di pace…) sono sorti parecchi e legittimi interrogativi in merito: sono verità o produzioni allucinatorie di natura autoconsolatoria? A chiarire la natura dei loro contenuti in questi ultimi decenni sono stati i diversi studi scientifici avviati. Vediamo ora un po’ più da vicino a quale stadio sono pervenute le ultime ricerche relative all’attività del cervello in alcuni momenti subito dopo la morte.

Dopo la cessazione del respiro generalmente il cervello muore dopo 8-20 minuti. L’anossia nelle cellule nervose avvia il processo catabolico (scomposizione di molecole grandi in quelle più piccole), con il ritardato trasporto di elettroni, l’aumento della permeabilità della membrana cellullare con cambiamenti distruttivi nelle cellule, danni alla stessa struttura cellulare e la scomparsa di RNA e DNA. Dopo due ore dalla morte appare il raffreddamento delle mani e della pelle del viso: l’anima (o Spirito, Mente) può lasciare il corpo e esistere anche senza di esso. Stando agli studi e alle esperienze del prof. Konstantin Korotkov, riportati nel lavoro “La Luce oltre la Vita”, la coscienza dopo la morte conserverebbe alcune caratteristiche: la tridimensionalità (coesistenza contemporanea nello spazio), la presenza sincronizzata di componenti informazionali, la propagazione istantanea, il mantenimento della individualità modellata da campi informativi provenienti dalla famiglia, dall’ambiente e dalla società, l’esistenza nello spazio-tempo.

Sempre secondo lo stesso Autore diverse sarebbero anche le colorazioni che con la camera Kirlian il corpo assume anche dopo diversi giorni dalla morte (permanenza in qualche modo della energia vitale, anima o altro di natura chimica?).

Già nel 1975 il medico Raymond Moody aveva raccolto le testimonianze di 150 persone sopravvissute al coma, descrivendone i fenomeni a esso connessi (tunnel, Luce, sensazione di pace profonda…).

Nel 2009, L. Chawla (Medico di Rianimazione e Terapia Intensiva) e colleghi della G.Washington University hanno pubblicato quanto osservato in sette pazienti in condizioni gravissime, nel momento in cui sono state interrotte le terapie di sostegno vitale: a esse è subito seguito un leggero picco di attività elettrica registrata dall’EEG, prima che il valore sul macchinario crollasse a zero. All’inizio Chawla ha pensato che ciò potesse riferirsi a una crisi epilettica o che il cervello in quel momento potesse rilasciare l’energia rimasta. Ma dopo aver controllato per uno dei pazienti alcuni altri dati dell’EEG sfuggiti all’esame del team, Chawla e colleghi hanno scoperto che l’attività cerebrale non coincideva con nessuna delle due ipotesi formulate. Il segnale elettrico, rispetto a quelli più bassi emessi dalle onde Alfa, Beta, Theta e Delta, era sulla frequenza più alta (42 hertz), associata alle Onde Gamma, un altro dettaglio “decisamente inaspettato”, dice Chawla, perché le Onde Gamma sono legate alla Coscienza e alla Conoscenza. A spiegare oggi questo fenomeno dei cosiddetti ricordi pre-morte è stato uno studio coordinato dalla Medical School dell’Università del Michigan, dove da anni vengono condotte ricerche di questo genere, che ha mostrato come, anche dopo che il cuore ha smesso di battere, il cervello di una persona può continuare la sua attività, producendo ricordi. Lo studio è stato pubblicato ultimamente sulla rivista Pnas. “Questo concetto binario di vita e morte è antico e obsoleto”, commenta a Science Sam Parnia, Pneumologo del Langone Medical Center della New York University, come a dire che tra la morte e la vita non c’è una sospensione o un annullamento ma solo una diversa “continuità” fra la prima e la seconda, possibilità peraltro ancora tutta da scoprire. Questo, però, sarà un altro discorso!

In uno studio internazionale pubblicato su Frontiers in Aging Neuroscience (2016) si è registrata per la prima volta in assoluto l’evidenza di attività cerebrale nei momenti antecedenti e successivi il passaggio dalla vita alla morte di un paziente. Risultati simili erano stati riscontrati in precedenza sui topi, mai però su un essere umano. L’87enne paziente, epilettico, era sottoposto ad elettroencefalografia continua per registrare eventuali convulsioni quando è improvvisamente deceduto per infarto cardiaco. I medici sono stati così in grado di riportare con l’EEG l’attività cerebrale prima e dopo l’avvenuta morte, concentrandosi in modo particolare sui 30 secondi a cavallo del decesso, prima e dopo l’infarto. In quel lasso di tempo è stata misurata una crescente attività (sino a frequenze alte) delle cosiddette “Oscillazioni Gamma”, che entrano in gioco quando il cervello è in fase di elaborazione dei ricordi, va meditando o è in stato di coscienza, comprendendo apprendimento e memoria. Un altro studio à stato pubblicato nel 2017 dalla King’s University College all’Università di Western Ontario. Altri ancora nel 2021 (Jan Classen, Colunbia University) e nel 2022 e riguardano pazienti morti nonostante l’intervento medico. L’aspetto interessante, dice ancora Lakhmir Chawla, che ha scritto diversi articoli sull’argomento, è che a quel punto né sangue né ossigeno fluiscono più verso il cervello.

Nel novembre 2022 alla annuale conferenza scientifica della American Heart Association tenutasi a Chicago è stata presentata una ricerca, condotta dal Dottor Sam Parnia assieme a un team di ricercatori della Grossman School of Medicine e del Langone Medical Center della New York University (NYU). Nello studio si riportava la registrazione dell’attività cerebrale straordinaria nei pazienti in arresto cardiaco, dando così un supporto scientifico alle esperienze extracorporee di cui si sente spesso parlare. A tale indagine sono state sottoposte 567 persone in rianimazione cardio-polmonare (RCP) negli Stati Uniti e in Inghilterra tra il 2017 e il 2020, venendo monitorata di esse l’attività cerebrale nascosta. Dall’analisi di questi soggetti, secondo la ricerca, si evince “La presenza della consapevolezza dopo il ritorno alla normalità: uno studio multicentrico sulla coscienza e la consapevolezza durante l’arresto cardiaco”.

Per far luce su come il cervello si comporti durante la morte, Borjigin e il suo team (Università del Michigan), nello stesso periodo hanno esaminato in un loro studio le cartelle cliniche di quattro pazienti in coma, senza alcuna possibilità di sopravvivenza, sottoposti all’esame dell’elettroencefalogramma, per registrare l’attività elettrica del cervello. In particolare i ricercatori si sono concentrati su momenti specifici: prima e dopo che i medici hanno rimosso i ventilatori, durante l’ultimo battito cardiaco misurabile e fino a quando tutta l’attività cerebrale era cessata. Pochi secondi dopo che i loro ventilatori erano stati rimossi, raccontano i ricercatori, il cervello di due pazienti ha mostrato un’esplosione di attività neuronale sulla frequenza delle “Onde Gamma”, anche dopo che il cuore aveva smesso di battere. Dalle analisi, inoltre, i ricercatori hanno osservato un aumento dell’attività elettrica anche in una regione del cervello chiamata “Giunzione Temporoparietale”, che si ritiene sia coinvolta nella coscienza e si attivi durante i sogni, le convulsioni e le allucinazioni. Questa esplosione dell’attività cerebrale, ipotizza il team, potrebbe far parte di una modalità di “sopravvivenza” in cui il cervello entra una volta privato dell’ossigeno. È come se esso “chiudesse la porta al mondo esterno per occuparsi dei problemi interni”, commenta Borjigin. Continuare a cercare risposte su come avviene questo processo è fondamentale, conclude Zemmar, perché “la morte è ancora un mistero, non sappiamo ancora davvero cosa sia”.

Come spiegare qui il verificarsi in tali ricerche di questi fenomeni (Onde Gamma, collegate ai sogni e agli stati di coscienza, attivazioni di ricordi nell’ippocampo-sede della memoria…)? Sono un frutto dell’evoluzione della specie, una forma di addio, forse un modo di dire “Grazie” al corpo in maniera soft per il servizio reso alla Vita, magari accompagnandolo dolcemente con l’attivazione dell’ipofisi da parte dell’ipotalamo e la conseguente produzione di endorfine o qualcosa d’altro? Chissà!

Sono queste conoscenze da ricollegare alle cosiddette “Esperienze di pre-morte”? La Fisica Quantistica, con il riferimento al “Principio di Granulosità” (Spazio non compatto), non sta anche ipotizzando che alla compressione della energia (Buco Nero= Tunnel) possa comparire alla fine la Luce leggera e liberatoria del Buco Bianco (metaforicamente il potenziale Essere di Luce)? Per la prima volta nel 2021 è stata osservata la luce proveniente dal lato non visibile di un Buco Nero: l’oggetto celeste è situato nella galassia a spirale I Zwicky 1, nella Costellazione dei Pesci, a 800 milioni di anni luce dalla Terra. L’osservazione è stata effettuata dalle missioni Xmm Newton dell’Esa e Nustar della Nasa, che hanno intercettato bagliori estremamente luminosi prodotti dai raggi X emessi dall’oggetto in banda appunto X. La scoperta ha sorpreso gli astronomi che non si aspettavano una visuale dalla parte retrostante di un Buco Nero, dato che la luce non gli può sfuggire. L’estrema forza di gravità dell’oggetto, invece, ha deformato lo spazio attorno ad esso permettendo l’osservazione del fenomeno da parte delle due sonde.

A questo punto, ampliando e spostando l’attenzione sull’argomento delle NDE (Near Death Experience: Esperienze ai confini della morte), ci sarebbe da chiedere: dopo il Buco Nero della morte non potrebbe venir fuori la Luce di un potenziale Buco Bianco di una diversa Vita? Questa certamente è una ipotesi o, se si vuole, una intuizione, che comunque rimane sempre una fonte di potenziale informazione. Non sarà, per il momento, ancora dimostrabile, ma, allo stesso modo di tutte le altre scoperte scientifiche, si presenta comunque come un processo di conoscenza lento e tutto in fieri e solo il futuro potrà dare una Risposta esauriente a una Domanda così cruciale posta dal mistero dell’umana Esistenza. Concludo con un pensiero del Poeta portoghese Paulo Coelho “Noi viviamo nella particella microscopica di un enorme mistero” e con un altro dello Scrittore francese Anatole France, Premio Nobel per la Letteratura (1921) “Il fascino che maggiormente seduce le anime è quello del mistero. Non esiste bellezza senza velo, e ciò che preferiamo è ancora l’ignoto”.


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