CIVISMO E CITTA’ ROCK ‘n’ SLOW

E’ di qualche giorno fa la dichiarazione del sindaco di Milano, Beppe Sala, che ridimensiona il concetto di città H 24 cioè senza limiti non solo di orario. 

Le città H24 sono simbolo di opportunità e vita appagata da servizi per i cittadini e da risposte veloci senza soluzione di continuità. Diciamolo con franchezza per i cittadini “clienti dei servizi della città” (civis romanus sum) questa opzione è comoda,mentre per la gestione del “sistema città” si crea qualche sfrido sociale,di governance municipale,di boomerang sulla salute.

Smart e velocità sì, ma da integrare con la lentezza; senza entrare in situazioni estreme:cioè la velocità asfittica e in debito di ossigeno operativo,ma neanche la lentezza atarattica. 

In Italia le ideologie del “movimento lento” sono degli anni ’80, quando Slow Food reagì al fast food. Slow food ,oggi ,è un marchio oggetto di brand extension e di stile di vita.  

Essa si riscontra in agricoltura (Agricoltura Slow) nei processi di produzione e consumo a Km 0, nel turismo (Slow Tourism, Slow Travel ecc.),in architettura (Slow Architecture versus Fast Architecture), nella moda (Slow Fashion versus Fast Fashion), design (Slow Design versus Object-design). 

Il cibo a km0 è un passpartout per le piccole realtà commerciali che raccontano la “storia” dei loro marchi e porta l’attenzione anche su dettagli qualificanti.Il civismo come rapporto “calligrafico”,puntuale e di prossimità con i cittadini esalta questo valore aggiunto. 

Inoltre la Cittàslow rivitalizza e protegge la vita urbana come “spazio” che diventa “luogo” ove si vive.  

“Vivere con lentezza” (titolo di un libro pionieristico di Bruno Contigiani del 2008 Orme ed.poi ripreso nel 2011 da Dalai ed.) vuol dire lavorare con ritmo continuo ed efficace. Non vuol dire essere in ritardo ed essere fuori dai principi di efficienza ed efficacia.

Essere in sincronia con i tempi della corretta gestione del sistema che è in relazione costante con l’evoluzione della domanda di servizi dei cittadini.  

A parte le intuibili conseguenze di minor traffico, smog, minore Co2,e quindi minor “effetto serra’, si è sottolineata l’esigenza del rallentamento come deterrente dell’ attivismo come iperattivismo patologico. Questo approccio è ormai condiviso da molte città del mondo. 

Eclatante e chiaro è il fatto che in varie città ed in molte strade sono comparse delle grandi scritte sulla carreggiata con il limite di 30 km/h ed altrettanto importante è la bicicletizzazione di molte città. 

Tutto questo sviluppa conseguenze climatiche positive, di socialità, di sicurezza non solo stradale, di economia circolare possibile perché si trova anche il tempo di riciclare e di adottare stili di vita che fanno delle riuso e della economia circolare un dovere istituzionale. 

Ma che cosa c’entra il civismo? A parte, la facile risposta collegata alle ripercussioni positive per i cittadini(cives)e quindi basata sull’ assonanza fra civismo e civis ,si ritorna sul concetto dell’evoluzione del civismo: da un approccio ove il cittadino ha coscienza dei suoi doveri civili in logica di educazione civica al civismo diadico che ha in sé doveri e diritti dei cittadini .;diritto ad avere opportunità di vita tramite servizi “on demand”,ma dovere a rispettare una velocità ed opportunità di vita con limiti di equilibrio per la convivenza. Non si può vivere “ad libitum” e senza freni. 

Una dinamica della domanda sociale,antropologica che chiama scelte istituzionali.  

 Una di queste domande a cui si risponde con servizi e scelte isituzionali multiple esprime l’approccio integrato fra velocità e lentezza in logica di equilibrio di ritmo.Quindi né vezzo di cultura della velocità,della città “rock”,ma neanche attardarsi in un lento fatalismo operativo senza sviluppare risposte.E’ il riconoscimento di un ritmo di risposta equilibrato ovviamente non lassista.  

I diritti del civismo esprimono esigenze di benessere e welfare che i cittadini percepiscono tramite servizi offerti dalle istituzioni pubbliche e private. Nel civismo c’è spirito di servizio,altruismo e rispetto dei “tempi di vita”.  

Il binomio civismo e città di business ed di imprenditorialità significa adottare una formula imprenditoriale equilibrata delle imprese dove tutte le funzioni aziendali sono integrate fra loro e tutte le persone costituiscono l’impresa creando ricchezza economica e sociale.  

Non so quanto artatamente, ma un ex primo ministro cinese affermava che: “Tutto quello che facciamo, lo facciamo per garantire che il popolo possa vivere una vita più felice, con più dignità e per rendere la nostra società più equa e più armoniosa”. 

La città “civica”è “la città veloce che compete”,che integra industria e finanza;essa è orientata alla ricerca ,alla progettazione; i settori trainanti sono la moda,le tecnologie avanzate,le banche e le assicurazioni, ma è la città di un lavoro che tende,sempre e comunque, alla ricchezza economica e sociale e si distingue da quella del “solo”(solo ricchezza,solo welfare,solo efficienza,solo efficacia). 

 Qualcuno adombra che la città veloce non possa conciliarsi con la città lenta,ma ,come sanno i maratoneti, per avere una buona “performance” bisogna allenarsi sul lento e sul veloce.

Il civismo municipale fa concertazione per decidere, programma per fare e non per annunciare, spinge la città ad assumere le contraddizioni come un dato su cui lavorare e non solo come un fatto da rimuovere in qualsiasi modo.Ascolta e risponde perché è prossima ai cittadini,li cura come “care” non come “cure”, tratta i cittadini da “clienti”(che come tali però non hanno sempre ragione” )e non da “sudditi”. 

Giorgio Armani osserva l’attuale fase storica come un’opportunità per rallentare, quale paesaggio necessario nel “dover rivalutare la catena del valore per il modello di business del fashion system e, in particolare, del lusso”, lasciando aperta tale opzione ad altri settori necessariamente interessati.  

Alcuni richiami:Milan Kundera con “La lentezza” (1994), il compianto sociologo Domenico De Masi, maestro del pensiero slow con i suoi primordi in “L’ozio creativo” (1997) in una intervista alla domanda: «C’è anche una riscoperta della lentezza?», ha sapientemente risposto: «Non c’è il minimo dubbio. Vengono percepiti i vantaggi di quelli che noi sociologi chiamiamo bisogni radicali: introspezione, amore, amicizia, gioco, bellezza, convivialità. Bisogni che avevamo represso per mettere al primo posto i bisogni quantitativi o alienati: potere, possesso, denaro».Ed anche nella prefazione al libro “SLOW” (S.Menetrey-S.Szerman-Egea ed.2014) sottolinea che “slow” si declina in citta’ slow che va contro la gentrificazione,slow money e profitto del non profitto ,slow education e tempo di apprendimento ed educazione lenta e sedimentata,fast education and slow culture,slow sex contro gli sbadigli della coppia . 

Il civismo mette insieme la città “rock” e “slow”.  


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