CHI E’ LAZZARO? LAZAR(US)

Seduta in poltrona al Teatro Argentina di Roma mi sono impegnata per seguire attentamente lo spettacolo “Lazarus” tanto atteso quanto nuovo.

A mio parere non era da inserire nel pamphlet del Teatro come spettacolo in abbonamento piuttosto quale evento da sponsorizzare maggiormente tra giovani in modo da accostarli ad un personaggio in grado di usare il loro stesso linguaggio. Un linguaggio finalizzato ad un teatro sociale fatto di musica rock, di una recitazione volutamente non enfatica, di video e non ultimo di voci assolutamente rispondenti al personaggio: David Bowie!

Chi è Lazzaro? Una domanda che apre una infinita razio che, a sua volta, dà adito a tante altre domande della serie: chi siamo noi per decidere chi è Lazzaro? Sembra un gioco di parole, ma assicuro che la risposta è molto libera così come è libera tutta la messinscena che ci riguarda molto da vicino.

Lo spettacolo voluto da David Bowie, tratto dal romanzo di Valter Tevis: L’uomo che cadde sulla terra, il migrante interstellare, prigioniero sulla Terra, incapace di gestire la sua esistenza sospesa tra la vita e la morte, affronta la storia del personaggio Newton e la racconta con l’intento di lasciare ai posteri il suo pensiero testamentario visto che conclude la pièce appena un mese prima della sua morte.

La regia di Walter Malosti ambienta la scena contemporaneamente su vari piani: l’appartamento claustrofobico ove vive il personaggio chiave interpretato dal bravo Manuel Agnelli, il quale si aggroviglia letteralmente su se stesso grazie ad una pedana girevole che si snoda davanti al pubblico, senza pudore, offrendosi nel suo pieno squallore, un grande schermo posto al di sopra si apre con una scena riguardante un uomo e una donna (forse una coppia?) In eterno contrasto causa la diversa visione della vita. A latere una band musicale che accompagna lo svolgersi di tutto l’ensemble.

Da sottolineare il canto di una ragazza dai capelli verdi, peraltro personaggio ambiguo in quanto non si capisce bene se è viva o è morta (da me intesa come speranza) con una voce celestiale che addolciva i momenti più oscuri della rappresentazione.

Tutto questo e di più nello svolgersi di una serata che ha tenuto gli spettatori in assoluto raccoglimento, ognuno intento forse a riconoscersi in quel Newton in preda all’alcool, ai ricordi, a flashback della propria vita aggrappata ad un amore finito. Un uomo fragile nonostante l’apparenza forzata, esibita con sfrontatezza a dispetto della sua incapacità di risolvere la sua esistenza, non sapendo concedersi la libertà di concludere l’eterna diatriba di vivere o morire.

Frammenti di vita, immagini sfocate, passano su pellicole corrose dal tempo, catturate dalla sua memoria per non dimenticare, da portare con sé per sempre, si ripresentano nella sua mente offuscata, intrappolate da fantasmi che tornano forse da un’altra vita. I personaggi che girano intorno a lui, cadono nella stessa trappola, la donna a cui non bastava più esserlo che rifiutava il suo ruolo di compagna alla ricerca di qualcosa che l’appagasse, reclamava il suo posto nella storia per essere ricordata, ma che alla fine, non si contentava più nemmeno di essere l’assistente, pur essendone innamorata, di un’anima come quella di Newton.

Questo alieno, caduto sulla terra, prossimo alla sua fine, in balia di se stesso, perso in un mondo che non riconosce, non coerente con la sua natura ribelle sì, ma profondamente umana si lascia morire. Paladino e mito per intere generazioni Newton Bowie sopravvive attraverso la sua musica, la sua arte tesa a raccogliere le istanze dei giovani, dei meno abbienti, di coloro che concepiscono la vita in un altro modo, spesso pagando di persona il pegno per la loro diversità. Attraverso la musica e il canto essi esprimono il loro desiderio di libertà condiviso da tanti altri, che come loro, sperano in un mondo migliore e in una rinascita a vita nuova.

Da “Cantare” di Primo Levi (3 gennaio 1946):

Ma quando cominciammo a cantare

Le nostre canzoni ……..

Fummo di nuovo soltanto giovani

No martiri, non infami, non santi!

Dunque, chi è Lazzaro?


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