ANTON BRUCKNER 1824 – 1896

Per metà un dio, per metà un babbeo”. Così Mahler poco cristianamente (parlando proprio di lui che era cristianissimo) descrive Bruckner, grande musicista ma piccolo uomo. Umilissimo e insicuro, privo di carattere, terribilmente influenzabile da tutti: dai colleghi, dai critici, dai direttori d’orchestra, perfino dagli orchestrali.

Primo di undici figli, Anton Bruckner entra presto in contatto con la durezza della vita: uno dopo l’altro gli muoiono ben sei fratellini. A tredici anni gli muore anche il padre. Lo stesso giorno del funerale mamma Bruckner lo porta all’Abbazia di Sankt Florian per affidarlo al priore.

Qui è più fortunato: ha buoni insegnanti e fa bei progressi. Ma finiti gli studi si trova a un bivio e sbaglia subito strada: invece di continuare con la musica decide di seguire la carriera scolastica.

Passa anni a fare il maestrino nei paesi del circondario, ma per fortuna la musica non l’ha abbandonata. Come primo punto di partenza ottiene la carica di organista nell’Abbazia di Sankt Florian, dove ha studiato.

Avrà anche fatto un passo avanti ma è rimasto il solito semplicione di sempre: pensa di essere in grado di cercarsi una fidanzata e poi non riesce neanche a decidere a chi proporsi. Con la musica gli va ancora peggio: spedisce a Ignaz Assmayer, notissimo docente viennese, qualche sua composizione da esaminare. “È meglio che lei cambi strada e abbandoni la musica” è la risposta.

Abbattutissimo, Bruckner si iscrive al concorso per un impiego di funzionario statale ma, è il colmo, lo bocciano anche qui.

Alla fine la musica sarà, malgrado tutto, la sua strada. Decide di andare a Vienna per un esame di organo con quello stesso Assmayer che lo aveva così maltrattato e che questa volta lo promuove a pieni voti. A Vienna incontra il meglio dei musicisti dell’epoca e tutti insistono perché abbandoni l’ambiente provinciale di Sankt Florian e si decida a debuttare in società nella capitale.

Il nostro timidone si mette in movimento: vince il concorso di organista per la Cattedrale di Linz e in questa città va ad abitare per un po’; poi fa un figurone all’organo di Salisburgo per il centenario di Mozart; finalmente ottiene il certificato di maestro di musica dal conservatorio di Vienna, con questa nota da parte di uno degli esaminatori: “Se io sapessi la decima parte di ciò che lui sa, mi stimerei felice. È lui che avrebbe dovuto esaminare noi”.

In un viaggio a Monaco conosce Wagner e se ne innamora perdutamente e, lo scoprirà in seguito, questa passione sarà uno dei grossi problemi della sua vita perché lo sbatterà nelle trincee della guerra fra wagneriani e brahmsiani che in quel periodo infuria e fa morti e feriti.

Nel 1867 è finalmente pronto a lasciare Linz, dove è diventato il bersaglio della gente che lo trova bizzarro, scorbutico e mal vestito “abiti tagliati da un falegname”, ma è anche molto preoccupato per l’imminente trasferimento a Vienna.

E allora che succede? Gli dà di volta il cervello. “Crisi paranoica, sovreccitazione estrema mista a un sentimento di totale abbandono”.

La sua nevrosi si manifesta con ossessioni ridicole: ha paura che il Danubio si prosciughi; si sente costretto a contare e ricontare tutti gli oggetti di casa. Lo ricoverano, lo curano con frequenti docce (evidentemente all’epoca considerate soprattutto una medicina) e finalmente si calma.

Riesce a diventare professore al Conservatorio e organista di Corte malgrado la feroce opposizione di colui che da questo momento si manifesta come il suo arcinemico: Eduard Hanslick, un notissimo critico fanatico di Brahms e ostile a Wagner e a tutti i wagneriani, quindi anche a lui.

A Vienna Bruckner ce la mette tutta, ma il suo carattere timido e paesano lo tiene lontano dai circoli che contano. In più la sua amicizia per Wagner comincia a manifestare spiacevoli controindicazioni e ad allontanare molti di quelli che gli servirebbero. Perfino l’insolente segretario del conservatorio arriva a suggerirgli di buttare le sue sinfonie nel caminetto e dedicarsi alle più redditizie riduzioni per pianoforte.

Nel ’73 va a Bayreuth da Wagner e gli porta da esaminare la Terza Sinfonia. Wagner la dichiara un capolavoro e ne accetta con entusiasmo la dedica. Ma quando Bruckner torna a Vienna ci trova ad aspettarlo, suo dichiarato avversario, niente di meno che Brahms in persona.

La guerra entra nel vivo con l’esecuzione trionfale dell’Anello del Nibelungo, a cui Bruckner assiste invitato dallo stesso Wagner. Proprio a causa della dedica a Wagner molti direttori si rifiutano di eseguire la sua Terza Sinfonia e allora la dirige lui stesso in una serata disastrosa fra fischi e urla del pubblico, il tutto aggravato dal grande successo, pochi giorni dopo, della Seconda di Brahms. In un conflitto così violento ci va di mezzo come sempre il proverbiale capro espiatorio, e stavolta tocca a lui, al povero, ingenuo Bruckner.

A proposito di ingenuità c’è questo tenero aneddoto: febbraio ’81, il grande direttore Hans Richter porta al successo la Quarta Sinfonia di Bruckner. Alla fine del concerto, l’autore entusiasta va sotto il podio e gli porge un tallero: “Maestro, prendete e bevete alla mia salute”. Richter, commosso, invece che in birreria, il tallero lo porta al suo gioielliere e lo fa montare sulla catena dell’orologio.

Malgrado questi occasionali successi, la vita di Bruckner continua grama a Vienna, anche per le manovre dell’arcinemico Hanslick. Più tardi, quando in Germania la sua fama è ormai solida e c’è chi comincia a paragonarlo a Beethoven, l’eco di questo successo arriva, irritandolo, all’orecchio di Brahms che reagisce definendo Bruckner “Un uomo privo di senno che i preti di Sankt Florian hanno sulla coscienza”. E non manca la pugnalata dell’arcinemico che aggiunge: “Il cervello di Bruckner è obnubilato dall’incenso”.

Nell’autunno dell’89 un gruppo di musicisti viennesi, per tentare una riconciliazione fra i due nemici, organizza una cena sociale all’Istrice Rosso, la trattoria di Brahms. Imbarazzo iniziale, poi, quando arrivano i knödel: “Ah, Herr Brahms, vedo che c’è almeno un punto su cui ci intendiamo”, fa Bruckner indicando il piatto e da quel momento la cena procede in serenità, ma, a parte i knödel, tutto rimarrà come prima.

Poi il declino: il successo aumenta, la salute cala e alla fine il povero Bruckner perde anche la sua ultima corsa con la morte e non riesce a finire la nona sinfonia.

Il suo corpo tornerà definitivamente là dove tutto era cominciato: a Sankt Florian.

SCOPRI DI PIÚ


SEGNALIAMO

  • GUSTAV MAHLER 1860 – 1911

    GUSTAV MAHLER 1860 – 1911

    “Nessuna luce illuminò i sintomi della sua nevrosi ossessiva. Era come scavare con un bastoncino in un edificio misterioso”


  • ICH LIEBE DICH


  • STORMY WEATHER. DOPPIO SPETTACOLO


  • GRAZIE CON MAX GONELLA


  • FRANZ JOSEPH HAYDN

    Povera, poverissima è la prima parte della sua vita. Ci sono dei momenti che non ha neanche abbastanza da mangiare. E infatti quando si parla del suo aspetto vengono fuori la bassa statura e la taglia striminzita, colpa della denutrizione, a cui, dopo, si sono aggiunti la calvizie e in faccia i segni del vaiolo.…


  • BUONSERA SIGNORINE …


  • Lo stress test di un Festival totalitario

    Lo stress test di un Festival totalitario

    Un’analisi dedicata alla 74esima edizione del Festival di Sanremo. Un rito totalitario. Un’autentica bulimia televisiva, una imponente polluzione transmediatica e forse l’ultimo alibi di quello che una volta chiamavano Televisione.


  • QUE VIVA AMERICAS!


  • GLI STRAUSS

    JOHANN STRAUSS FIGLIO 1825 – 1899 Papà era stato eletto Padre del Valzer; lui sale più in alto e ne diventa il Re (“Il Bel Danubio Blu”, che altro serve?) In una inchiesta dell’epoca risulta il più popolare personaggio di tutta l’Europa, preceduto solo dalla Regina Vittoria e da Bismarck. A diciannove anni richiede al…


  • QUANDO LA MUSICA CAMBIA IL MONDO

    QUANDO LA MUSICA CAMBIA IL MONDO

    Che emozione è vedere in un vecchio filmato conservato nelle Teche della Rai, due ragazzi del ’38 e del ’40 esibirsi con la stessa grinta di quando erano ancora due ragazzi, con una musica che ancora oggi, dopo 70 anni è ancora rivoluzionaria! Sto parlando, lo avete capito, di Adriano Celentano e di Antonio Ciacci…