Se ci si riesce ad immergere nella vita reale di Parigi, si ha la chiara sensazione che la costruzione di un mondo nuovo sia in atto, e come sempre, Parigi ne sia il cantiere, il laboratorio permanente. Il campo di battaglia. E gli atti terroristici, che non a caso, l’hanno colpita duramente, non sembrano essere in grado di fermarla.
L’ apertura dei Giochi Olimpici 2024 è stata una dimostrazione, con echi planetari, del ruolo che la Francia può giocare nella trasformazione sociale in corso.
L’ intera cerimonia per la prima volta nella storia è stata portata fuori dalla tradizionale cornice dello stadio, direttamente nel cuore pulsante della città. Ottantacinque imbarcazioni hanno trasportato 6800 atleti/atlete lungo la Senna verso la Tour Eiffel illuminata a festa, mentre lungo le rive, la storia, passata e presente, prendeva vita.
Le rumorose e colorate curve di spettatori lungo la Senna (che assistevano gratuitamente alla cerimonia) erano in netto contrasto con ciò che accadde alla inaugurazione dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020, dove le restrizioni da pandemia hanno impedito la presenza del pubblico. Tokyo ha rappresentato la tenace resilienza, Parigi sta rappresentando la gioiosa rinascita.
Tutti sono stati invitati a prendere parte alla rinascita che, partendo dallo sport olimpico, vuole comprendere l’insieme dei valori che fanno crescere la democrazia. Venerdì 26 luglio 2024 ci è stato presentato un manifesto di libertà, eguaglianza e fraternità con lo sguardo allargato alla sorellanza, parità ed eguaglianza.
Magnifico il riconoscimento alle maestranze che stanno lavorando sulle impalcature del cantiere che a breve ci riconsegnerà la nuova “Notre Dame da Paris”. Gli operai con le loro tute arancioni lavoravano agganciati alle impalcature accompagnati da una musica che utilizzava come fondo i colpi dei loro martelli sui ferri delle stesse impalcature e lo strisciare delle pialle sui legni del nuovo pinnacolo che sostituisce quello neogotico di Violet le duc distrutto dal drammatico incendio dell’ aprile 2019.
Emozionante il riconoscimento al mondo che vive nelle banlieu delle grandi città del mondo che è stato rappresentato dalla artista franco-maliana Aya Nakamura, la cantante francofona più ascoltata al mondo e voluta espressamente dal Presidente Macron. La possente cantante nera dai capelli biondo-platino ha cantato con il suo francese popolare, spesso non comprensibile, accompagnata dai musicisti della Guardia Repubblicana in uniforme, proprio davanti all’ Accademia francese, l’ istituzione che tutela la purezza della lingua.
Molto diverso ma ugualmente emozionante l’esecuzione de “La Marsigliese”. Il mezzosoprano Axelle Saint-Cirel, francese della Guadalupa, ha cantato l’inno nazionale francese in piedi sul tetto del Grand Palais, drappeggiata in un abito che ricordava la bandiera della Francia e il celebre dipinto “La libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix. Un momento raffinato, elegante e potente.
Indimenticabile il riconoscimento al mondo della moda con la grande sfilata nelle quale ogni abito costituiva una vera e propria opera d’ arte contemporanea con tessuti, colori, tagli, accostamenti arditi indossati con ostentata allegria e sfrontatezza dai modelli che sfilavano. Una esplosione folle di tessuti lussuosi, piume, frange, stampe e ricami non solo dei grandi stilisti a tutti ben noti ma anche della nuova generazione di giovani creatori-artisti.
Il tutto mentre il tedoforo mascherato danzava e saltava da tetto in tetto con la torcia olimpica in mano arrivando anche a calarsi da una botola dentro al Louvre davanti alla Gioconda “rubata”, un cavaliere altrettanto misterioso coperto da un cappuccio argentato e dalla bandiera olimpica, galoppava lungo la Senna e si svolgeva una grande festa pagana della tradizione greca: il convivio degli Dei sull’ Olimpo con il Re della festa, Dioniso (Bacco), vestito solo di grappoli d’ uva. Feste simili sono raffigurate in molti dipinti come “Le Festin des Dieux “del pittore olandese del XVI secolo Jan Harmensz van Bijlert conservato al Museo di Digione al quale gli organizzatori hanno fatto riferimento.
Davvero commovente il riconoscimento al ruolo delle donne nella evoluzione del mondo, rappresentato da 10 donne pioniere francesi nei loro ambiti. Proprio accanto all’ Assemblea Nazionale, una sede istituzionale che è decorata solo con statue di uomini che hanno fatto la storia di Francia, dieci nuove statue dorate di donne sono sorte dall’ acqua della Senna.
Olympe de Gouges, drammaturga e attivista francese, ghigliottinata nel 1793; Alice Milliat, pioniera dello sport femminile in Francia e nel mondo; Gisele Halimi, avvocatessa di origini tunisine contribuì alla nascita della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza; Simone de Beauvoir, scrittrice e filosofa, diede un cruciale contributo alle battaglie per l’emancipazione femminile; Paulette Nardal, scrittrice della Martinica, pilastro della nascita e crescita della “Negritude”; Jeanne Barret, esploratrice in Sud America; Louise Michel, insegnante e scrittrice rivoluzionaria durante la “Comune”; Christine de Pizan, prima scrittrice e poetessa di professione, diede inizio alla cosiddetta “Querelle des femmes”; Alice Guy, prima regista e produttrice cinematografica; Simone Veil magistrata e politica francese, sopravvissuta ad Auschwitz, prima donna presidente del Parlamento Europeo.
Il riconoscimento a queste donne si è svolto in modo meno appariscente rispetto ad altri momenti della serata quasi a significare il fatto che le loro storie, che hanno permesso alla Francia di essere quella che è oggi, probabilmente sono ignorate dai più. E così nei vari commenti apparsi sui media nei giorni scorsi, questa parte della cerimonia è stata ignorata.
La serata del 26 luglio 2024 ha permesso una ripresa innovativa e profonda dei temi e del senso delle trasformazioni sociali in corso che stiamo cercando di capire e anche di accompagnare affinchè le diversità non diventino disuguaglianze ma rappresentino un patrimonio per la comunità.
Solo Parigi poteva ideare e organizzare una serata così piena di umanità, di passione, di libertà, di creatività, di VITA. E solo l’ “Hymne a l’amour” cantato e a tratti urlato dalla magnifica Celin Dion poteva concludere una serata così coinvolgente.
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