LOUISE LEVÊQUE DE VILMORIN E L’ALPHABET DES AVEUX

Certamente non sono nuove le sorprese della lingua francese in tema di omofonie. In quella lingua intere composizioni possono essere costruite in modo da significare cose distinte. Anche composizioni in versi pur conservando la medesima pronuncia.

Louise Levêque de Vilmorin

Louise Levêque de Vilmorin (1902-1969), scrittrice pregevole (tra l’altro le si deve la sceneggiatura di Les Amants, il film di Louis Malle), fu poetessa validissima anche in simili acrobazie linguistiche, molte delle quali vennero riunite in una graziosissima raccolta intitolata L’alphabet des aveux (1954).

Queste sue due strofe presentano, ad esempio, verso per verso, la stessa lettura fonetica; il senso è invece completamente diverso.

S’EN VA L’HEURE

Au long des mois
par la Savoie
six reines, alors riant.
Paraissaient.
L’une, saoule et nue
et tard, osa ces mots:
«S’en va l’heure


Oh, l’onde et moi»,
parla sa voix
«Sirénes à l’Orient
paraissaient!
Lune sous les nuées,
ta rose a ses maux
sans valeur!».

L’Alphabet des Aveux muove dal piacere che la scrittrice provava nell’usare le parole a suo modo, un piacere che condivideva con Jean Hugo, un altro “amatore” di gioie espressive e rebus bizzarri, al quale si devono le illustrazioni di quel libro.

Louise de Vilmorin avrebbe potuto essere una virtuosa degli SMS: per lei, ‘élegie’ sarebbe stato LEJ, e ‘les baisers d’hier’ si sarebbe scritto LBZIR …

L’alfabeto delle confessioni ha la sua origine nel piacere delle parole e nella libertà di usarle; qualità che condivideva con Jean Hugo, un altro “collezionista” di gioie espressive e bizzarri rebus. Louise utilizzava calligrammi e allitterazioni, palindromi e olorime, e il gusto per tutto ciò la colloca nella tradizione dei poeti che vedono nel linguaggio la fonte stessa dell’invenzione più che il semplice mezzo per esprimere ciò che si ha da dire. Un gusto che non le impediva una lucidità e una profondità di pensiero.


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