LA VERITA’ SULLA NOSTRA PASTA ALLA CARBONARA

E’ arrivato il momento di dire la verità sulla “carbonara” di cui molti si vogliono attribuire l’invenzione, giocando sul nome e anche sul periodo storico in cui è nata.

Cominciamo a dire che i carbonari, quelli che fanno il carbone, non c’entrano per niente. E non c’entra affatto quella leggera spolverata di pepe nero, che, secondo qualcuno, l’avrebbe resa nera come il carbone. Niente di più assurdo per il gusto italiano, altra cosa se si fosse trattato di peperoncino, ma allora si sarebbe chiamata “peperona” e l’avrebbero inventata i calabresi. Alla fine spiegherò l’origine vera di questo nome.

Nel ricettario di Ada Boni, una gastronoma romana molto seguita, la cui ultima edizione risale agli anni Venti, la carbonara non c’è, quindi è giusto fissare la sua nascita al dopoguerra a Roma, anzi a dopo il giugno del 1944, quando Roma viene liberata dieci mesi prima del resto d’Italia. In quel giugno gli americani, insieme agli alleati inglesi si stabilirono a Roma.
Gli americani arrivarono portando, insieme alla liberazione dal fascismo e soprattutto dall’occupante tedesco che aveva tenuto la città nel terrore, anche sigarette, scatolette di cibi, cioccolate e gomme americane.
Tra queste portarono anche latte in polvere, polverina di uova e bacon. Tutta merce che loro regalavano e che poi finiva, in buona parte, al mercato nero che era proibito ma che si teneva egualmente in molte zone di Roma, in maniera clandestina, alla CARBONARA.
La cosiddetta “borsa nera” che la polizia americana tentava di reprimere per poi risorgere di incanto. Lo si vede bene nei filmati del Luce che all’arrivo delle camionette c’è qualcuno che grida “piove”, le bancarelle vengono sbaraccate in tutta fretta e la polizia se ne torna a mani vuote.

Gli osti romani si servivano in questo mercato clandestino, dove trovavano queste uova in polvere e il bacon che diventarono gli ingredienti della nostra CARBONARA.

Quindi gli americani portarono gli ingredienti (il bacon si trasformò successivamente in guanciale) che finivano sul mercato clandestino, dove si servivano gli osti romani, di qui il nome di CARBONARA.


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