LA TV (E IL SERVIZIO PUBBLICO) NELL’ERA DELLA DITTATURA DELLE PIATTAFORME …

… proprietarie dei nostri dati e della mediamorfosi prodotto dall’irrompere dell’Intelligenza Artificiale nel mondo della comunicazione audiovisiva

Con grande maestria Guido Barlozzetti racconta per i lettori di Democrazia futura “Le cinque giornate di Sanremo”, l’Evento per antonomasia di quel che resta della tv generalista e della tradizione nazional-popolare che ha espresso dalla seconda parte del Novecento ad oggi. Ricorrendo all’artificio retorico del climax in un crescendo (Il Presidente, I Trasgressori, l’Influencer), il festival della canzone avrebbe raggiunto la propria apoteosi nell’edizione di Sanremo 2023 e nello stesso tempo “Un punto di crisi”.

Con perizia l’autore ce ne spiega le ragioni, chiedendosi se “Sanremo è finito?”. “Non è il Titanic che si va a schiantare contro l’iceberg, no, è il grande transatlantico del Festival con cantanti e orchestra che, mentre celebra sé stesso, senza accorgersene, entra in un’altra dimensione che riguarda sia il modo di consumare, sia le strategie in base a cui quel consumo viene promosso e organizzato, sia il tempo-spazio in cui viene accolto. Una soglia, un punto di contatto critico, come la faglia di un sisma. – scrive Barlozzetti – È accaduto, in un modo in cui è difficile capire quanto sia dovuto alla premeditazione o alla superficialità, ma è accaduto ed è un punto di non ritorno”.

In un secondo articolo, Guido Barlozzetti apre la riflessione sul ruolo esercitato nell’ultimo mezzo secolo dai media nella nostra società con un breve quanto ficcante ritratto di Maurizio Costanzo accomunato a Bruno Vespa come grande cerimoniere “della conversazione del Paese con il Paese”. “Il grande burattinaio della televisione”: “Un ritratto fuori dal coro” come recita l’occhiello.  “A pensarci bene Costanzo ha fatto in televisione quello che la commedia all’italiana ha fatto al cinema, ha dato parola a un campionario di “mostri”, a un’umanità aspirante alla promessa mediatica della visibilità”.

Michele Mezza in una lunga analisi dal titolo “Chat GPT e la mediamorfosi della televisione” analizza “Gli effetti dell’irruzione dell’intelligenza artificiale nell’audiovisivo invitando la Rai e “Il servizio pubblico a realizzare il passaggio da quella che definisce come la ‘storiricizzata passività’ del pubblico “all’intraprendente complicità dell’utente”, ovvero attraverso il ricorso ai big data e alla “metarealtà di ogni nostra azione digitalmente meditata”.

Per Mezza stiamo assistendo a “La transizione dagli apparati hollywoodiani di produzione e organizzazione della narrazione attraverso un sistema espressivo di messaggi a un potere socio-tecnologico formato da un flusso inesauribile di dati. Nel Novecento “la base della visione del mondo era la categoria dell’industria culturale, ossia la percezione di apparati di produzione e organizzazione della narrazione che tendevano ad intrecciarsi, per poi sostituirsi alle catene fordiste nella produzione del valore che veniva generato mediante la costituzione di senso comune indotto dall’immaginario di massa.

Quella categoria – lo show biz – come architrave della struttura e non orpello della sovrastruttura– che ha retto fino ad oggi, animando la cosiddetta società della comunicazione, viene del tutto superata e ripensata mediante […] la transizione da un sistema espressivo guidato dai messaggi e non dalla produzione, messaggi che si fanno apparato tecnologico di controllo e dominio, come sostenevano i francofortesi, ad un altro modello di potere socio tecnologico, alimentato e formato da un flusso inesauribile di dati che vengono calcolati e ricombinati per riclassificare i contenuti e gli utenti. Un cambio di scena copernicano, che abilita il calcolo non più a supporto e servizio della nostra attività, ma a lingua vitale ed esclusiva del libro della vita, come scriveva Galileo Galilei”.

Infine, Giacomo Mazzone direttore responsabile di Democrazia futura parafrasando il titolo di un celebre film di Francesco Maselli, ella sua “Lettera aperta a un giornale della sera cinquant’anni dopo” si chiede se “Finito Sanremo […] la politica troverà finalmente il tempo di occuparsi del Contratto di Servizio della Rai. Un contratto che la politica sembra considerare un inutile orpello, come ne dimostra la storia, visto che le scadenze previste sovente non sono state rispettate”. Sottolineate “Le incertezze sulle risorse che verranno assegnate alla Rai dopo le dichiarazioni di Giorgetti sull’abbandono del canone dalla bolletta elettrica e l’impatto che [tale decisione avrà sul nuovo] Contratto di Servizio”, Mazzone illustra le ragioni che hanno spinto Infocivica, l’Associazione Italiana di Comunicazione Pubblica ed Eurovisioni a promuovere un Appello della società civile e delle professioni sul Contratto di Servizio Rai aperto alla sottoscrizione di tutti gli stakeholder interessati e di cui riproduciamo il testo qui di seguito.


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