LA GENERAZIONE Z-Gen Z E L’IMPRESA SOCIALE DOVE NON SENTIRSI “SBAGLIATI”

C’è un dato che ci deve far pensare con approccio manageriale: nel 2025 il 27% dei lavoratori sarà composto di giovani e donne che appartengono alla Generazione Z-GenZ e nel 2035 saranno la maggioranza assoluta dei dipendenti con un profilo di valori, comportamenti, esigenze diverse dalle attuali.

Un inciso storico della popolazione italiana esprime questa tassonomia:1) Generazione dei Boomer (1945-1965), 2) Generazione della Transizione- Gen X (1965-80), 3) la Generazione del Millennio e delle Reti, i Millennials (1980-96) 4) la Generazione “I”, la Generazione Z-Gen Z (1996-2010) e infine 5) la GenerazioneAlfa (2010-25).

Ad ogni generazione (una generazione succede ad un’altra su un arco temporale di 25 anni -il tempo medio dalla nascita di un genitore alla nascita del figlio) il mondo economico ha imposto un certo tipo di impresa
C’è un paradigma aziendale e imprenditoriale che connota i vari segmenti di popolazione. Fino ad ora le imprese sceglievano i giovani, in progress i giovani vogliono scegliere le imprese, le cui caratteristiche siano attive, percepite e performanti secondo il loro profilo culturale.

La Generazione Z è presente e futuro, è senza svolazzi e vuole aziende come strutture stabili dove gestire il lavoro come strumento di vita e non come fine.

Una dimensione di lavoro non come sogno, ma come dato di base per vivere con una solidità di vita ed una retribuzione sicura e senza parti variabili sfidanti. E’ la la Gen Z che in Italia conta circa 10 milioni di giovani.

Solo a Milano la Gen Z è una coorte di 185.000 cittadini di cui 70.000 circa hanno una età da inserimento lavorativo. A Milano il COVID-19 ha aumentato il numero dei NEET(Not in Employment, Education and Training);sono circa 50mila scoraggiati e demotivati e non cercano lavoro(alcuni colpiti da burn-out di ricerca di lavoro).Il tasso di disoccupazione alla fine 2020, per i giovani 15-24 anni ,era del 22,0%.

Questo cluster è quasi tutto dentro la Gen Z ed è necessario trovare azioni efficaci (politiche attive del lavoro, di incentivo a studiare?) per sviluppare una propensione a lavorare, a formarsi.

Il ruolo attivo dell’impresa dove i giovani non si sentono ”sbagliati” e dove possono realizzarsi.

Le ricerche sociologiche, economiche ed antropologiche sottolineano una forza di cambiamento delle Gen Z per questi motivi:

-è nativa digitale e cresce con il cellulare in mano ed è “mobile first”(il 97% ha uno Smartphone);

– “condivide e si connette sempre” con i propri pari e prevale un senso sociale ed altruistico;

-è connessa per circa 3h40’ al giorno e il cellulare è per 7 su 10 il modo migliore per “stare in rete”;

-non investe più di 8” per interpretare: quindi orientata all’immagine ed a youtube;

-il post gender ed il post race sono la normalità apprezzata.

Snapchat, Instagram, Youtube, Tiktok, Twitter , Facebook sono la grammatica comunicativa interna ed esterna all’azienda.

Essi sono attenti e critici sulle narrazioni manipolanti e basano i propri sogni su una realtà sedimentata.
Il portfolio prodotti -servizi delle imprese deve trasmettere valore sia economico sia di soddisfazione e valore sociale.
Per la Gen Z lo scopo –purpose dell’impresa deve irradiarsi da noi: aiuta a sbloccare il tuo pieno potenziale ed entrare nel cosiddetto flow.
Secondo lo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi il flow è lo stato che ogni essere umano è in grado di raggiungere quando è impegnato in qualcosa che lo appassiona e lo motiva nel profondo.

Il purpose personale in sintesi è semplice, azionabile, pratico, provato e sensato.
La Gen Z è su questa linea e si raccorda attivamente per la creazione di una impresa “purpose-flow”.
Una ricerca ha evidenziato il PYD (Positive Youth Development) dove la dimensione del “prendersi cura –caring” è la più gettonata e sentita come propria (4.2 su scala 0-5).

Funziona sempre meno la partecipazione religiosa e la fede , come nelle generazioni precedenti ,uscendo da ciò che non convince e che non si basa su esperienza (“ontologia continua”?) .

Le imprese dovranno sviluppare una habitat aziendale a prova di Nerd (smanettone del computer, ama le scienze, porta gli occhiali “spessi” e veste sempre casual). Non è più il secchione appassionato di nuove tecnologie; ha soft skills interpretate in chiave anche tecnologica ed è un intreccio di intelligenza, senso etico e creatività.

Alcune imprese trascurano la Gen Z perché giovane e economicamente insignificante.
La finanza sta facendo ricerca sugli investimenti “ad hoc” per la Gen Z e sta scoprendo che, in realtà, questa coorte di cittadini è già in grado di influenzare culturalmente, tecnologicamente ed economicamente la nostra società; essa esprime impegno sociale, è responsabile e valuta gli acquisti ricercando la simmetria comunicativa (si ridimensiona la “asimmetria informativa”).
Le pari opportunità non sono solo quelle di genere, ma anche quelle generazionali.

Solo un’Impresa Sociale profit o non profit, dove il dipendente è uno stakeholder che partecipa ed il “welfare aziendale” è sostanza e non accessorio imprenditoriale, è l’impresa “giusta” che ha il potenziale e la dinamicità creativa che “fitta” con la Gen Z e dove si può “essere” e non solo “esistere”.

La ratio della Gen Z è: scegliere per non farsi scegliere. Banalmente: lavorare per vivere e non il contrario.


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