INTERVISTA A FRANCESCA STRATICO’

REDAZIONE

Presidente dei Civici Europei

Una leadership condivisa, per combattere l’eccessiva personalizzazione dei partiti. Sarà affiancata infatti da Laura Specchio, professionista milanese e già capogruppo di Alleanza Civica e Presidente della Commissione Lavoro e Sviluppo Economico della Giunta Sala e Andrea Fora, imprenditore sociale e consigliere regionale in Umbria, dove guida il movimento politico Civici per, i quali si succederanno, a turno, nel ruolo di Presidenti della Federazione.

Una guida, quella eletta dalla Federazione dei Civici, caratterizzata da una grande motivazione e un profondo radicamento nel civismo di tutto il Paese. “La Federazione dei Civici Europei vuole parlare a tutto il civismo italiano – ha dichiarato Francesca Straticò – vogliamo costruire una proposta originale ed innovativa, con la convinzione di rafforzare un civismo organizzato, dotato di una forte identità, che privilegia i modi dell’intermediazione sociale, non in forme occasionali o ancillari”. Laura Specchio e Andrea Fora aggiungono che “la Federazione neonata intende rivolgersi in prima battuta a tutte le forme associative e civiche radicate nei territori, le uniche forme organizzate che hanno mantenuto la capacità di leggere i bisogni dei territori ed al più grande partito italiano, quello dell’astensionismo, che non crede più ai partiti tradizionali”

Stefano Rolando, professore universitario con grande esperienza e competenza di sistemi politici, è stato eletto Presidente del Consiglio Nazionale della Federazione.

Da oggi nel panorama nazionale non c’è una sigla o un partito in più, ma una piattaforma per accogliere tutte le esperienze civiche, i sindaci, gli amministratori, le associazioni che vogliono sentirsi protagonista di un percorso di cambiamento del nostro Paese, una Federazione per unire tutto il civismo che sente il bisogno di recuperare la frammentarietà e il localismo, dandosi una dimensione nazionale in grado di incidere nella politica nazionale e sul ruolo dell’Italia in Europa e nel sistema euromediterraneo.

Che c’è di nuovo nella proposta politica del movimento delle associazioni civiche che ha dato vita alla Federazione dei Civici Europei?

In questo delicato e particolare momento ed alla luce dell’entità di astensionismo registrato nelle ultime consultazioni, direi che questo apporto assume carattere fondamentale.  Siamo di fronte alla necessità ed alla urgenza di ricostituire con gli elettori un rapporto fiduciario ed il ripristino di questo rapporto non può che passare attraverso un’etica del comportamento e della responsabilità a garanzia di un orientamento diretto alla realizzazione del bene comune.  Il vuoto protagonismo della recente proposta politica, ben lontano dalla essenzialità di leadership efficenti ed efficaci, non ha, infatti, prodotto alcun risultato se non quello di abbassare il livello medio della proposta e determinare distacco e disinteresse. Occorre opporre questo fenomeno una proposta di politica partecipata, concretamente diretta a realizzare scopi utili e possibili e che abbia lucida visione per non agire, così come abbiamo visto fare negli ultimi tempi, solo di rimedio o in via emergenziale. 

In che modo la nuova iniziativa del civismo potrà influenzare gli sviluppi della situazione politica del nostro Paese?

Il civismo non è solo un atto di rispetto delle regole, ma un modo di ripensare alle regole non nel senso di dettami imposti, ma quali orientamenti condivisi e diretti in modo coordinato al miglioramento della società. La chiamata al civismo, infatti, non è solo una chiamata a seguire le regole, ma ad ideare ed indicare quelle più confacenti al momento storico di una società caratterizzata dal repentino susseguirsi di mutamenti. Un sistema di regole così inteso, nell’essere dinamico ed attivamente compartecipato, non può che favorire meccanismi di integrità morale e trasparenza e, dunque, sovvertire, di fatto, quello che fino ad oggi è sembrato un irreversibile decadimento del valore e dei valori della rappresentanza politica e dei suoi conseguenti effetti.

Qual è il giudizio della Federazione dei Civici Europei sulla situazione economica dell’Italia e dell’Eurozona?

Premettendo che la lettura della situazione economica di ogni Paese non può che essere fatta unitamente a quella degli assetti economico-politici internazionali, con ciò intendendo il grande rilievo dei sistemi finanziari e la necessità di non stravolgerne gli equilibri, v’è da dire che grande incidenza subiamo dagli effetti devastanti della pandemia, della guerra in Ucraina e dell’impennata dei costi per l’approvvigionamento energetico e che ciò delinea l’urgenza d’intervento in una situazione oggettivamente complessa.
Ciò detto, non può rinunciarsi all’obbligo prioritario di concentrare le forze per favorire uno sviluppo che sia sostenibile ed equo. È necessario prendere atto che stiamo pagando le logiche di sfruttamento esasperato e quelle di una sfrenata competitività e, soprattutto bisogna prendere atto della coincidenza tra quel benessere collettivo e quello individuale, che fino ad oggi ci sono sembrati alternativi e che sono, invece, interconnessi ed entrambi legati e collegati alla equità di distribuzione delle risorse ed alla tutela dell’ambiente.
Circostanza che, in poche semplici parole, significa cambiare ed invertire il corso delle cose determinato da indirizzi scelleratamente materialistici e consumistici che hanno ormai rappresentato, in modo evidente, di essere inadeguato sostegno per quasi tutte le fasce sociali ed anche una forma indiretta di pericolo per tutti i sistemi democratici.

Il prossimo tema delle politiche economiche, e non solo economiche, deve essere la persona e non solo i suoi margini di profitto o la sua utilità marginale.

Quali sono i principali strumenti con i quali la Federazione dei Civici Europei pensa di intervenire a sostegno delle fasce sociali e dei territori del Paese più deboli?

Quando si parla di etica e responsabilità della politica non può che farsi riferimento alla prioritaria necessità di abbattimento o, più realisticamente, di sostanziale riduzione delle disuguaglianze. Pur essendo, infatti, ben lontani dalla logica del “uno vale uno” e ritenendo che l’uguaglianza non significhi indifferenza, in ragione del profondo valore che diamo alla peculiarità delle individualità, riteniamo che, nel concetto profondo e realizzato di civiltà e democrazia, non possano e non debbano trovare spazio le profonde disuguaglianze che albergano nella nostra società e nelle varie aree del nostro Paese.
A questo fine riteniamo che le principali strategie da mettere in campo siano:

– Pratiche di implementazione di politiche economiche volte a favorire la crescita inclusiva e l’opportunità di lavoro e sviluppo in aree e fasce di popolazione svantaggiate, investendo in settori ad alto potenziale di crescita quale ad esempio quello dell’alta tecnologia;

– Attuazione di politiche fiscali e redistributive con l’introduzione di una tassazione più equa e diversificata, con la previsione di agevolazioni fiscali per l’implementazione di politiche di welfare più solide e per il recupero dei gap;

– Attuazione di investimenti nelle infrastrutture, principalmente diretti a ridurre il divario tra le regioni italiane a sostegno delle aree più svantaggiate;

– Adeguamento di politiche di istruzione e formazione alle reali esigenze lavorative ed occupazionali di una modernità sempre in più veloce divenire e che necessita di iper-specializzazione, senza con ciò pregiudicare quel patrimonio di creatività e artigianalità che va, comunque, formato, promosso e tutelato, costituendo un punto di forza del nostro Paese ed un biglietto di presentazione al mondo delle nostre capacità artistico-imprenditoriali;

– Politiche di inclusione sociale a favore di tutte le realtà svantaggiate dirette alla lotta alla povertà effettiva, alla inclusione lavorativa dei portatori di disabilità, ai programmi di integrazione per migranti e rifugiati, alla parità di genere, alla adeguata retribuzione dell’attività lavorativa ed alla adeguata tutela di tempo per la realizzazione personale che prescinde dal lavoro e, comunque, tutte quelle inequivocabilmente dirette alla equa distribuzione di opportunità e di condizioni di vita dignitose. Aggiungerei a ciò che, corollario di tutti i possibili obiettivi per la compiuta realizzazione di un adeguato livello di equità sociale, non può che essere la promozione della partecipazione attiva dei cittadini nel processo decisionale e nell’attuazione delle politiche, da quelle locali a quelle sovra nazionali.

In molti suoi interventi ha affermato che la nuova scommessa economica dell’Italia si gioca sullo sviluppo del Sud. In che modo e con quali risorse?

L’obiettivo di riduzione della disuguaglianza territoriale, che fino a qualche tempo addietro poteva intendersi diretto solo alla creazione di un’Italia più equilibrata e competitiva nel contesto globale, oggi assume, invece, caratteri molto più marcatamente significativi. Il meridione d’Italia ha una collocazione strategica all’interno del Mediterraneo che la rende esiziale, non solo per la capacità di essere riferimento nelle rotte commerciali idonee ad antagonizzare quelle indo-pacifiche, quanto per la sua prossimità a tutta la parte nord del continente africano che oggi costituisce quello con maggiori margini possibili di sviluppo economico in tempi brevi e brevissimi.
Queste caratteristiche, unitamente al patrimonio paesaggistico, alle bellezze naturali, al patrimonio identitario storico-culturale e delle tradizioni, all’estensione delle coste ed alla potenzialità di costituire snodo necessario per le transazioni commerciali dell’area mediterranea, rendono questa parte d’Italia, un elemento nevralgico e cruciale per tutti i futuri processi di sviluppo, non solo per il nostro Paese ma per l’Europa.
Senza contare che, nella scongiurabile ipotesi di escalation belliche, la sua posizione geografica la rende importantissimo presidio, che ci auguriamo possa sempre essere presidio di pace.
Queste pur rilevanti ragioni, sono comunque, da ritenersi superate da un prioritario imperativo democratico, che dovrebbe essere assunto dalla rappresentanza politica di ogni colore, non potendosi accettare che, in un Paese civile e democratico che rappresenta una delle principali potenze economiche mondiali, vi siano aree territoriali nelle quali i cittadini sono privati di diritti essenziali come il diritto alla salute, alla prevenzione ed alle cure. Una politica a larga partecipazione civica, contrassegnata da senso etico e responsabilità, non accetterebbe che cose come questa accadano.

DOSSIER SPECIALE

L’obiettivo di riduzione della disuguaglianza territoriale, che fino a qualche tempo addietro poteva intendersi diretto solo alla creazione di un’Italia più equilibrata e competitiva nel contesto globale, oggi assume, invece, caratteri molto più marcatamente significativi.