IL RINOCERONTE: “Del primato dell’intelligenza umana….”

IL RINOCERONTE

Sarzana. Festival della mente 2023.

L’intelligenza umana è (ancora) superiore a quella artificiale, almeno per ora. E il digitale per come lo vediamo oggi è un costante processo di “datificazione della vita” delle persone in tutti gli ambiti della loro vita quotidiana, nessuno escluso. Una radicale e pervasiva “trasformazione dell’azione sociale in dati quantificati disponibili online, che permettono un tracciamento in tempo reale e l’utilizzo degli stessi per l’analisi predittiva».

La disintermediazione di cui si è scritto e discusso in questi anni in realtà è una finzione, perché è praticante sempre intermediata da algoritmi e intelligenze artificiali. Sembra un paradosso, ma lo è solo in parte, nella cultura dell’uno che vale uno e nella crisi costante e crescente di sfiducia verso ogni sistema di rappresentanza il digitale è lo strumento decisivo che da forma ad una società in cui nel singolarismo si definisce l’orizzonte valoriale assoluto di ogni esistenza.

La disintermediazione intermediata rinvia al tema dei dati e di chi li possiede, al come e per che cosa li usa, al chi ci guadagna. Ma il problema vero, e molto serio della profilazione consiste nella capacità di influenzare fino a determinare le scelte di vita dei soggetti profilati negli ambiti più svariati, dalla politica al consumo, dalla religione ai riferimenti culturali.
Le biografie delle persone diventano dai o pattern di dati predefiniti e determinati da algoritmi, Black Box di cui spesso non si conosce il funzionamento ma solo gli interessi a cui rispondono. Questo riduce l’autonomia delle persone, a partire dall’autonomia “morale”.

A Sarzana si parla di intelligenze e di “meraviglie” nel dialogo tra Gerd Gigerenzer e Veronica Barassi. Gigerenzer è il direttore del Max Planck Institute di Berlino,“Perché l’intelligenza umana batte ancora gli algoritmi” è il suo ultimo libro tradotto da Cortina. Veronica Barassi, insegna all’università di san Gallo ed è l’autrice di “I figli dell’algoritmo”.
Il dibattito è stimolante. Il mondo del digitale è nuovo e inedito, cambia forma velocemente e concede poco tempo e poco spazio al legislatore che voglia provare a governarlo con regole nuove e condivise.

Negli ultimi anni si è parlato molto di etica del digitale, ambito affascinante che fino ad ora ha puntato sul metodo più che sulla sostanza e sul progetto. La tesi della Barassi è che l’etica da sola non è la soluzione, perché lo sviluppo tecnologico dipende e determina la cultura e la complessità sociale del contesto in cui opera e si sviluppa. Un approccio allo studio dell’etica “By design” sembrerebbe decisamente più promettente, perché consente di guardare alle leggi e alle norme fin qui messe in campo dalla politica mettendone in luce gli effetti e i limiti.

L’impianto legale e normativo che regola il mondo dei dati si basa sulla privacy, un concetto che è stato socialmente costruito e deriva da una precisa visione del mondo, una cultura liberale e individualista per cui la responsabilità ultima di tutte le cose ricade e risale sull’individuo.

Il sociale e il collettivo viene dopo. Servirebbe invece tenere tuitto assieme, la scelta individuale conta ma conta anche il sistema con tutti gli interessi in gioco, che esattamente come la tecnologia non sono neutri né inevitabili.

È tempo credo di rileggere Foucault mi sa, senza ideologia e senza pregiudizi.


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