CHE SPETTACOLO!

All’ombra dei cipressi e dentro le urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?”

Così nei Sepolcri di Ugo Foscolo, così nella realtà nessuno risponde, nessuno ci rassicura.

L’argomento che voglio trattare non è dei più allegri, ma ci riguarda molto da vicino, vorrei affrontarlo però in modo non angosciante, anzi impostarlo da un’altra angolazione da poterne anche sorridere. Senza mancare di rispetto, mi riferisco al funerale dell’anno ed esattamente a quello di Stato in onore di Silvio Berlusconi. È vero, l’argomento chiave erano le esequie solenni ma il contorno assolutamente, perdonatemi l’ardire, burlesque.Sembrava una gran parata, tutto era surreale una grande Kermesse con tanto di pubblico, bandiere colorate, cori, applausi, tutti elementi questi da attribuire più ad un raduno festoso piuttosto che a un funerale. Tutto questo però, ha reso la cerimonia più leggera; il mal capitato questa volta, era proprio lui Silvio quello nazionale, il simpatico colui che amici ed avversari riconoscevano come uno di famiglia pronto, almeno a parole, ad accorrere al momento del bisogno. Non è mia intenzione formulare giudizi di sorta nei riguardi di una persona che ha chiuso la parentesi della vita terrena, sarà poi la storia ad esaminare azioni e fatti e trarne le conclusioni.

Ma torniamo di nuovo al parterre: le donne tutte o quasi tutte erano vestite di nero simbolo di lutto addirittura ve ne era una con il cappellino anch’esso nero con annessa veletta ricordo vintage del secolo passato. Il colore nero è doveroso, data la circostanza, ma se andiamo a ricercare un po’ il suo senso scopriamo che, antropologicamente, esso si indossa ad una cerimonia funebre per non essere visti dalla morte. E’ umano difendersi come si può!

Gli uomini poi, tutti in fila intenti a stringere mani, pronti a cogliere l’occasione giusta per salutare gli uni e gli altri per ricavarne il proprio tornaconto. L’espressione dei loro volti, apparentemente, costernati addirittura su alcuni volti ci si scorgeva una lacrimuccia, non lasciava dubbi circa la loro incapacità di provare davvero il dolore della perdita. In ultima analisi l’omelia pronunciata dal Vescovo di Milano che, per non trovarsi in difficoltà, elogiava con tanti “vivere” la vita dell’uomo in generale per sottrarsi ad una valutazione imbarazzante di azioni, a volte poco ortodosse, relative al defunto. Insomma, ancora una volta l’ostentazione, l’apparire hanno prevalso sul buon senso e sulla pietas che in questi casi sono d’obbligo.

Se mi è concesso, anche in un caso come questo, parlarne in modo teatrale potrei citare “Eduardo” e la sua commedia “Gli esami non finiscono mai” nella quale mette, chiaramente, in evidenza e con grande ironia i comportamenti e i commenti dei partecipanti al triste evento che, senza pudore, giudicano vizi e virtù del povero defunto. E non solo ed ancora vorrei citare un altro grande quale “Toto” che con la sua “A livella” ci ricorda che: Passato quel cancello Nuje simmo serie, appartenimmo a morte!

Silvio, come uomo, è stato un lottatore, ha saputo accettare il giudizio, il trionfo, la sconfitta, per questo mi sento di paragonarlo ad un grande della storia e chiudere parafrasando i versi del Manzoni e dire di lui: “Più volte nella polvere più volte sull’altar”

A Silvio.


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