SEGUE DALLA PARTE SECONDA
In un’altra lettera del medesimo Lancisi al predetto vescovo si fa richiesta di ricercare le lettere del monsignor Morgagni al Nostro, dalle quali si possano avere ulteriori notizie sulle tavole perdute e la richiesta è resa più autorevole con la dichiarazione che Sua Santità personalmente ha incaricato il Lancisi.
A questo punto noi riteniamo che più importante di riportare quanto è stato fatto nella ricerca di eventuali tavole mancanti , sia illustrare il favore che Eustachio ha goduto nel mondo scientifico a lui contemporaneo e al successivo.
Riportiamo quanto ebbero a scrivere del Nostro i medici della facoltà di Lipsia:. “Tra tutto ciò che decanta la gloria immortale di Eustachio, basti riferire soltanto poche cose al di là delle altre delle quali fu Eustachio l’inventore o per lo meno il delineatore sia i suoi Opuscola Anatomica sia le presenti tavole parlano apertamente; nonostante alcuni inventori di altre cose successivamente abbiano provato ad attribuirsele.” E a riprova della gloria che la pubblicazione delle tavole ebbe dopo la prima stampa del 1714, una nuova pubblicazione fu messa a disposizione del teatro anatomico di Lipsia per lo studio e le lezioni dei lettori stranieri che non avrebbero avuto in tempo utile l’edizione romana.
E pochi anni dopo ci fu una nuova stampa a Roma ad opera di Rocco Bernabò.
E dopo un certo lasso di tempo una nuova edizione ad opera di Gaetano Petrioli, dottore romano e cerusico del re di Sardegna, grande cultore di anatomia e già autore di un brogliaccio dal titolo “dubbi anatomici” nel quale tratta di vari argomenti tra cui le osservazione di monsignor Wislau circa la tavola 25 del trattato del Lancisi sul lavoro di Eustachio. Dunque la notorietà di Eustachio a Roma lo portò a diventare non solo protomedico, ma anche professore di anatomia per la quale disciplina gli fu assegnata una cattedra alla Sapienza nel 1561. e prima di quella data era già lettore alla Sapienza.
Tanta la sua autorità che quando dovette lasciare l’incarico per l’età e altri accidenti, la stessa fu assegnata al suo discepolo e concittadino Virgilio di San Severino.
Tutti questi onori sollevarono inevitabilmente l’invidia e la malevolenza di colleghi e gli atti che questi posero in essere furono talmente infami a fronte della moderazione dell’Eustachio che ne dà testimonianza anche il Boerhaave. E il Nostro rispondeva alle critiche con estrema moderazione, rispondendo che era pronto a modificare quanto da lui scritto e sostenuto in vario modo, se i critici gli avessero indicato i punti contestati. Così ad un uomo di tal fatta occorse di dover resistere alle critiche di professori di anatomia e medicina, confidando che ci sarebbe stato un tempo in cui la verità dei suoi studi sarebbe venuta alla luce e sono sue parole: “spero non mancheranno giudici equi che mi si offrano”.
Ed è quello che è accaduto, e incredibilmente dopo un secolo e mezzo si è vista rifiorire la fama di Eustachio, che i suoi contemporanei avevano cercato di negare. Con sentimenti di modestia aveva così scritto a Fabio l’amico medico e filosofo: “ E infatti ti mostri preoccupato quanto al mio onore e soprattutto alla mia dignità, e mostri che tu soffri ardentemente per questo e sei commosso , poiché temi che io cada nel biasimo della gente, mentre molti tra i medici della Città certamente sono abbastanza costanti nelle maldicenze su di me, ma fino ad ora sostieni che vaghino senza autore: poiché di certo mentre espongo nel pubblico ginnasio il libro sulle ossa , non arrossisco nel difendere le opinioni contro la verità di Galeno, e allo stesso tempo mi sforzo di portare alla mia opinione i giovani facili a credere con alcune argomentazioni molto leggere ecc., non voglio combattere in cose apertamente esulcerate coi malevoli e gli invidiosi. Io infatti, dopo aver considerato attentamente le cose che erano state dette da me nel ginnasio, feci una grande riflessione e di tutte le mie opinioni, nessuno inganno o errore ciò fu biasimato in queste, come ugualmente affermano i più dotti che erano presenti”
I suoi nemici tentarono di screditarlo nella grazia del cardinale Borromeo il nipote di Pio IV, definendo segno di superbia e disprezzo la rinuncia che Eustachio aveva fatto della cattedra alla Sapienza. Ma il cardinale non si lasciò condizionare, anche dietro le parole del datario pontificio monsignor Francesco Alciati che smascherò le trame ordite contro il Nostro. E l’Eustachio si ricordò della cosa dedicandogli in data 12 ottobre 1562 il libro de Auditis Organis.
L’innocenza dell’Eustachio era talmente evidente e la sua fama così consolidata che le calunnie non poterono scalfirlo più di tanto anche considerando la sua disponibilità a correggere i suoi errori quando gli venissero dimostrati come nella dedicatoria del suo libro “de vena azygo” ad Antonio Barbiero nella quale lo invita a correggere errori.
E contro coloro che condannavano la non osservanza degli insegnamenti di Galeno lui affermava che quando lo faceva era solo dopo attento studio e si levava a difenderlo quando qualcuno liquidava quegli insegnamenti con troppa fretta. Come dice nel suo libro “de motu capitis”. Dunque nonostante i contrasti, e la salute che cominciava ad abbandonarlo il suo lavoro rimase indefesso e ne sono testimonianza i libri che continuò a produrre: nel 1563 con le stampe di Venezia il trattato “de dentibus”.
Nel 1564 dai torchi di Vincenzo Lucchino uscirono: “il de rerum structura,officio, & administrazione” e successivamente e nel breve volgere di pochi anni.: “il de auditus organis, l’examen ossium, il de motum capitis, il de vena azygos ac de humor ariae venae propagine, , quae in fluxu brachii venam communem profundam producit.”
Questa produzione è ricordata da Giorgio Scenchio e Pasquale Gallo e fu ritrovata anni dopo con a latere le annotazioni del Pini, nobile urbinate e allievo dell’Eustachio.
Nel 1566 fu stampato a Venezia ad opera di Lucantonio Giunta un altro libro dell’Eustachio che era una raccolta di lavori di Ippocrate, Galeno ed altri autori antichi da lui commentate. Nello specifico il nostro scrive: “ Invero darò alle stampe un giorno prossimo abbondanti commentari , nei quali ho redatto insieme tutta la dizione di Ippocrate , sia spiegata qua e là da Galeno, sia frequentemente da altri autori.”
Infine nello stesso anno 1566 con i tipi sempre del Giunta pubblicò il trattato De Moltitudine che probabilmente era una raccolta di scritti vari sempre di materia anatomica con il seguente titolo:<< Erotiani greci scriptores vetustissimi vocum, quae apud Hippocratem sunt colletio cum annotationibus Bartholomaei Eustachii>> .che il nostro dedicò a Giulio della Rovere per le molte obbligazioni che lui si sentiva nei confronti di quello.
In questo libro l’Eustachio dichiara di aver raccolto le annotazioni che si trovano nei libri di Ippocrate, Galeno, e altri autori antichi e di averle egli commentate.
Finalmente nello stesso anno 1566 sempre per i tipi del Giunta pubblicò una nuova edizione del trattato “De moltitudine” nel quale faceva riferimento ad altre numerose opere di anatomia degli antichi in suo possesso.
Ad attestare la copiosità della produzione del Nostro è l’inventario dell’eredità che comprendeva un gran numero di manoscritti che riempivano un cassone di vestiti, più altri accatastati ovunque nello studio. Come attesta il Pini al quale si deve anche l’indice delle opere di Ippocrate su influenza dello stesso Eustachio come dichiara nell’opera edita a Venezia nel 1597 per i tipi di Roberto Mainetto.
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