ADOLESCENTI E INSEGNANTI: UNA SFIDA EDUCATIVA IN CONTINUO DIVENIRE

Dottore di ricerca in Filosofia presso la Pontificia Università Lateranense
Docente specializzato in attività di Sostegno didattico per la scuola secondaria di secondo grado
Docente specializzato presso “IIS Green – Falcone e Borsellino” – 87064 Corigliano-Rossano 
Docente incaricato presso l’Istituto Teologico Cosentino “Redemptoris Custos” per le cattedre Filosofia della naturaEstetica ed Ermeneutica

Adolescenti e insegnanti: una sfida educativa in continuo divenire

Gli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado sono sovraccaricati da una preponderante responsabilità psicologica. Se è vero, infatti, che ogni ordine e grado di scuola richiede ai propri insegnanti ben consolidate abilità psicologiche, è altrettanto vero, però, che gli insegnanti di questo grado si trovano di fronte sfide evolutive di incomparabile complessità. Ciò è dovuto principalmente al fatto che ogni intervento educativo realizzato nell’istituzione scolastica non può non tenere in debita considerazione la natura dell’essere umano destinataria di questi interessi. È questo, in fondo, l’orientamento antropologico che sostanzia e dirige (e non può non farlo) l’azione educativa di noi docenti. Cosa accade nel cervello degli adolescenti? Questa è una domanda fondamentale e ineludibile che ogni insegnante della scuola secondaria non può evitare di porsi.

Questo domandare non ha come fine quello di rendere l’insegnante padrone di una conoscenza scientifica astratta e universale che avrebbe come effetto quello di rendere cervellotico il lavoro educativo dell’insegnante. Al contrario questo genere di conoscenza dovrebbe acquisire fin da subito nella carriera dell’insegnante una marcata declinazione pratica, orientando le relazioni educative, le modalità di erogazione della conoscenza, gli interventi psicoeducativi, in un parola: tutto. Niente dell’azione dell’insegnante (curriculare e di sostegno) può prescindere dalla consapevolezza di ciò che accade evolutivamente nel cervello (e in generale nell’organismo) di quegli adolescenti con cui quotidianamente si interfaccia. Innanzitutto bisogna entrare nell’ottica di idee che il cervello dell’adolescente subisce importanti cambiamenti cerebrali di natura riorganizzativa (poiché dal punto di vista delle dimensioni è già intorno ai dieci anni di età che il cervello raggiunge il massimo della sua espansione). Due sono le aree maggiormente interessate da questi cambiamenti: la corteccia prefrontale (maggiormente preposta all’autoregolazione) e il sistema limbico (legato all’ambito dei vissuti emozionali).

Ne Il cervello adolescente Steinberg giustamente osserva come, dal punto di vista neurobiologico, l’adolescenza è la fase della vita umana durante la quale l’adolescente impara a far convivere, nel miglior modo possibile, queste due aree. Esse, tuttavia, acquisiscono anche la dimensione simbolica della dialettica – che dell’età adolescenziale si configura come la cifra emblematica – tra razionalità ed emozioni. Nella fase iniziale della pubertà lo sviluppo del sistema limbico produce il bisogno di emozioni forti (sensation seeking) che noi insegnanti quotidianamente osserviamo (e a nostre spese sperimentiamo). Nella seconda fase dell’adolescenza si realizzano processi di consolidamento dei percorsi sinaptici maggiormente attivati, l’estinzione di quelli meno sfruttati e si verifica una potente mielinizzazione. È una fase in cui il cervello dell’adolescente, indicativamente tra i 14 e i 17 anni, comincia a somigliare a quello di un adulto. Ed è in questa fase che in qualche modo migliorano anche le capacità di autoregolazione, anche se non in modo completo ed efficiente.

Nella terza ed ultima fase, grossomodo intorno ai 20 anni, i circuiti neuronali tra corteccia prefrontale e sistema limbico sono ormai consolidati. Il giovane adulto è pronto ad affrontare il mondo, almeno dal punto di vista neurobiologico, ammesso che tutto il processo maturativo fase-specifico si sia regolarmente realizzato. Tutto questo per dire che l’insegnante della scuola secondaria – sia esso curriculare o di sostegno – si trova di fronte un soggetto in divenire che va incontro a processi trasformativi di fondamentale importanza. Dal punto di vista psicoanalitico è stata sottolineata l’importanza di inquadrare adeguatamente la crisi adolescenziale nello scenario trasformativo del presente dell’adolescente, senza ricorrere a forme di spiegazione deterministiche che ricercano nell’infanzia delle ‘cause’ più o meno chiare delle crisi in atto.

Questo per evidenziare la carica stressogena e la pressione costante che i compiti evolutivi relativi a questa fase specifica impongono all’adolescente. Quattro sono in particolare i compiti evolutivi che in qualche modo gli adolescenti sono chiamati a raggiungere, secondo tempistiche, modalità e percorsi estremamente soggettivi. Innanzitutto l’adolescente è chiamato a rendersi gradualmente indipendente dalle figure genitoriali (reali e idealizzate). La separazione-individuazione è il primo compito evolutivo dell’adolescenza, che lo porta in qualche modo sulla strada della costruzione di una propria identità individuata e separata dalla «nicchia affettiva primaria». Il secondo compito evolutivo concerne la mentalizzazione del nuovo corpo. I radicali cambiamenti puberali impongono alla mente dell’adolescente una profonda riorganizzazione del proprio schema auto-percettivo. Oggi l’adolescente incontra serie difficoltà riguardo il perseguimento di questo compito evolutivo, dovute principalmente al fatto che l’adolescente spesso vive, oltre al cambiamento puberale, una fase traumatica di mancata accettazione del nuovo dispositivo corporeo.

L’adolescente, in altri termini, avverte la sensazione di «non essere mai sufficientemente bello e popolare» e questa situazione interiore è foriera di dissidi intrapsichici e disequilibri pericolosi per la sua armonia intrapsichica complessiva. La nascita sociale è il terzo compito evolutivo al quale l’adolescente è chiamato. Questo compito evolutivo chiama in causa la costruzione di un ruolo socialmente riconosciuto, ed è quindi un obiettivo evolutivo destinatario di un investimento poderoso da parte dell’adolescente. Sotto questo profilo la scuola assume un valore assai importante – per non dire fondamentale – nella misura in cui è a scuola che l’adolescente sperimenta i primi vissuti relativi al nuovo Sé sociale che, in questa fase, è in rapida – e non sempre lineare – costruzione.

Tutto ciò comporta una serie di gratificazioni, certo, ma anche di cocenti sconfitte sociali, consistenti nei primi rifiuti e nelle prime delusioni, che spesso l’adolescente tende a sovrastimare con esiti nefasti per l’equilibrio intrapsichico. Infine l’ultimo compito evolutivo riguarda la definizione-formazione dei valori. Si tratta di un compito evolutivo particolarmente impegnativo, reso oggi più complesso dal fatto che alle due agenzie educative che nel tempo hanno tenuto banco, la famiglia e la scuola, ad oggi si sono aggiunti diversi altri modelli di riferimento (principalmente annidati sul web). I processi di emulazione e identificazione dell’adolescente, pertanto, sono oggi notevolmente complessificati al punto che è difficile immaginare percorsi nitidi e ben definiti di immedesimazione nei modelli valoriali proposti. L’uso pervasivo dei social, ad esempio, ha abbattuto totalmente la separazione tra l’esperienza pubblica e privata e varie cause sono intervenute verso una fluidificazione dei modelli femminili e maschili che non rappresentano più ideali ben determinati e separati, e ciò determina profonde ricadute su vari versanti della costruzione della propria identità (colta sia nella sua individualità sia intercettata nelle sue declinazioni relazionali).

Questa rassegna piuttosto schematica sui maggiori cambiamenti puberali (e relativi compiti evolutivi) tipici dell’età adolescenziale ha avuto soltanto lo scopo – che spero sia stato almeno parzialmente raggiunto – di rendere edotto il lettore circa la complessità della professione dell’insegnante della scuola secondaria di secondo grado. Egli si trova a dover far fronte ad una missione educativa destinata a studenti-adolescenti che ad ogni livello (psicologico, corporeo, emotivo, socio-relazionale, razionale) mutano e si trasformano continuamente secondo direttrici non sempre di facile interpretazione per gli educatori. Ciò vuol dire che anche l’insegnante – sia esso curriculare o di sostegno – deve quindi trasformarsi e fare della flessibilità la sua maggiore virtù educativa.


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