ABBASSO QUELLE ANTIVENTO

La 600 color crema, con le portiere “a vento”, guidata da una giovane donna si avvicina lentamente al marciapiede per parcheggiare.

Immediatamente un gruppetto di giovani maschi, le mani in tasca e un sorriso sul volto, si ferma ad aspettare.

Si determinano tre possibilità. Se la giovane donna indossa i pantaloni il gruppo si disperde con aria delusa. Se la guidatrice decide di scendere dall’auto senza “far vedere nulla” il gruppo si consola a guardarla mentre compie esercizi di contorsionismo da circo e ci scappa qualche risata.

Ma, nella terza ipotesi, le gambe della giovane diventano completamente visibili, anche all’interno, e il gruppetto gode la sua vittoria.

Poi, però, arrivarono le portiere antivento e non ci fu più motivo per fermarsi a guardare un’auto che parcheggia. Era questo il mondo prima di Youporn, anzi solo un frammento di quel mondo.

Le cose, infatti, erano più complesse.

La costruzione mentale (se si può dire così), la percezione dell’altro sesso avveniva nei giovani maschi attraverso una serie di fulminanti visioni che si accumulavano nella parte più inconsapevole del cervello.

In essa erano destinate a giacere per molti anni, uscendone a volte e solo per pochi secondi.

Poteva essere la grintosa professoressa di greco e latino che non esitava a sedersi sulla cattedra per esprimere meglio il dominio sui maschi studenti, ed anche sulle femmine.

Ma poteva essere la graziosa donna di servizio che, bardata nell’abito da lavoro, si inchinava di scatto per raccogliere qualcosa caduto a terra.

Ma spesso era anche la bella zia del compagno di studi che non esitava a ballare i lenti con il suo nipotino pietrificando gli invidiosi amici di scuola del suddetto giovane.

Migliaia di messaggi correvano ai confini dell’universo maschile. Apparivano, colpivano ma non scomparivano. Restavano lì, per sempre a formare una parte del rapporto con il fascino femminile.

Per questo, successivamente, poteva facilmente accadere che una donna assolutamente affascinante per uno, potesse risultare sexi come un termosifone per un altro.

Gli archivi di messaggi femminili, raccolti attraverso questi spezzoni, non corrispondevano tra loro e, senza saperlo, ognuno cercava una rispondenza con quello che una volta lo aveva fulminato. Imprintato, si direbbe oggi.

Ovviamente ciò poteva avvenire soltanto in un mondo dominato dalla scarsità, in cui il singolo maschio costruiva il proprio universo di riferimento con i pochi materiali che aveva faticosamente sottratto e inconsapevolmente accumulato.

Oltre alla scarsità quel mondo presentava un’altra importante caratterizzazione.

Vale a dire la consapevolezza della distanza da quel possibile oggetto di desiderio che si veniva formando nella testa di ognuno.

Distanza da capire, distanza da faticosamente coprire, distanza piena di incertezze, cattive figure e possibili errori di percorso.

Imparare a percorrere quella distanza equivaleva a stabilire finalmente il proprio rapporto con l’universo femminile sottraendolo a quelle parzialissime percezioni che il maschio adulto doveva inevitabilmente portare dentro di sé riuscendo però a non esserne succubo.

Persino i film erotici o quelli esplicitamente pornografici accettavano questa distanza. Si poteva vedere tutto, ma proprio tutto, e restarne abbagliati.

Ma era, anche sul DVD, altro da sé. Poteva essere eccitante ma non ci si poteva rapportare con quell’universo. Esso stava altrove. Era reale, ma lontano.

Poi è giunta fra noi la Rete.

Gli spezzoni erotizzanti si sono moltiplicati a dismisura cancellando persino il ricordo di quelle attese lungo il marciapiede.

Tutto è diventato visibile senza fatica, ed anzi ci si è trovati ad essere sospinti a vederlo.

L’universo mentale dei giovani maschi ha subito una frenetica inflazione di richiami e di messaggi.

La difficoltà era scomparsa. Ciò che prima si strappava, magari un poco ridicolmente, veniva ora offerto attraverso strumenti di vita quotidiana e in ogni momento della giornata.

Ma, credetemi, il problema non è questo. O meglio non è solo questo.

Il trasferimento dalla realtà alla dimensione digitale comporta alcuni aspetti, forse pericolosi, su cui vale forse la pena di riflettere un attimo.

La Rete non viene vissuta come una realtà esterna rispetto all’individuo che vi si connette con grande facilità.

Al contrario, essa viene considerata come una dimensione a cui si partecipa direttamente, di cui si fa parte a tutti gli effetti.

Il riferimento erotico, facilitato ed estremizzato, perde la sua natura realistica per diventare un’altra cosa, cui si partecipa inevitabilmente in maniera virtuale.

Si crea così un meta – universo sessuale in cui alla offerta di stimoli si risponde con reazioni che vengono espresse in maniera inevitabilmente virtuale.

Al complesso e faticoso cammino di costruzione del rapporto fra i generi si sostituisce, nella coscienza dei singoli, un fulmineo (e fasullo) rapporto di natura virtuale che non prevede il contatto e l’apprendimento reciproco.

Inoltre, poiché viene ritenuto che tutto ciò che in Rete è legittimo, viene dato diritto di esistere a comportamenti sostanzialmente inaccettabili.

Il tutto peggiora quando il singolo, diseducato da questo percorso, ne scopre la limitatezza e contemporaneamente apprende e capisce di non avere sviluppato gli strumenti necessari.

Non ci si deve stupire, pertanto, se sempre più frequenti si fanno le aggressioni di branco ai danni di ragazze e donne.

Giovani maschi che hanno compiuto sul telefonino il loro cammino verso il genere femminile si propongono, terribilmente, di riprodurre nella realtà quel che hanno “imparato” dalla Rete.

Li “giustifica” il fatto di riprendere le loro violenze per riportarle in quella sfera virtuale in cui hanno vissuto.

Li “giustifica” l’essere in un branco che rappresenta ai loro occhi la dimensione collettiva che la Rete pretende di esprimere.

Non ci possiamo certo rifugiare nel rimpianto per l’epoca delle portiere a vento ma non possiamo nemmeno ignorare di stare allevando una susseguirsi generazionale che rischia di vivere l’elemento principale della formazione umana in maniera apparentemente libera ma in realtà falsante e deviante.

E non è detto che non dobbiamo aspettarci anche qualcosa di peggio in arrivo. La trasformazione è appena iniziata.


SEGNALIAMO


Commenti

Una risposta a “ABBASSO QUELLE ANTIVENTO”

  1. Avatar Gianna

    beppe Attene, hai centrato il danno sulle giovani menti. Senza desiderio, immaginazione e sogno la sensualità azzerata, è solo un fastfood, cibo spazzatura. Che persino un Bot potrebbe ormai replicare…

NUOVE USCITE HERAION

IN LIBRERIA

E-BOOKS


TAGS DEL MAGAZINE

agricoltura (17) alimentazione (30) ambiente (29) amministrazione (20) arte (60) cinema (38) civismo (42) comunismo (22) cultura (297) democrazia (34) economia (65) elezioni (43) energia (17) europa (34) fascismo (25) filosofia (24) formazione (23) giorgia meloni (19) giovani (24) guerra (68) intelligenza artificiale (25) italia (25) lavoro (38) letteratura (36) mario pacelli (30) media (55) milano (19) musica (107) napoli (19) politica (313) potere (179) rappresentazione (19) religione (22) roma (23) russia (18) salute (62) satira (20) scienza (20) scuola (25) seconda guerra mondiale (42) sinistra (18) società (330) stefano rolando (30) storia (38) teatro (26) tecnologia (20) televisione (30) tradizione (26) ucraina (33) violenza (19)



ULTIMI ARTICOLI PUBBLICATI