2123: CHE NE SARÀ?

Una volta esisteva un ambito nella ricerca che veniva denominata “Conoscenza del Futuribile”, la possibilità cioè di prevedere in qualche modo eventi futuri, studiandone gli indizi. Nella Storia le menti migliori si sono sempre esercitate su questo versante: prevedere per correggere e semmai migliorare l’evoluzione della realtà. Questo nella più umana delle ipotesi. Anche oggi naturalmente non mancano tentativi di previsioni che riguardano molti aspetti del vivere: climatico, sociale, etico, economico, politico, religioso, tecnologico… Fino all’epoca moderna il futuribile è rimasto relegato in una categoria filosofica e soprattutto letteraria feconda per gli autori di fantascienza.

Il futuro ha sempre avuto un posto molto speciale nella Filosofia. Questo è ampiamente vero perché gli esseri umani hanno bisogno di una predizione degli eventi che accadranno. Forse è possibile sostenere che l’evoluzione del cervello umano è in gran parte uno sviluppo di abilità cognitive necessarie a predire il futuro, per esempio l’immaginazione non concreta, la logica e l’induzione. L’immaginazione ci permette di “vedere” un modello plausibile di una certa situazione senza osservarlo davvero. Le ragioni logiche consentono di prevedere conseguenze inevitabili di azioni e situazioni e per questo la logica dà utili informazioni sugli eventi del futuro. L’induzione, invece, permette di associare una causa alle sue conseguenze, una nozione fondamentale per ogni predizione del tempo futuro.

La disciplina legata alle previsioni del futuro ha assunto nell’era moderna un carattere più scientifico con la nascita della meta-disciplina dei Futures Studies. Gli studi sul futuro comprendono il tentativo di prevedere e anticipare i principali cambiamenti sociali, tecnologici e culturali della civiltà. Ciò avviene attraverso la costruzione di scenari per prepararsi meglio a tali sviluppi.

A questo punto ci poniamo una domanda: come sarà questo pianeta nel 2123, quando cioè gli attuali suoi abitanti saranno tutti scomparsi e della stragrande maggioranza di essi non si conserveranno alcun ricordo e nessuna memoria? Non si dimentichi mai, però, che non tutto il passato sempre passa, anzi troppo spesso si vive sfiorando strati di morti.

Le premesse di oggi sulle quali indagare eventuali trasformazioni future sono tante: alcune si presentano positive, molte dubbie, altre decisamente negative. Il tutto qui viene considerato a breve termine, cioè nell’arco del presente secolo, anche se c’è da dire che i cambiamenti in questi ultimi tempi sembrano essere così veloci e accelerati da far quasi identificare la lentezza del passato come un movimento preistorico. Lo sviluppo della tecnologia non conosce quasi più confini e limiti in tutti i settori del vivere e ogni giorno si presentano sempre novità con le quali doversi confrontare (Vision Pro…). In questa sede esamino brevemente alcuni di questi potenziali cambiamenti non tanto imprevedibili, perché di essi le condizioni o le basi già si intravedono.

Sul piano climatico.Cinque più che probabili scenari climatici sono alla base dell’ultimo rapporto del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) delle Nazioni Unite (9 agosto 2021). Saranno le tendenze economiche globali, il progresso tecnologico, gli sviluppi geopolitici e, cosa più importante, l’efficacia delle misure mirate a ridurre le emissioni di carbonio a far sì che alla fine del XXI secolo il mondo possa risultare completamente diverso.
O forse no. Il nuovo rapporto presenta cinque situazioni climatiche che differiscono in termini di livello di riscaldamento previsto e di capacità della società di reagire e adattarsi ai cambiamenti che verranno. Il numero attribuito a ciascuno scenario indica il “Forzante Radiativo”, la quantità cioè di energia aggiunta al sistema Terra dalle emissioni entro il 2100, calcolato in watt per metro quadrato. Il tutto si misura in RCP: questi sono i Percorsi Rappresentativi di Concentrazione (Representative Concentration Pathways, RCP), scenari climatici espressi in termini di concentrazioni di gas serra piuttosto che in termini di livelli di emissioni. Si parte dallo scenario RCP-2,6, caratterizzato da una forte mitigazione e basse emissioni, allo scenario RCP-8,5, con nessuna mitigazione e alte emissioni.
Le variabili qui sono: l’andamento socioeconomico, la crescita demografica, le tendenze tecnologiche e geopolitiche, tutti fattori che possono incidere sia sulle emissioni che sulla capacità umana di ridurle e di adattarsi al cambiamento climatico che esse stesse producono. Queste eventualità (SSP) sono: due relativamente ottimistiche (SSP1-1,9 e SSP1-2,6), una intermedia (SSP2-4,5), una che prospetta un futuro oscuro (SSP3-7,0) e uno bizzarro (SSP5-8,5). Nei primi due si riscontra ancora un po’ di tollerabilità. Quello intermedio è un po’ meno roseo, ma la temperatura globale verrebbe ad aumentare di circa 2,7 °C.

Questo è quello previsto per il 2030 dall’Accordo di Parigi. Nel quadro invece di un futuro oscuro previsto dall’IPCC, la cooperazione globale collassa e nei Paesi si diffondono forme di nazionalismo, con una crescita della popolazione mondiale dagli attuali 8 miliardi ai 12 miliardi e a un aumento della temperatura di circa 3,6°. Fenomeni come siccità, inondazioni e proliferazione di insetti nocivi allora peggioreranno notevolmente, durante i mesi estivi il ghiaccio marino artico scomparirà, mentre le ondate di calore aumenteranno la loro frequenza di quasi 40 volte con il quasi totale scioglimento dei ghiacciai, i mari invasi da plastica e un pericoloso sconvolgimento nell’equilibrio dell’intero ecosistema. Questa, purtroppo, sarà la situazione, se nel frattempo non si sarà posto da parte di tutti un serio rimedio (riduzione di CO2, gas serra…).

Sul piano sociale. Su questo versante i problemi oggi non sono pochi né di poco peso e molti di essi non sono stati assolutamente ancora risolti. Bisognerebbe pensare, per esempio, a una più seria definizione dei diritti e dei doveri con le relative norme con le quali tutelarli, specialmente quando sono in gioco quelli dei più deboli. Nell’epoca della globalizzazione, occorrerebbe poi procedere con più serietà a una migliore e più equa distribuzione delle risorse e dei beni del pianeta. A questa dovrebbe seguire con maggiore decisione una più efficace e giusta organizzazione del lavoro, in modo da garantire a tutti una decorosa difesa della sussistenza dei singoli e delle famiglie, unitamente al sostegno alla maternità (asili nido, diritti dei minori…). Una accurata e particolare attenzione andrebbe prestata al rispetto per le diversità, per la Natura (ambiente, animali, piante…) e un approccio più responsabile finalizzato alla salvaguardia del territorio, evitando che in nome dello sfruttamento scriteriato a scopi ludici si cementifichi tutto con quello che dopo ne può derivare, come fin troppo spesso accade, in quanto a sicurezza della stessa vita: tutto è Relazione, non isolamento. Onde evitare disarticolazioni sociali ci sarebbe la necessità di una più efficace cooperazione fra Paesi ricchi e Paesi poveri, perché a tutti sia garantito il beneficio dei frutti del progresso.

L’ideale sarebbe considerare l’intera umanità come una sola grande Famiglia, tanti neuroni di un unico cervello, da accudire, difendere e semmai sfamare nei momenti di necessità. Soprattutto garantirle un avvenire di pace e mai più di guerre o di sinistri giochi di guerre dettati da ossessivi deliri inperialistici. Con le premesse che si hanno oggi, però, nonostante le tante legislazioni in materia e l’impegno per una rapida velocizzazione della Transizione Ecologica, per il momento non sembra che nel 2123 tutta questa serie di problemi vitali per la sopravvivenza dell’esistenza possa avere una garanzia di realizzazione. Però lo speriamo!

In etica. Oggi si assiste a una crisi profonda su questa urgenza. Esiste una diffusa indifferenza verso tutti e tutto, una grave eclissi di stimoli educativi (famiglia, Enti vari…), un uso disordinato e talora squilibrato della libertà, una forte dipendenza dalla tecnologia (social, video, avatar…), in molti giovani e non la perdita di interni freni inibitori, una estesa inquietudine, fragilità e infelicità specialmente nell’età dello sviluppo spesso orfana di sogni, una precipitosa caduta di valori come il rispetto per la vita, la vanificazione di tanti ideali, la continua distruzione della bellezza in nome di un ipertrofico Io ritenuto onnipotente…Se questo è l’attuale presente, con una crisi nelle principali centrali educative (famiglia, scuola…) e la loro tendenziale assuefazione al vuoto con la quasi totale assenza di capacità di una lettura culturale critica della realtà, allora è legittimo nutrire forti dubbi sulla possibilità che fra un secolo le cose possano cambiare realmente in meglio.

In economia. Nella nostra epoca i rapporti economici, in nome del profitto, tendono a essere concentrati nelle mani di pochi e le principali decisioni sono prese perlopiù in una ristretta cerchia di persone. La concorrenza oggi si effettua fra le grandi centrali economiche, dove sembra non esserci più spazio per il piccolo imprenditore, con i prevedibili danni che ne conseguono per lo sviluppo delle piccole e medie imprese, che così sono come costrette o a commerciare in un ambito geografico ristretto o ad avere rapporti commerciali con alcune nicchie di acquirenti e di luoghi. Il fatto è che la grande ricchezza risulta essere posseduta da appena il 5% delle persone, mentre per l’altro 95% permane la perenne lotta per la sopravvivenza. Con l’avvento della globalizzazione e di una generalizzata digitalizzazione gli scambi si faranno sempre più veloci, anche se permarrà qualche rischio sulla potenziale assenza di un attento controllo sulla qualità dei prodotti finanziari, delle merci e sulla loro effettiva provenienza. Questo oggi è già sotto gli occhi di tutti.
Quando si prevede poi per la fine del secolo che la popolazione mondiale si aggirerà sui circa 12 miliardi di persone, allora è facile attendersi come queste problematiche si acuiranno enormemente con ciò che ne seguirà sulle lotte sociali (carenza di lavoro, disoccupazione, miseria…) e sulla concordia fra i popoli. Un simile futuro non mi sembra affatto tutto roseo, considerata anche la gravità dei cambiamenti climatici e il rischio fame da povertà che potrebbe diffondersi fra la gente. Ci si deve solo augurare un ritorno alla onestà personale e alla cooperazione collaborativa fra le grandi potenze economiche da parte di chi le dirige.

In politica. Permane sul tappeto della Storia presente una serie di problemi molti dei quali ancora tutti da risolvere. Li elenco per brevità: la necessità di una revisione dei vecchi schemi ideologici tipici di un tempo (a ideologie crollate non se ne vede la necessità di crearne altre); l’urgenza di partire invece dalle situazioni concrete di disagio, di povertà e di vera fame; la riscrittura di un nuovo contratto sociale non solo relativamente alla civile convivenza ma soprattutto alla drammaticità di dare una risposta al bisogno di sopravvivenza; una nuova Cultura più aperta alla difesa delle Libertà e alle domande di una progettazione più lungimirante e intelligente seguendo modelli solidaristici soprattutto nella tutela della salute (ospedali pubblici, incentivazione alla ricerca…) e su una diversa qualità nello sviluppo economico e sociale più centrata sull’Uomo; l’urgenza di avere un personale politico maggiormente fornito di competenze, di caratura morale e spirito di vero servizio al popolo e non più caratterizzato da scelte individualistiche, familiari o di gruppo; nel governare mai rifiutare o porre in discussione i bilanciamenti dei poteri; accettare la necessità storica dei flussi migratori regolandone semmai con più saggezza e umanità i processi di integrazione, ma anche apprezzando gli aspetti positivi della Interculturalità; finalizzare scelte e sforzi in vista del perseguimento della pace e della cooperazione fra i popoli. Se nel tempo, al dire di Vico, ci sono sempre stati e ci saranno in futuro corsi e ricorsi storici anche se con modalità diverse, che almeno si tenda a non dimenticare il passato e a evitarne errori che si sono dimostrati catastrofici. Queste sono le principali domande di oggi. Fra un secolo ci sarà una soluzione? Chissà!

Nella Religione. Oggi si può dire che si sta attraversando un periodo di una quasi generale secolarizzazione, di un agnosticismo praticato da molti, di una apatia e di una insofferenza verso le istituzioni religiose di ogni denominazione perché viste ancora distanti e spesso lontane dal vissuto quotidiano dei più. Pur rimanendo la Fede una esigenza dello spirito sentita ancora in molte coscienze (se non in tutte, quando si è onesti con se stessi), nella maggioranza dei casi, però, si sta trascurando la pratica della partecipazione attiva alle proposte avanzate dalle varie comunità religiose. Saranno le molte distrazioni, la superficialità, la voglia di divertimento, le varie dipendenze (tecnologia, droghe, gioco…), le evasioni da un presente non sempre gratificante. Può darsi. Resta comunque, però, il fatto che si sta riducendo l’appeal della religione almeno di quella strutturata in istituzione. Fra un secolo? Se non appariranno Grandi Profeti, quelle persone capaci cioè di riscaldare le coscienze e illuminare le menti, molto probabilmente il tutto potrebbe essere destinato a esistere solo in una piccola comunità abitata da pochi. Sapranno questi (il famoso “pusillus grex”) essere a loro volta “Luce del mondo e sale della terra”? O ci vorrà un Concilio Vaticano III? Chissà. Lo si vedrà.

Nella tecnologia. Nell’oggi pullulano in campo tecnologico tante novità che non si sa dove in futuro potranno far approdare l’umanità. Anche qui mi limito a esporne alcuni aspetti:

1.L’intelligenza artificiale (Digital Life). È una grande conquista ma anche un gravissimo rischio, come sottoscritto da 350 scienziati e pubblicato dalla no-profit Center for AI Safety.

Questo allarme riguarda soprattutto il rapidissimo avanzamento di alcuni tipi di IA, come i modelli linguistici ChatGPT, con i quali potrebbero diffondersi vari fenomeni come la disinformazione, la propaganda dissennata e quindi la possibilità di disordini e disgregazione sociale. Il timore più grande, però, è che l’IA, non avendo emozioni, potrebbe svilupparsi in un futuro non troppo lontano in IA non solo applicativa ma generativa, quindi forte, autonoma e manipolativa, specialmente se associata al “Quantum compunting” (elaborazione quantistica dei dati), capace di apprendere e capire esattamente come un essere umano ed eventualmente sostituirlo anche nelle decisioni.

2.Computer con materiale biologico. Alcuni scienziati della Johns Hopkins University (USA) si sono

chiesti: e se invece di provare a far assomigliare l’Intelligenza Artificiale a quella umana facessimo

il contrario, cioè trasformassimo gli organoidi di cervello umano nei mattoni di base per i

computer del futuro? Gli organoidi di cervello umano sono colture tridimensionali di cellule neurali ottenute in laboratorio a partire da cellule staminali pluripotenti indotte (capaci cioè di differenziarsi in quasi tutti i tipi di cellule dell’organismo) che si usano per studiare lo sviluppo neurologico e per comprendere le cause di molte malattie. Con il cervello condividono aspetti chiave nella struttura, nell’organizzazione, nella funzione delle cellule, nella connettività fra i neuroni. L’idea degli Autori dello studio guidati da Thomas Hartung è di poter un giorno trasformare questi agglomerati di cellule negli hardware (le parti fisiche) di biocomputer con capacità di calcolo e ragionamento sempre più vicine a quelle di un cervello vero e proprio. Questi computer in materiale biologico potrebbero un giorno arrivare a fare concorrenza ai supercomputer e persino a batterli in alcuni campi. Il cervello umano, però, con i suoi 100 miliardi di neuroni è connesso in un modo completamente diverso, che comporta un’enorme differenza di potenza rispetto alla nostra tecnologia attuale. Meno male, sarebbe da dirsi!

3. Carne sintetica. Il suo consumo per ora è approvato soltanto a Singapore e negli USA. Come spiega Hanna Tuomisto, Professore associato di Sistemi Alimentari all’Università di Helsinki (Finlandia): ”La produzione di carne coltivata in laboratorio inizia estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali”. Queste vengono trasferite in un bioreattore (cioè un dispositivo che riproduce le condizioni ottimali di temperatura, aerazione e flusso di nutrienti per le colture cellulari) dove vengono fatte proliferare fino a raggiungere la concentrazione desiderata e differenziare in cellule muscolari, poi mutate in fibre dette miotubi, le unità base delle fibre muscolari. Il tutto alla fine viene trasferito in LINFA E TELAIO per moltiplicarsi e diventare carne commestibile. Il costo? Per il momento è elevato. Il gusto? Non sempre è positivo. La sua utilità? Oggi è ancora tutta da provare. Resta oggi il grave problema degli allevamenti intensivi di animali: stress e produzione di elementi nocivi al clima (maggiore emissione di CO2). Difficoltà di trovare terre per pascoli.

4. Saremo immortali?Secondo il futurologo Kurzweil entro pochi anni saremo immortali, grazie a

Genetica, Nanotecnologia e Robotica. Secondo lo studioso la singolarità tecnologica

(progresso nell’utilizzo della Intelligenza Artificiale) arriverà già nel 2045.

Ma di cosa si tratta realmente e come concretamente influenzerà le nostre vite? La soluzione sarebbe: invertendo semplicemente il processo di invecchiamento, curando cioè il cancro, i problemi cardiaci e altre malattie. Spiega ancora il futurologo: “Entro il 2030 saremo in grado di aumentare l’aspettativa di vita di oltre un anno ogni anno”. Nanorobot permetteranno un giorno all’uomo di mangiare senza ingrassare, forniranno energia a sufficienza, sconfiggeranno infezioni e malattie, sostituiranno i nostri organi biologici e miglioreranno le capacità del cervello. Ma sarà veramente così o si tratta di una inquietante visione fantascientifica.? Si vedrà!

Concludo queste riflessioni con due pensieri. Il primo è dello Scrittore inglese Herbert George Wells (1866-1946): “Il futuro è una gara, una gara fra l’istruzione e la catastrofe”. Il secondo è dello Scrittore francese Victor Hugo (1802-1885): “L’avvenire è la porta, il passato ne è la chiave”. Il passato, dunque, dovrebbe insegnare o aver insegnato qualcosa, mentre l’avvenire è un quid da sognare in positivo, inventare e creare con intelligenza: questo se si vuole una possibile salvezza! Ma sarà così? Chissà! Per ora persistono soltanto una palese Incertezza e molte incognite Oscurità!