RIFLESSIONE SUL TEMA DELLE RIFORME

Democrazia futura con il professor Gianfranco Pasquino ha avviato una riflessione sul tema delle riforme istituzionali/costituzionali necessarie per garantire al nostro Paese al contempo una maggiore solidità agli esecutivi (governabilità) e una rappresentanza effettiva delle varie complesse componenti geografiche della nostra Penisola (le tante “Italie” di cui parlava Fernand Braudel) ponendo il cittadino elettore al centro di una competizione dove risultino effettivamente contendibili entrambe le elezioni e in questo modo cercando di combattere il crescente fenomeno di disaffezione verso la politica espresso attraverso l’astensionismo.

Punto di partenza ormai chiaro è che la vecchia democrazia dei partiti (partitocrazia) è morta e che oggi i partiti possono ritrovare un ruolo che è essenziale solo come veicolo credibile ed efficiente delle scelte dei cittadini. In questa ottica diventa in effetti a parere dei promotori della nostra rivista del tutto cruciale porre nuovamente al centro della nostra attenzione il tema della rappresentanza rispetto a quello della governabilità che ha guidato le scelte in questo campo negli ultimi decenni.  

La governabilità va ovviamente garantita ma la sua base e condizione è una effettiva rappresentanza. Senza di che astensionismo e fiammate populiste non potranno che aumentare.

Questo, a nostro parere significa consentire il più possibile ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e questo significa avere ben presenti due criteri: collegi uninominali e meglio se piccoli per l’elezione del parlamento ed elezione diretta del Presidente della Repubblica con trasferimento al Quirinale di più ampi poteri. Solo così gli elettori, specie più giovani potranno essere indotti a pensare che la democrazia è un modo di scegliere chi ci governa e non un modo per garantire un posto privilegiato ad alcuni eletti invero cooptati da un ristretto numero di leader di quel che resta dei partiti. Di qui l’idea di rispolverare una proposta lanciata negli anni Novanta dal compianto Antonio Maccanico, il cosiddetto “lodo Maccanico” che proponeva ai due schieramenti dominanti in quella stagione Il Polo di centrodestra intorno a Silvio Berlusconi e l’Ulivo di centrosinistra intorno a Romano Prodi un compromesso: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica attraverso un sistema elettorale a doppio turno nell’ambito di una Riforma in grado di consentire una forma di governo di tipo semi presidenziale sul modello francese, in cambio dell’elezione dei deputati attraverso un sistema maggioritario di collegio anch’esso a doppio turno anche in questo caso prendendo come punto di partenza il modello francese.

“Alla logica del doppio turno è, dunque, opportuno dedicare la massima attenzione. Al primo turno vince il seggio il candidato/a che ottiene il 50 per cento dei voti più uno purché abbia votato almeno il 25 per cento degli elettori aventi diritto”. Al secondo turno quello che ha raccolto più voti. Pasquino nell’articolo ricorda come “Per venire incontro ai critici e agli oppositori italiani del maggioritario francese, Giovanni Sartori tentò di sventare l’obiezione al criterio della soglia percentuale di voti indispensabili per passare al secondo turno indicando una modalità diversa. Stabilendo una soglia percentuale tutti i dirigenti dei partiti piccoli erano/sono/si ritengono in grado di valutare quanto penalizzante potrebbe essere per le loro candidature. Per rendere i calcoli meno affidabili e meno influenti, Sartori suggerì che, invece, di definire una soglia percentuale, il criterio da utilizzare fosse che in tutti i collegi uninominali l’accesso al secondo turno venisse comunque consentito ai primi quattro candidati introducendo nel sistema maggiore elasticità complessiva” rispetto al sistema adottato in Francia.

Insieme ai due articoli dell’illustre Accademico dei Lincei, vi proponiamo un articolo di un giovane studioso Giuseppe Lauri, Dottore di ricerca in Giustizia costituzionale e diritti fondamentali all’Università di Pisa: ripercorrendo il lungo iter dei vari tentativi negli ultimi decenni di riforma istituzionale, analizza come si sia posta “L’Italia di fronte alla forma semi presidenziale francese”. 
La XIX legislatura non registra proposte di legge costituzionale sulla forma di governo. Notizie di stampa sembrano confermare le intenzioni dell’attuale maggioranza – e dello stesso esecutivo di Giorgia Meloni – di porre in cantiere una riforma degli assetti tra organi costituzionali di matrice presidenziale”. 

Per questa ragione crediamo che il tema tornerà al centro della nostra democrazia futura e lo sottoponiamo all’attenzione dei lettori de ilmondonuovo.club con l’auspicio che da questo confronto possa emergere un consenso bi-partisan come avvenne in qualche modo in occasione dell’Assemblea Costituente in occasione del varo della nostra Costituzione.

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