di Dalisca
Sì, sto parlando di Maurizio Cattelan prodige della nostra cultura artistica.
“Season” questo il titolo della sua ultima mostra con la quale ha sbigottito gli abitanti di Bergamo; una complessa performance questa che racchiude 5 sculture quali: One, No, November, Empire, Bones dislocate in tutta la città (alta e bassa).
La mattina del 6 giugno gli abitanti si sono ritrovati con la statua di Garibaldi, situata nella piazza centrale, sormontata da un bambino che con una mano alludeva ad una pistola. Qualcuno ha creduto che quel bambino fosse reale in effetti era solo una creazione dell’artista.
Cattelan non è nuovo a questo tipo di sorprese, infatti, tempo fa, quasi all’inizio della sua carriera, aveva appeso tre manichini ad una quercia in una zona di Milano.
Molti automobilisti all’imbrunire tornando dal lavoro si fermarono convinti che qualcuno volesse impiccarsi anzi una persona osò salire sull’albero convinto di apportargli aiuto altre riuscirono ad evitare scontri automobilistici catturate da quella strana immagine.
Ma torniamo a Bergamo.
Cosa mai quella performance con il bambino a cavalcioni sulle spalle dello “Eroe dei due mondi” voleva comunicare?
Quale il messaggio che intendeva diffondere?
Quale poteva essere l’idea dell’artista nel momento in cui concepiva quella performance?
Una risposta, che sia quella giusta, è difficile immaginarla, certo ognuno può pensarla come crede secondo i propri principi e la sua visione circa l’arte contemporanea, ma, su di una cosa però si può concordare e cioè sulla funzione reale che questo tipo di arte svolge nell’ambito della nostra società.
Il nostro è un tempo di grandissimi cambiamenti anzi sconvolgimenti sia in ambito sociale che morale ed etico; in più, con l’avvento di questa intelligenza artificiale che in molti non sappiamo bene cosa sia, siamo in preda al panico anche ad opera di false notizie e pubbliche bugie.
Questo metodo di informazione ci disorienta per cui non sappiamo più a chi affidarci oberati come siamo dal contesto quotidiano di immagini e notizie che ci vengono offerte a qualsiasi ora; non vi è più rispetto né accortenza da parte dei mass media per la sensibilità altrui, l’importante è lo scoop.
I vari giornalisti o reporters non si fanno scrupolo di usare ogni sorta di escamotage per catturare l’attenzione degli spettatori; il risultato è che il disorientamento è generalizzato e l’attenzione ridotta al lumicino sia negli adulti che nei ragazzi.
La conseguenza è la totale indifferenza di fronte a scene e fatti che la eccessiva e imprecisa informazione ci elargisce; ma, non solo, infatti, il cinismo lasciatoci in eredità dal ‘900, assume una forma di autodifesa in base alla quale tutto è scontato per cui niente più ci sconvolge.
Tutto questo per cercare di comprendere l’essenza della poetica di Cattelan, il quale adotta lo stesso sistema per sconvolgere e rieducare alla sensibilità una società che ormai non sa più discernere il bene dal male. Egli agisce d’istinto, diventa irriverente, sfacciato, blasfemo pur di riprendersi il giusto posto a suon di opere che molto spesso rasentano il paradosso.
Non dimentichiamo opere, oltre a quelle già citate, come la “Nona ora”, “Him”, “Ego” e non un’ultima “Comedian” ovvero la famosa banana appiccicata alla parete di una galleria d’arte venduta poi per una notevole somma, vendita poi giustificata dall’acquirente come una consumazione di idea e non di un semplice frutto!
Al di là delle varie interpretazioni trovo che, se l’arte è un’azione sociale, oggi più che mai questo tipo di espressione artistica sia valida per scuotere dal torpore in cui ci ritroviamo, una sorta di scossone per risvegliarci da un sonno profondo. Ma in Cattelan c’è dell’altro basto pensare alla bellissima, nonché mistica opera realizzata sulla parete della Cappella del Carcere Femminile della Giudecca a Venezia in occasione della Biennale d’arte del 2024 – Padiglione “Santa Sede”, per capire la profondità di questo artista così apparentemente scapricciato.
“Father” questo è il titolo dell’installazione realizzata; l’immagine si riferiva a due piedi nudi e sporchi rivolti verso il pubblico ingigantiti per tutta l’altezza dell’edificio. Descrivere la sensazione di fronte a una simile vista è cosa difficile. Eppure, l’artista ha saputo esprimere la sacralità di quel posto laddove non si sentivano vocii di sani pettegolezzi femminili, né pianti di bambini capricciosi, ma solo silenzio rassegnazione e desolazione, l’unico interlocutore a cui rivolgersi era solo LUI: il “Father”.
Ancora una volta Cattelan aveva colto nel segno. Il riferimento era chiaramente a Caravaggio, come lui stesso ha ammesso, per cui possiamo, in base alla teoria di Charles Baudelaire, dire che il Cattelan poiché le sue opere si nutrono di tanto antico è un autore tanto moderno.