LA MESSA DI PASQUA

RACCONTO

Il paese sembra vuoto, meno gente in giro. Chi nelle case, in attesa del pranzo pasquale, chi pronto ad intrupparsi nei ristoranti della cultura laica che guarda alle tradizioni come occasione di business. Ma molti anche a Messa nella chiesa di S. Andrea. Sull’altare il sacerdote venuto dall’Africa nera, a riempire i vuoti lasciati dai nostri preti passati a miglior vita e non sostituiti dagli allievi dei seminari nostrani, ormai desolatamente vuoti. Altre fedi e idoli hanno catturato la mente e il cuore dei giovani, che celebrano le nuove liturgie nelle megalopoli del mondo libero. Ma libero da cosa? I vecchi pervicacemente refrattari al nuovo vedono, attoniti, innalzarsi come nuove torri di babele le cattedrali laiche della modernità. In cuor loro sperano che un Dio giusto, inutilmente misericordioso, provvederà ad abbatterle.

Ma i vecchi, si sa, sono in attesa della morte e leggono la realtà con cristallini irrimediabilmente opacati. Non sono attendibili. Dunque il sacerdote assolutamente nero, sull’altare, e davanti a lui il popolo andato a messa per antica abitudine. Andarci almeno una volta l’anno, come atto dovuto, anche se per un rito noioso, comunque fortunatamente propedeutico al pranzo necessariamente sontuoso, che vale quel sacrificio.

Con la speranza che la cerimonia non sia troppo lunga e soprattutto non messa cantata come ricordano può accadere il giorno di Pasqua. Pensano queste cose le persone guardando il prete nero, e pensano anche che lui non c’entra nulla con le parole che si trova a pronunciare e con i gesti che esibisce nei diversi momenti del rito.

Quali povertà ancestrali lo avranno indotto a seguire la strada che, con indosso una tonaca dai colori cangianti nei vari mesi dell’anno liturgico, lo hanno portato a Sigillo, quel loro paese ai piedi degli Appennini tra l’Umbria e le Marche? Magari violenze da cui fuggire?

Non ha nulla di ieratico o mistico, da far dubitare che creda fino in fondo a quanto sta officiando. Quando giunge il tempo dell’omelia lascia l’altare, scende tra i fedeli, e prende a commentare la pagina del Vangelo che il diacono ha letto. Il tono è deciso, fa presagire scarse indulgenze e misericordie, magari una lettura diversa del Vangelo.

C’è anche il sindaco, comunista di antica data, ma presente come istituzione per antica consuetudine. Pronuncia parole inconsuete il prete, ci si sente la polvere dei deserti calpestata e respirata come destino, la povertà di un mondo arcaico sedotto dalle promesse della modernità che i bianchi diffondono con le loro diavolerie anche nei villaggi sperduti dell’Africa. Se ne vanno da lì i giovani, condannando ad una povertà più grama chi rimane, privato dell’avvenire.

E ora lui qui, giovane tra i giovani del paese che ha raccolto intorno a sé. Va avanti nell’omelia il prete, commenta la pagina del Vangelo alternando esortazioni e rimbrotti. E in quel paese dove la consuetudine di andare al cimitero per portare fiori e recitare preghiere è antico costume, i fedeli presenti in chiesa sono invitati, meglio redarguiti su quella abitudine. Parlare o far finta di parlare con i defunti, sbiascicare preghiere, magari trasformare la visita in una occasione di incontro per sparlare di qualcuno.! I loro morti lì al cimitero non ci sono più, perché sono saliti in cielo! Pensassero a guadagnarselo anche loro il cielo, così li avrebbero rivisti sul serio, no attraverso le foto sulle tombe. Poi si rivolge ai giovani, esortandoli a resistere alle tentazioni della società corrotta e opulenta. Infine li chiama a sé.

Questi accorrono e con parole forti e suadenti che toccano il cuore della gente li invita a baciare la bandiera che il sindaco tiene in mano. È come una Cresima nuova da soldati di Gesù a soldati della Comunità che in Cristo si riconosce. È commozione generale quando ad uno ad uno prendono in mano il lembo della bandiera posta accanto al Crocifisso e inginocchiandosi la baciano. I giovani, dice, erano il futuro, ma custodi e portatori dei valori tradizionali della comunità, per questo spiega il prete, li ha invitati a baciare la bandiera davanti il sindaco. L’uditorio frastornato non ci si raccapezza con tutte queste novità e assiste attonito. Poi la messa termina e il sacerdote dà la benedizione a tutti e tutti si dirigono verso casa per il pranzo.

Un pranzo pasquale diverso da quelli degli anni recenti. Una Pasqua diversa. L’ha celebrata un sacerdote venuto dall’Africa nera.


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