CHI DI SPERANZA VIVE…

Dedicato ad Harold Pinter

di Dalisca

Ho atteso la fine della performance nella speranza di trovare Pinter.

Ma ahimè, l’attesa è stata vana perché Pinter non c’era o, meglio, era ben nascosto nell’idea del regista.

“Ritorno a casa”, opera di Harold Pinter, premio Nobel 2005, nella versione di Massimo Popolizio, che non ha saputo ben gestire un’opera così complessa e importante, è stata ridotta a banale e squallido casino; siamo alla periferia di Londra negli anni 60, anni ruggenti che oserei definire: il fuoco sotto la cenere.

Tutto era in fermento tanto che Londra fu consacrata quale città promotrice di cambiamenti epocali nell’ambito sociale e culturale, fu addirittura coniata a quel tempo l’espressione: Swinging London  per raggruppare così l’insieme di tendenze innovative che si svilupparono nella città.

Non dimentichiamo fra tutti l’evento dei Beatles  complesso canoro che cambiò radicalmente il concetto di musica dando inizio alla beatlemania fin dal primo concerto nel 1963 per il grande scalpore che suscitò nelle nuove generazioni.

Non possiamo non annoverare  Mary Quant che con la sua minigonna consentì maggiore libertà di espressione nell’esibire il proprio corpo mostrando le gambe al di sopra del ginocchio. Ed ancora  conseguentemente, squarciato il velo, dell’ipocrisia, iniziò il superamento del tabù sessuale e il  libero scambio amoroso, al di là delle convenzioni, tra coppie omosessuali.

Nel clima qui sintetizzato, Pinter si inserisce con la sua drammaturgia che, altro non è, che una attenta riflessione del vivere quotidiano e delle variazioni profonde  del suo tempo.

Come dicevamo egli in particolare scrive nel 1963 l’opera di cui sopra; tale opera, sottoposta al giudizio di Joseph Breartey, amico ed insegnante dello stesso Pinter, fu definita dallo stesso il suo miglior lavoro. La pièce fu pubblicata e messa in scena l’anno dopo; la rappresentazione suscitò grande scalpore per i molteplici argomenti trattati tutti rivolti a sottolineare la pochezza e la povertà dei sentimenti di una società in grande cambiamento.

L’opera è ambientata in una casa alla periferia londinese ove vive il padre Max (Massimo Popolizio)  con i  due figli dopo la morte della moglie Jessie. L’atmosfera è desolante, le scene curate da Maurizio Balò rispecchiano appieno lo squallore di una casa senza una guida, ma soprattutto  di quello umano raccontando di persone vuote e senza alcun senso civile e morale.

Spesso si verificano liti tra genitori e figli o tra fratelli sia nel caso del pater familias con suo fratello Sam che convive con loro non avendo una dimora personale, sia nel caso dei fratelli scapoli che si beccano continuamente senza trovare una soluzione saggia e duratura alla loro esistenza.

Ad un certo punto si presenta in quella casa e all’improvviso dopo anni di lontananza un altro figlio di Max, Teddy con la moglie Ruth, una giovane e bella donna sposata anni prima a Londra prima di trasferirsi in America. All’inizio entrambi sembrano felici e soddisfatti della loro condizione sociale e della vita, ma ben presto tutto cambierà.

La pochezza di spirito e la condizione economica di questa famiglia inducono gli uomini a bassezze inverosimili al cospetto della moglie del fratello le quali, pian piano, si trasformeranno in atteggiamenti sessisti e offensivi nei  riguardi della donna. Certo siamo in periferia di Londra e come tutte le periferie delle grandi città essa risente delle innovazioni in modo diverso poiché vive ai margini dell’ambito sociale.

Pertanto, oberata di problemi di vita pragmatici, si rifiuta di accettare i cambiamenti e di affrontare i problemi possibili che si verificano durante il corso della storia. La cultura, intesa come gestione della propria esistenza, aiuta quelli che si pongono di fronte ai problemi in modo razionale esigendo da loro stessi rigore e fermezza; nel momento in cui questi elementi vengono a mancare, qualunque ne sia la ragione, prevale nell’uomo l’animalità primordiale che offusca la sua parte razionale.

Cosicché, nel nostro caso, gli uomini piuttosto rudi di questa famiglia si mostrano senza pudore per quel che sono ed escogitano un piano per sfruttare la loro cognata e la sua sensualità per estorcerle danaro in cambio di una libertà da lei sperata; quindi, le chiedono di restare con loro per compiacere altri uomini a suon di quattrini. Ma, le cose stavano cambiando e la donna sentendosi libera ed emancipata non solo accetta la proposta ma capovolgerà i ruoli dal maschile al femminile per cui sarà lei a dettare le regole dell’accordo.

Lo squallore estremo, la pochezza d’animo troppo esternata non rendono appieno l’intento dello scrittore, né allargano l’orizzonte in modo da far comprendere i reali cambiamenti di una società negli anni 60 quando i giovani inneggiavano: mettete dei fiori nei vostri cannoni allontanando così il pericolo di guerre per inventarsi un futuro di pace e serenità.