INTERVISTA A FRANCESCOMARIA TUCCILLO, FONDATORE DI POPOLI E POLIS

il direttore Giampaolo Sodano

Napoletano, avvocato penalista e poi manager internazionale con numerose esperienze di vita e lavoro all’estero, Francescomaria Tuccillo è appassionato di politica e geopolitica fin dai suoi anni universitari alla Federico II. È il promotore e uno dei fondatori dell’associazione Popoli e Polis, che incuriosisce… fin dal nome.

Perché nella sua denominazione la vostra associazione unisce le parole Popoli e Polis congiunte da una epsilon greca?

Questi due sostantivi simboleggiano le nostre convinzioni. Crediamo infatti che al centro di ogni progetto costruttivo e adatto ad affrontare questi tempi difficili si debba porre la dimensione più autentica e concreta della società, rappresentata dalle persone e dai territori in cui vivono.
Dico volutamente «in cui vivono» e non «in cui sono nate» perché il mondo di oggi è di sua natura multietnico e multiculturale. L’idea stessa di confine diventa quindi un puro slogan propagandistico, obsoleto e irrealistico. Preferiamo pensare che debbano considerarsi cittadini di un territorio tutti coloro che, a prescindere dalla loro origine, se ne prendono cura. E questa virtù non è propria dei soli autoctoni. Anzi, è spesso vero il contrario. Un esempio tra i molti è la Terra dei Fuochi, massacrata dalla corruzione, dalla violenza e dall’avidità di chi vi è nato.
Quanto alla scelta di definire i territori Polis e di impiegare una epsilon, si tratta di un evidente rimando alle origini della nostra civiltà. Polis è sinonimo di partecipazione attiva dei cittadini alla vita delle loro comunità, di valorizzazione delle vocazioni specifiche di ogni luogo, di stato di diritto, di politica umanistica. In sintesi, della cultura che ha reso forte e unica l’Europa nei secoli e che adesso sembra smarrirsi.

Lei parla di cultura. Il che mi induce a chiederle se la missione della nuova associazione sia prevalentemente culturale oppure politica.

Credo che non ci sia distinzione. La cultura è politica. Meglio ancora: nulla è più politico della cultura perché è questa la sola strada che possiamo percorrere per essere veramente consapevoli e quindi veramente liberi. Qualcuno ha detto con incisività che «la cultura non è possedere un magazzino di notizie, ma è la capacità della nostra mente di comprendere la vita, il posto che vi teniamo e le nostre relazioni con gli altri».
Non a caso tutti i populismi di vario colore che purtroppo si vanno affermando nel mondo tendono a propagandare piuttosto che a comunicare e a ostacolare la crescita culturale diffusa, che della propaganda è l’esatta antitesi.

Quali sono gli obiettivi di Popoli e Polis?

È evidente che siamo nel mezzo di un cambiamento molto più radicale e profondo di quanto appaia o ci raccontino. Cambiamento di poteri, di rappresentanze, di baricentri economici, di tecnologie e strumenti, di valori e comportamenti. Un’epoca sta per chiudersi e una nuova per aprirsi. Non per nulla epoché in greco significava arresto, sospensione, parentesi. Ecco, stiamo per chiudere la parentesi del periodo che abbiamo vissuto dal secondo dopoguerra in poi per aprirne una nuova.
Non abbiamo certezze su come sarà quest’epoca nuova, ma dovremmo dirci con chiarezza che il sistema politico e sociale in ci siamo abituati a vivere non funziona più. In particolare non funzionano più i vecchi stati-nazione di matrice hegeliana in cui è divisa l’Europa e che rischiano di ridurla a un’accozzaglia incoerente di piccoli feudi senza avvenire. Promuoverne la sovranità a ogni costo non è dunque soltanto propagandistico. È autolesionista e antistorico.
Il primo obiettivo di Popoli e Polis è quindi stimolare una riflessione senza eufemismi e senza sconti su questi temi e promuovere, passo dopo passo, con tenacia pari all’umiltà, una sorta di metànoia autentica. Di cambiamento nel segno, appunto, della consapevolezza e della liberà di giudizio. In tal senso, il nostro movimento è progressista nel senso letterale del termine: promuove l’evoluzione della società nel segno dell’innovazione.
Per farlo partirà «dal basso», come si suol dire con espressione un po’ infelice, cioè dai territori, dalla gente. Che in realtà sono all’apice della nostra scala di valori. È tempo di rovesciare le piramidi.

Intendete entrare nell’agone politico direttamente e come?

Poiché crediamo nell’autonomia e nella peculiarità di ogni territorio, ognuno di essi valuterà il da farsi. Vedrà cioè se sarà opportuno e utile partecipare alla competizione politica. Poiché la democrazia è di certo in crisi profonda, ma resta «la peggior forma di governo eccezion fatta per tutte le altre», non ci sottrarremo al compito di parteciparvi qualora ce ne siano le condizioni. Con l’obiettivo primario di dare voce a chi oggi non ce l’ha o non crede più nella capacità della politica di rappresentarlo.

La sua esperienza di vita personale e professionale è marcata da una forte internazionalità. Come vede oggi un quadro geopolitico in caotica evoluzione? E quali potrebbero essere nel prossimo futuro il ruolo dell’Italia e dell’Europa?

Ancora una volta, mi pare che oggi stia calando il sipario sulla commedia che il mondo ha recitato negli ultimi decenni. I vecchi equilibri post-bellici si sono incrinati e non da oggi. Se dovessimo scegliere la data in cui questa trasformazione epocale è iniziata, sarebbe probabilmente il novembre 1989, cioè la caduta del muro di Berlino.
Resta da costruire un nuovo modello, un nuovo equilibrio, in cui l’Occidente ha perso la propria centralità e deve necessariamente dialogare con i nuovi protagonisti del palcoscenico mondiale. In estrema sintesi, il baricentro economico si è spostato verso oriente mentre le materie prime indispensabili alla nostra vita e la giovinezza, portatrice di futuro, si trovano nel sud del mondo, in particolare in Africa.
Mi pare che oggi ci siano due grandi blocchi dominanti: le Americhe da un lato e le potenze asiatiche dall’altro. Resta da costruirne un terzo, quello che Léopold Sédar-Senghor – intellettuale di valore e primo presidente del Senegal postcoloniale – battezzò con preveggenza Eurafrique, Eurafrica.
Oggi la politica, particolarmente in Italia, è ridotta a una somma di tentativi balbettanti di cambiamento e rimasugli di un passato decadente. Pensiamo invece che occorra il coraggio di riprogettare il futuro, a partire, ancora una volta, dai territori e avendo come orizzonte – per citare il titolo di questa pagina – un vero «mondo nuovo».

Nonostante una vita in giro per il mondo, lei resta, nell’accento e nei modi, un napoletano a tutti gli effetti. Quali sono, a suo parere, le prospettive di Napoli e del Sud in generale in questo mondo che cambia?

Per chi conosce la storia e la geografia, Napoli è un luogo imprescindibile, cruciale e, per molti versi, esemplare.
Lo è per la sua lunghissima storia, dato che nel 2025 compirà 2500 anni. Una storia che ha visto incrociarsi greci e svevi, francesi e spagnoli in un melting pot che resta ancora una caratteristica della città. Lo è per la sua posizione geografica al cuore del Mediterraneo, che le permetterebbe – nei nuovi equilibri – di avere un ruolo fondamentale come ebbe nel passato. Lo è per la sua personalità, che, nonostante le molte ombre, è viva, energica, creativa e tollerante.
Per esprimere appieno il suo potenziale, Napoli dovrebbe essere al cuore di un progetto che ne valorizzi la vocazione e soprattutto disporre delle persone giuste – competenti e coraggiose – che sappiano interpretarla.

Per finire, com’è organizzata la vostra associazione e quali sono i suoi progetti concreti?

Innanzi tutto Popoli e Polis non è nata ieri, ma è frutto di un percorso di riflessione avviato quasi dieci anni fa. All’inizio si è tradotta in qualche iniziativa online che ha avuto un buon seguito e in alcune pubblicazioni.

Solo di recente, l’associazione è stata formalizzata e registrata in Veneto, a Vicenza, città dove risiedono alcuni dei suoi fondatori. Le due regioni dove, per ora, stiamo operando di più sono appunto il Veneto e la Campania, forse non a caso terre che in questo periodo rivendicano entrambe, in maniera diversa, la loro autonomia e la loro peculiarità. Per adesso abbiamo gettato la basi di una struttura aperta, nella quale speriamo confluiscano altri, in altri territori.

La presidente di Popoli e Polis è Rossella Daverio, lombarda d’origine, napoletana d’adozione e cittadina del mondo dato che, come me, ha vissuto e lavorato per anni all’estero. In particolare ha un’esperienza qualificata nel campo della formazione, avendo insegnato in diversi atenei europei.

Anche per questo il nostro primo progetto sarà un percorso formativo, destinato in particolare a coloro che desiderano prendere parte al governo dei loro territori, cioè diventare amministratori locali. Il primo ciclo avrà probabilmente luogo – non a caso – proprio a Napoli, nell’area orientale della città metropolitana che ci sembra essere, per molte ragioni, un punto di partenza ideale del nostro cammino.