ALLA SANITÀ MALATA SERVE LA CURA DEL PUBBLICO

IVAN CAVICCHI

La sanità è stata svenduta in nome del mercato scrivono Bindi e Dirindin. Bene. Allora io propongo al governo Meloni di restituire al mercato il mercato. Aboliamo quindi il mercato agevolato e trasferiamo i soldi che fino ad ora abbiamo speso per incentivarlo al FSN. Propongo con i soldi che fino ad ora abbiamo dato a ogni forma di speculazione di finanziare il superamento dei tetti alle assunzioni.

La settimana scorsa, su la Stampa (13 01 23) ho letto un articolo scritto dalla Bindi e dalla Dirindin con un titolo che da, dei neoliberisti convinti come io li considero, non mi sarei mai aspettato di leggere “la sanità svenduta in nome del mercato”. A quanto pare sembra che la pensiamo nello stesso modo. Me ne compiaccio.

Costoro nell’accusare il “mercato”, quindi il core del neoliberismo sanitario, di aver rovinato la sanità pubblica però non dicono mai che esso è stato chiamato in ballo negli anni 90 in particolare dal PD con delle controriforme a mio giudizio molto ciniche e tutt’altro che solidali.

Ricordo che la 833 pur ammettendo la libera mutualità volontaria

– vietava espressamente le prestazioni integrative oltre quelle previste nell’assistenza pubblica e convenzionata.

– metteva a carico dei beneficiari i costi delle prestazioni che ricevano fuori dalla pubblica sanità (art. 46)

Ma queste norme furono contro-riformate al punto da cambiare in peggio il futuro della sanità e il nostro di cittadini.

Il tradimento: tra misericordie e Unipol

Le controriforme aprirono le porte al mercato quindi al principale nemico del diritto alla salute. Per questo, almeno io, ancora oggi le considero un tradimento, a partire dal quale ebbe inizio il fenomeno inarrestabile che oggi sta uccidendo la sanità pubblica e che tutti chiamano “privatizzazione”.

Le controriforme, infatti, pur ribadendo il principio della libera mutualità cancellarono il divieto di ricorrere a prestazioni integrative e il divieto di scaricare su altri i costi dell’eventuale assistenza integrativa volontaria. Ma non solo.

Il “mercato” al quale (secondo la Bindi e la Dirindin avremmo svenduto la sanità pubblica) non è un “mercato puro” cioè generico ma in realtà è un mercato fatto da amici e da amici degli amici sia cattolici che laici fiscalmente agevolato in tutti i modi. Cioè è un mercato protetto.

Questo vuol dire che la sanità, di certo è stata “svenduta” come scrivono Bindi e Dirindin, ma in parte ciò è avvenuto a spese dello Stato o di qualcun altro. Un privato particolare quindi che evidentemente stava a cuore per ragioni politiche al legislatore del tempo. Quindi tanto alle misericordie che all’Unipol.

La più grande marchetta fatta in sanità

Bisogna dire, al di la delle ipocrisie, che quel privato era anche quello che garantiva un certo consenso politico ad un certo centro sinistra e alla sua irriducibile anima democristiana. Oggi il PD si chiede perché perde voti. Ma come si fa a votare una sinistra che ha tirato la volata alle speculazioni consumate a danno della sanità pubblica e a danno dei diritti dei cittadini. Il privato tutelato nei suoi interessi dalle controriforme degli anni 90 volute dal PD era l’’insieme dei “mondi vitali”, come li chiamava Ardigò, di quelli “mutualistici“ cari al sindacato e di quelli “speculativi” cari alle assicurazioni.

Insomma, diciamo la verità: le controriforme degli anni 90, non furono fatte solo per ragioni di sostenibilità, come si disse, ma con la scusa della sostenibilità il centro sinistra al mercato fece in realtà una gran bella marchetta.

Quella marchetta, considerando tutto quello che ne è derivato, si è rivelata in realtà il più grande “spreco” della sanità pubblica e oggi proprio come “spreco” alla politica presenta il conto.

Il SSN è malato

Nell’articolo della Bindi e della Dirindin vi sono altre tesi che meritano attenzione e che sono testualmente le seguenti:

– “Il SSN oggi è malato”

– “il SSN per troppi anni è stato sottoposto a interventi contrari al rispetto dei principi costituzionali e dei diritti umani fondamentali, assecondando l’idea che il mercato avrebbe comunque potuto sostituire buona parte della sanità pubblica, quella più in grado di generare profitti”

Ne deriva, applicando la regola transitiva, una prima conclusione politica parziale:

– la malattia principale del SSN è il mercato

– il mercato è quello compreso tra le misericordie e Unipol

– questo mercato è la più grande marchetta fatta dal centro sinistra alla speculazione, cioè il più grande spreco

Se è così allora sarebbe meglio dire che: la malattia principale del SSN è la marchetta con la quale il centro sinistra ha svenduto negli anni 90 la riforma 833 in cambio di consenso politico.

In parole povere: a causa dei favori fatti agli amici e “agli amici degli amici” il SSN oggi è malato.

La bufala della non autosufficienza

Immagino che questa interpretazione non piacerà ne alla Bindi e ne alla Dirindin, ne ai loro sostenitori, infatti la loro spiegazione è un’altra. Per loro il SSN è malato a causa della sua “non autosufficienza”, quindi a causa delle “incapacità” del sistema.

Le nostre autrici a un certo punto sempre testualmente scrivono:

– “il Ssn appare sempre più «non autosufficiente», ovvero incapace di svolgere autonomamente le funzioni che gli sono proprie”

– “la «non autosufficienza» del SSN è destinata ad aggravarsi e gli italiani sono destinati a vedere la propria salute sempre più condizionata dalla loro situazione socio-economica”.

Ne deriva una seconda conclusione parziale: a causa della presunta non autosufficienza del SSN negli anni 90 la Bindi e la Dirindin furono costrette, poverette, a chiamare in aiuto “gli amici degli amici”. Che, come sappiamo, non si sono per niente messi a disposizione pro bono al contrario hanno preteso dei compensi. Cioè ci hanno lucrato sopra facendo diventare la non autosufficienza un business. Cioè uno scambio politico. Interessi politici in cambio di interessi economici.

La tesi quindi dell’autosufficienza, alla luce di come sono andate le cose, sembrerebbe destituita di ogni fondamento. Cioè una vera bufala.

Negli anni 90 il PD decide per ragioni politiche di ridimensionare la sanità pubblica e quindi di fare spazio al privato. Per togliere spazio al pubblico si inventò la bufala della non autosufficienza.

Non è onesto scambiare i predicati con le relazioni

Sfido pubblicamente la Bindi e la Dirindin e i loro esperti a dimostrarmi in subjecta materia la fondatezza del concetto di “non autosufficienza” che loro hanno usato con tanta disinvoltura senza prima stabilirne le regole di definizione.

E’ ovvio che una sanità pubblica limitata in ogni modo diventa inevitabilmente non autosufficiente ma è altrettanto ovvio il contrario.

La non autosufficienza di cui parlano le nostre autrici quindi non è un “predicato” della sanità pubblica ma è una “relazione” politica tra gli interessi del PD e gli interessi speculativi di quel mercato che dal 1978 sbavava per mettere le mani sulla sanità pubblica.

Bufale e chiacchiere ma nulla di più

Naturalmente questo è quello che penso io, la Bindi e la Dirindin la pensano diversamente infatti, nel loro articolo, a un certo punto scrivono:

“in assenza di sostanziali interventi straordinari e di un grande lavoro trasformativo sul piano culturale e politico, la «non autosufficienza» è destinata ad aggravarsi e gli italiani sono destinati a vedere la propria salute sempre più condizionata dalla loro situazione socio-economica.”

Cribbio. E’ come dire che oggi quella “gran marchetta” fatta al mercato sta diventando un grosso problema politico cioè rischia di andare fuori controllo e di sfuggirci di mano.

Non sappiamo esattamente cosa le nostre autrici intendano per “sostanziale intervento straordinario” e meno che mai sappiamo cosa intendano per “grande lavoro trasformativo della cultura” ma sappiamo che l’articolo si chiude in questo modo:

“tutto ciò richiederebbe più impegno (a partire dal livello centrale), più risorse (in armonia con quanto succede negli altri paesi sviluppati) e più indipendenza dagli interessi dell’industria della salute.”

Saltando tutti i passaggi che sarebbero necessari per spiegare questo brano, a me sembra che, il succo del discorso sia il seguente: alla faccia di tutto e di tutti oggi è vero che le cose hanno preso una brutta piega ciò nonostante si tratta di rifinanziare comunque la grande marchetta e quindi di riconfermare lo scambio politico.

Infatti le nostre autrici si preoccupano giustamente di essere indipendenti dagli interessi industriali ma non da quelli speculativi che da decenni proprio il PD sta tutelando a scapito dei diritti.

Sono proprio curioso di vedere come il PD nel suo congresso di rifondazione affronterà questo problema Fino ad ora nessuno degli aspiranti alla segreteria del PD ne ha parlato eppure si tratta se si vuole tornare ad essere un partito di sinistra di rimediare una volta per tutte ad un tradimento storico.

Oggi non abbiamo neanche gli occhi per piangere

Il problema che probabilmente preoccupa la Bindi e la Dirindin è che oggi rifinanziare la grande marchetta anche per il centro destra non è così’ facile.

Quella gran marchetta, sarà pure inter-classista, in senso democristiano ma oggi nel contesto finanziario dato rappresenta oggettivamente uno dei più grandi sprechi consumati in sanità a danno dei diritti della gente. E’ una marchetta oggettivamente incompatibile con la situazione economica del paese.

Uno spreco inutile fatto non per i malati ma come spiegherò nella conclusione fatto a loro danno e che ribadisco pensato per favorire gli amici degli amici.

Il nuovo dilemma

Quella marchetta oggi se fossimo ragionevoli e responsabili dovrebbe finire in soffitta tra le anticaglie della sanità. Ma è una parola. Non è facile mettere fuori gioco interessi così potenti e così possenti e che per di più nel tempo hanno ripreso il controllo della piazza. E’ più facile il contrario. Non credo che il centro destra abbia voglia di tornare al dettato dell’art 46 della 833. Esso oggi si trova oggettivamente in un dilemma: o la marchetta o i diritti.

Con la pesante situazione economica che abbiamo è impossibile fare quello che abbiamo sempre fatto cioè favorire le clientele e, nello stesso tempo, rispettare i diritti anche se ridotti al minimo e all’essenziale.

Se si continua a privatizzare il sistema alla fine il sistema pubblico sparirà. Se il centro destra rifinanzierà la super marchetta, per il diritto alla salute e per il SSN la partita è finita.

Oltre l’alibi della complementarietà

Solo ora che abbiamo l’acqua alla gola, mi accorgo che abbiamo convissuto per anni con la contraddizione in casa, cioè con la “grande marchetta” senza che a qualcuno venisse in mente neanche alla sinistra radicale di poterla mettere in discussione in quanto tale. Neanche il M5S il grande moralizzatore della vita del paese quindi il più convinto avversario delle marchette ha mai osato tanto.

In questi anni grazie alla real politik di tutti i governi la grande marchetta è stata data per scontata come se fosse al pari di un fenomeno naturale un fenomeno inevitabile.

Al massimo della spregiudicatezza si è parlato di “complementarietà” tra il pubblico e il privato (consiglio di leggere gli articoli sul revisionismo della Bindi “QS 4 dicembre 2019”; quello di Banchieri e D’Innocenzo “QS 25 ottobre 2022” ; e quello recente di Banchieri “QS 16 gennaio 2023”) ma a nessuno è mai venuto in mente di dichiarare alla luce dell’evoluzione del contesto economico e politico l’impossibilità di confermare una marchetta tanto costosa. Come se questa disconferma fosse un tabù. Sarà pure un tabù è tuttavia innegabile che, oggi, il problema nuovo che ha il governo Meloni è l’inconciliabilità tra la speculazione in sanità con i diritti del paese. Le scelte fatte fino ad ora dal governo fanno pensare che anche lui ingoierà il rospo della grande marchetta scaricandone i costi salati sui diritti e sui cittadini. Ma il gioco per il governo di destra si fa sempre più pericoloso. Siamo ormai molto vicini alla macelleria sociale.

Non sono per nulla preoccupato se mi farò ridere dietro: le mie proposte

Per me oggi più che mai la grande marchetta non è un tabù. Tra i diritti della gente e gli interessi dei marchettari io non ho dubbi. Sono per i diritti. Oggi sono i diritti in pericolo questa è la grande questione politica Dobbiamo tornare per forza all’art 46 della 833. La vera priorità è ricostruire la sanità pubblica. Basta chiacchiere sulla complementarietà oggi si deve ribadire il ruolo sovrano della sanità pubblica. E’ una questione sulla quale non ho alcun timore come diceva quel tale a “farmi ridere dietro”

Queste in “scienza e coscienza” le mie proposte

La sanità è stata svenduta in nome del mercato scrivono Bindi e Dirindin. Bene. Allora io propongo al governo Meloni di restituire al mercato il mercato. Aboliamo quindi il mercato agevolato e trasferiamo i soldi che fino ad ora abbiamo speso per incentivarlo al FSN. Propongo con i soldi che fino ad ora abbiamo dato a ogni forma di speculazione di finanziare il superamento dei tetti alle assunzioni.

Quindi oggi dico al presidente Meloni al ministro Schillaci e in particolare a tutto il sindacato quanto segue:

– oggi è possibile rifinanziare il pubblico secondo le sue necessità a costo zero cioè usando i soldi che fino ad ora abbiamo speso per finanziare la grande marchetta

– propongo che il privato sia davvero privato cioè che il mercato sia mercato.

– basta con il mercato protetto.

– torniamo alla 833 che prevedeva due forme di assistenza una pubblica e una convenzionata

Conclusione

Recentemente su questo giornale, è stato pubblicato un articolo che vorrei ricordare in chiusura in modo simbolico e i cui autori desidero ringraziare pubblicamente che sono Gabriele Gallone (Esperto di Statistica ed Epidemiologia) e Chiara Rivetti ( medico ospedaliero Anaao Assomed Piemonte) . Un articolo che consiglio a tutti di leggere ma in particolare alla Bindi e alla Dirindin e al ministro Schillaci (Qs 22 settembre 2022)

Il mio scopo è richiamare l’attenzione sul vero dramma che rappresenta la grande marchetta. Esso prima di tutto non è quello economico sociale o sanitario che in genere si pensa ma è quello morale. Oggi stiamo viaggiando verso una sempre più crescente privatizzazione del sistema pubblico con un governo che ha messo un freno ai finanziamenti della sanità pubblica ma nessun freno alla speculazione privata quindi alla privatizzazione.

Ebbene Gallone e Rivetti si sono posti un semplice quesito. “esiste una dimostrazione che il privato funzioni meglio del pubblico?” E servendosi di tutte le evidenze scientifiche note alla letteratura nazionale e internazionale, hanno così risposto “Una dimostrazione esiste. Ma afferma tutto il contrario”.

Già l’ho fatta troppo lunga, mi piacerebbe sottolineare le parti salienti del loro bell’articolo, ma non posso, quindi mi limito a dire che, nella letteratura è dimostrata una funzione che mette in relazione la natura pubblica o privata della sanità con la mortalità dei cittadini.

I nostri due autori dicono chiaramente due cose:

– per ogni unità percentuale di aumento di cessione di attività pubbliche al privato vi è un incremento di mortalità e di decessi evitabili.

– al contrario aumentando la spesa sanitaria pubblica si riduce la mortalità.

Non aggiungo altro. Ognuno faccia i conti con la propria “scienza” e la propria “coscienza” nella speranza, tutt’altro che scontata, che a dispetto del cinismo dilagante, le abbia entrambi .

Vuoi vedere che con il rilancio della sanità pubblica oltre a risparmiare una barca di soldi riusciamo pure a far campare la nostra gente qualche anno di più.


SEGNALIAMO