… alla ricerca della “Quarta Via” per una “rivoluzione dolce” di ri-genenerazione social-democratica e civica “post-globale”.
Un laburista radicale e tranquillo alla ricerca della “Quarta Via” per una “rivoluzione dolce” di
ri-genenerazione social-democratica e civica “post-globale”.
Luciano Pilotti, ESP-Università di Milano
Keir Starmer un “riformista radicale tranquillo”, un giurista dei diritti umani, ha conquistato con una valanga di voti il Regno Unito. In un mondo complesso, conflittuale e diviso gli inglesi si affidano a lui per indicare la Quarta Via possibilmente “oltre” quella che fu di Blair (Clinton) “liberal-modernista” e di Corbyn (“estremista”). Apparentemente in controtendenza con la Francia che rischiava l’onda nera di Marine Le Pen e Bardellà ma che nei ballottaggi viene respinta dai 2/3 dei francesi (il cui equilibrio parlamentare è ora consegnato ad una coalizione di centro-sinistra a partire dalla forza del Front Populaire, dei socialisti e dei verdi e dei centristi di Ensemble) e con una Europa che pur vedendo uno spostamento all’estrema destra dei consensi non sfondando sembra confermare la maggioranza “Ursula” che viene infatti rafforzata dai risultati francesi e nel suo tradizionale asse portante Carolingio. Peraltro con un Farage che entra a Westminster ma delude avendo rappresentato il “motore brexiter”. La lezione di Starmer (che vede un allineamento potenziale “Oltre Manica”) è allora per l’Europa intera e per il mondo e forse – ancora una volta – il Regno Unito come fu per Churchill potrà supportare (pur dall’esterno) la ripartenza di una Europa civica e dei diritti a ritrovare la sua strada verso una democrazia più giusta, inclusiva, matura oltre che competitiva e integrata. Che renderà l’isola del Regno Unito meno isolata nel grande perimetro europeo (anche per il risultato francese) e dei suoi conflitti attuali e che toccano Kiev e Gaza. Un antivirus anche contro l’eventuale vittoria di Trump negli USA se Biden deciderà di non ritirarsi. Una lezione per i francesi sul tema migranti per esempio sapendo che una doppia nazionalità è una opportunità se opportunamente “guidata” e selettiva e che la Francia infatti respinge con forza. Infatti, una Francia senza bi-nazionalità nei servizi pubblici (come vorrebbero Le Pen – Bardellà) porterebbe alla paralisi di sanità e scuola, ma anche della ristorazione, dell’agricoltura o del manifatturiero di base (industriale ed edilizia), o anche del calcio o dell’alta moda che invece ci insegnano qualcosa sulle tante mixitè di cui una Civitas Post-globale necessita con urgenza. Tanto che incide su almeno il 20% della popolazione adulta francese che sarebbe “esplosivo” per il conflitto sociale e che la ampia maggioranza dei francesi ha respinto sconfiggendo il tentativo di spallata del RN con un nazionalismo isolazionista antieuropeo. Con Starmer vince allora un “riformista radicale” e tuttavia tranquillo e sereno che comunica a bassa voce senza cedere nulla a “compromessi elettoralistici” in senso populistico-nazionalista e che vuole cambiare il Regno Unito guardando ai bisogni primari di un popolo stremato dal dopo Brexit e dal dopo Covid 19 e largamente “pentito”. E tuttavia che non offrirà occasione di ripensamento come ha più volte ripetuto e confermato ma riprendendo collaborazione e dialogo con l’Europa. Un “Change” dunque non solo interno al UK ma leva dei rapporti con la UE a Bruxelles e con il mondo e – si può pensare – solo “in meglio”, soprattutto con la conferma dell’attuale maggioranza “Ursula” che si avvia al bis come i Top Jobs concordati sembrano confermare. Con Starmer vince anche una politica non “urlata” e che non rincorre il consenso di breve a tutti i costi e che per questo vorrà essere giudicato sul “fare in silenzio e in ordine” da “giurista dei diritti umani” come la sua adesione all’ebraismo della moglie Vic (avvocata) impongono. Verrà infatti giudicato sulla sua capacità (necessità) primaria di unire gli inglesi dopo politici sguaiati e divisivi come Boris Johnson o Liz Truss che abbandonò dopo soli 45 giorni per un piano finanziario insostenibile, trascinando con sé il declino dei Conservatori fino all’ultimo Rishi Sunak (ricchissimo ed esperto di finanza) che non è però riuscito – pur con umiltà visti i suoi punti di partenza – ad entusiasmare gli inglesi e soprattutto ad unirli con riforme necessarie. In particolare, dopo una Brexit che ha impoverito e disunito il Regno Unito che imponeva una visione in un mondo complesso e interdipendente come l’attuale dove “Muri-Nazione” sono solo un ferro vecchio del ‘900 ormai inutili (e anche dannosi) a curare le ferite di un mondo frammentato e diviso da governare in chiave multipolare.
Soprattutto dopo la proposta Sunak di “soluzione” alle migrazioni come “mission impossible” – perché incivile oltre che immorale (e costosissima peraltro) con deportazioni in Ruanda (di migranti illegali), assimilabile alla variante meloniana dell’Albania se mai si avvererà. Quindi gli inglesi “in massa” consegnano le chiavi di Westminster e di Downing Street ad un “Magistrato Operaio”, un uomo competente, integro e tranquillo ma con una visione, una idea precisa di modernizzazione del paese (e del mondo) da realizzare con equità e giustizia, facendolo crescere, riaccoppiando metodo e merito. Il Governo già installato con la prima donna Cancelliere dello Scacchiere (Rachel Reeves) e David Lammy agli esteri con una visione “post-globale” e con un gruppetto di neoblairiani a lavoro e sanità con attenzione alle periferie di casa (e del mondo).
Partendo dunque da soluzioni condivise ai problemi sociali, sanitari ed economici, ripartendo dalla casa perchè troppo costose (e troppo poche) per giovani, una sanità che arranca e che deve confermare il suo universalismo riducendo le code di esami clinici necessari e investendo sulla prevenzione , una istruzione che sappia accogliere tutti i ragazzi e giovani inglesi che invece necessitano riprendere la via della conoscenza, della formazione e informazione competenti e consapevoli nonostante le tante confusioni e disfunzioni distribuite da intossicazioni “social” senza controlli e senza regole.
Forse una sconfitta di Conservatori “stanchi e sfiduciati” dopo 14 anni più che una vittoria dei laburisti di Starmer avvenuta non toccando troppo né migrazione nè ipotesi di rientro in Europa ma a favore di una nuova e più forte collaborazione con Bruxelles e molto sul lato dell’istruzione, ricerca e innovazione sociale oltre che commerciale, scavando quella “Quarta Via” che tenga in equilibrio dinamico efficienza, partecipazione ed equità con uno Stato funzionante e un mercato aperto e opportunamente regolato in un quadro con al centro una crescita sostenibile inclusiva dentro una linea atlantica non ambigua e di supporto a Kiev e critica umanitaria al Governo Netanyahu. Rinnovando e svecchiando uno Stato provato, modernizzando i grandi servizi infrastrutturali per rispondere ai bisogni primari con supporto di mercati dinamici e competitivi: case popolari, sanità, trasporti e scuola in un ambiente sostenibile per una “crescita con sviluppo”. Offrendo dunque stabilità ed equità ad una mission decisa che inietta fiducia anche per imprese e investitori spingendo su una “crescita con sviluppo” della domanda interna e ragionevolmente “green” seppure senza forzature, continuando ad attrarre talenti e investimenti per autorevolezza, credibilità e fiducia. “Raffreddando” se non “congelando” il problema migratorio in attesa di soluzioni sostenibili magari “concordate” con l’Unione Europea con un nuovo dialogo costruttivo e collaborativo.
Insomma con Starmer si prova ad avviare una “rivoluzione dolce” attraverso le leve di un “riformismo connettivo e rigenerativo”, di città, comunità, regioni e persone, ossia che torna nei territori per connetterli e integrarli, rigenerandoli per recuperare efficienza nei servizi di base a partire dai rapporti tra urbano ed extraurbano in una chiave eco-sistemica e solidaristica di “innovation region”. In previsione di un ciclo che potrebbe prendere almeno un decennio vista la solidità di legge elettorale e stabilità dei governi dopo l’era Thatcher o del “conflitto” lungo le iper-liberiste teorie dell’offerta e della curva di Laffer, e di quella di Blair o della “ri-coniugazione Stato-Mercato” fino all’errore tragico della Brexit con Cameron e “vuoti a perdere” successivi.
La larga maggioranza e il tempo giocheranno a suo favore e di alleanze europee per un mondo più giusto e in pace. Insomma una lezione per tutte le compagini di sinistra-centro o centro-sinistra europee ma anche USA e non solo, come possibile e realistica “Grande Lezione Politica“ per connettere sostenibilità, innovazione sociale e giustizia in una grande visione equitativa e partecipativa di stampo non populista, non nazionalista e non sovranista per un nuovo progresso social-democratico e di solidarietà progettuale civica.
Non solo perché “condannati a sperimentare” in un oceano instabile e incerto, ma anche perché questa social-democrazia del civismo che unisce e include è desiderabile, possibile e realistica come leva di ricucitura rigenerativa di una democrazia sfibrata da populismi, nazionalismi e sovranismi inconcludenti e inutilmente difensivi che anche i risultati delle legislative francesi sembrano respingere!
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