di Gaia Bertotti
Sconosciuto fino a pochi mesi fa, oggi è il candidato più acclamato per la carica di sindaco di New York. Parliamo di Zohran Mamdani, 34 anni, musulmano e socialista democratico. In pochi mesi ha ribaltato l’immaginario della politica cittadina grazie a un’abile strategia comunicativa, costruita su social network, linguaggio diretto e una costante performance di prossimità. Per anni i troll MAGA hanno rivendicato la superiorità della destra nella comunicazione digitale. Ma è ancora così?
La nuova generazione progressista americana – Mamdani in testa – sembra finalmente aver capito la grammatica dell’attenzione. I suoi video, brevi e spontanei, funzionano perché cancellano il filtro tra politico e cittadino. Parlano di affitti, bus, vita quotidiana, non di ideologie astratte. E potrebbero pesare molto sul voto del 4 novembre a New York (prima elezione durante il secondo mandato Trump).

Finora, in Paesi come Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Francia, è stata la destra a sfruttare con più efficacia il potenziale dei social per raggiungere il pubblico giovane. Ma la sinistra, consapevole del ritardo, sta aggiornando le proprie tecniche.
Un segnale arriva in particolare dall’Irlanda: la campagna social di Catherine Connolly, 68 anni, indipendente di sinistra, le ha consegnato la Presidenza della Repubblica. Il video in cui gioca a calcio e a basket in tailleur e tacchi, circondata dai bambini, è diventato virale. Non è solo leggerezza: è la rappresentazione plastica di una nuova leadership fisica, non gerarchica, dove il corpo sostituisce il discorso come strumento di empatia.
E non è un caso isolato. Lo scorso aprile, in Finlandia, è stata eletta al Consiglio comunale di Helsinki Alma Tuuva, attivista e amministratrice di una pagina Instagram di meme radicali contro il capitalismo e la classe politica finlandese. Tuuva ha intercettato il malcontento giovanile con ironia e linguaggio visivo, riuscendo dove molti politici “seri” falliscono: trasformare l’indignazione in affezione digitale.
In Italia, invece, il centrosinistra arranca. Giani e Gualtieri tentano di aggiornarsi a colpi di reel: bocce, caschetti gialli, sorrisi forzati. Funziona in termini di reach, non di senso. La differenza con i casi del Nord è netta: lì la comunicazione è linguaggio politico; qui è un travestimento maldestro.
Ma Mamdani va oltre i meme. Il suo segreto non è solo nel tono dei video, ma nella presenza fisica costante. Per strada, in chiesa, ai concerti, ai comizi Zohran – preferisce essere chiamato per nome, scelta ovviamente non casuale – è sempre in mezzo alla gente. Ad agosto ha persino organizzato una gigantesca caccia al tesoro per le vie di New York, diventandone lui stesso il “tesoro finale”. Gesto teatrale e perfettamente calcolato: la partecipazione è esplosa, la popolarità pure.
Più controversa, per gli standard americani, è la sua dichiarazione di essere un socialista democratico. In Europa l’etichetta non crea particolari reazioni, ma negli Stati Uniti conserva ancora un’eco sospetta: il socialismo resta un concetto tabù in un Paese cresciuto sulla mitologia del self made man e sull’avversione per l’URSS. Mamdani appartiene però a una generazione di politici – la stessa della Democratic Socialists of America (DCA) – che non teme di pronunciare la parola proibita.
Nel suo programma propone redistribuzione e intervento pubblico: blocco parziale degli affitti, autobus gratuiti, salario minimo più alto. E perfino Barack Obama si è offerto come “punto di riferimento”, riconoscendo la forza di questo linguaggio.
La domanda resta: se da anni ripetiamo che la sinistra non sa comunicare, oggi si può ribattere con il motto di Tuuva: “The left can meme”? E, dopo aver imparato a memare, saprà anche governare?













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