di Patrizio Rossano
Per comprendere, valutare e proiettare compiutamente il “peso” del palinsesto televisivo del Servizio Pubblico per la prossima stagione presentato a Napoli nei giorni scorsi è necessario prima fare due passi indietro.
Premessa d’obbligo: il palinsesto è una somma di prodotti, di contenuti, che hanno un costo, un valore e un mercato. Scegliere una trasmissione, un personaggio e una collocazione di rete porta a definire anzitutto scelte di carattere economico ma anche scelte editoriali (e di questo aspetto invece si dibatte poco). Come noto, il “successo” di un programma è definito dal gradimento Auditel mentre “cosa” vi è dentro, è un dato sostanzialmente poco misurabile.
Il primo passo indietro da fare è datato 25 maggio 2024 quando in Gazzetta Ufficiale viene pubblicato il testo del nuovo Contratto di Servizio tra il Mimit e la Rai con il quale si “… regolamenta per il triennio 2023-2028 l’attività svolta dalla Rai ai fini dell’espletamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”. Si tratta del documento fondamentale che dovrebbe imporre i vincoli contrattuali in relazione ai quali l’Azienda deve adempiere ai compiti assegnati per i quali in cambio riceve le risorse corrispondenti, ovvero il canone. Nella premessa del Contratto e al primo paragrafo si pone subito in evidenza un nesso di assoluto rilievo: il rapporto tra le risorse e gli obiettivi. In Premessa si legge: “5. a. … in coerenza con le risorse economiche pubbliche derivanti dal canone riconosciute a Rai, indicare con chiarezza gli impegni e gli obblighi del contratto di servizio, ferma rimanendo l’esigenza di garantire la sostenibilità economica, l’efficienza aziendale e la razionalizzazione della spesa” e all’art.1 si legge “il presente Contratto ha per oggetto l’attività che la Rai svolge ai fini dell’espletamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale definita anche in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali”.
Dal cosiddetto “combinato disposto” dei due punti precedenti ne derivano gli articoli successivi dove si elenca puntualmente ciò che la Rai “… è tenuta ad articolare la propria offerta…”. In altre parole e in sintesi, il palinsesto deve necessariamente essere la proiezione didascalica di quanto previsto al Contrato stesso. A questo punto però è necessario fare una precisazione importante. Nel precedente Contratto di Servizio, all’art. 26, capo II, erano dettagliati gli “obblighi specifici” che la Rai “è tenuta ad assolvere”. Si tratta di un doppio vincolo contrattuale formale e sostanziale: formale perché questi vincoli sono contenuti all’interno dello stesso Contratto e sostanziale perché si indicano ed elencano specificamente i compiti assegnati. Nel contratto invece oggi in vigore questi “obblighi specifici” sono stati derubricati in un Allegato 1 con un evidente peso inferiore rispetto al precedente. Questo passaggio, a suo tempo, è stato oggetto di “vivace” confronto parlamentare in Vigilanza dove però sono prevalse altre logiche politiche. In buona sostanza sono state recepite due esigenze: la prima di chiudere subito la trattativa politica per poter poi sostenere di avere raggiunto il risultato tanto a cuore al Governo e la seconda è stata di “alleggerire” il peso complessivo del Contratto come pure anche dall’interno dell’Azienda si reclamava: “troppi vincoli e impegni sproporzionati alle risorse di cui la Rai dispone”. Torniamo al punto di partenza: al Servizio Pubblico viene richiesto più di quanto è in grado di sostenere.
Il secondo passo indietro risale invece allo scorso febbraio quando il Cda Rai approva all’unanimità un documento, tutt’ora riservato e secretato, con il quale si definiscono le “Linee guida Palinsesti 2025-27”. Abbiamo potuto esaminare questo documento che, a nostro parere, dovrebbe essere diretta emanazione di quanto tracciato, seppure in modo poco vincolante, dal Contratto di Servizio non foss’altro perché dovrebbe impegnare l’Azienda per il prossimo biennio e, tra l’altro, terminare proprio a ridosso della scadenza della Concessione di aprile 2027. Queste linee guida, elaborate e proposte dalle Direzioni Marketing e Distribuzione, non fanno alcun riferimento ai vincoli del Contratto e al suo “percorso editoriale” mentre vorrebbero “ridefinire gli indirizzi generali dell’offerta … finalizzando ad individuare la nuova missione e le nuove caratteristiche dei singoli canali e piattaforme distributive e al riassetto della produzione editoriale”.
Le quattro pagine di introduzione delle Linee guida meritano grande attenzione. I passaggi chiave si riassumono in due concetti (definiti “vulnus strutturali”): il primo si riferisce al modello organizzativo/produttivo “per generi” che ha caratterizzato la precedente stagione senza portare un risultato significativo. Il secondo concetto si riferisce invece ad un aspetto molto delicato e rilevante: l’identità dell’offerta complessiva e, più marcatamente dei due canali che ne sembrano soffrire maggiormente ovvero RaiDue e RaiTre. In subordine, il documento si sofferma molto su due aspetti strategici: gli ascolti e la composizione del pubblico. Sul primo aspetto si ammette che non debbano essere il prevalente criterio di valutazione editoriale (i numeri non sono tutto) mentre sul secondo aspetto, i giovani ovvero un “target non presidiato” sufficientemente da Rai (Auditel certifica che i telespettatori Rai sono in maggioranza per l’86% over 45) occorre incrementare l’efficienza, liberare risorse e investire in una nuova offerta lineare/digitale.
Ecco allora che “il cielo scende sulla terra” e dalle norme e i principi editoriali si comincia a intravvedere prendere la sostanza, la forma e la lettura del palinsesto presentato a Napoli. Si tratta, sostanzialmente, in buona parte della somma del “palinsesto del giorno prima” cioè la riproposizione dell’usato sicuro intorno al quale la Rai riesce a mantenere un primato (labile e incerto) del prime time. Il documento citato lo ammette chiaro e tondo a pag. 3: “Rai ha perso il confronto con la concorrente Mediaset nell’intera giornata” in virtù del fatto che gli ascolti complessivi delle due reti generaliste sono calati e della debolezza strutturale dei canali tematici. Ecco svelarsi allora la concentrazione sulla rete ammiraglia e i suoi gioielli come De Martino e le serate “evento”. Mentre interessante notare l’incertezza manifestata per il prossimo Sanremo dove la trattativa con il Comune e le sue esose richieste è appena iniziata quando in questo periodo la macchina organizzativa solitamente è già partita.
Come si può rappresentare visivamente questa “nuova” dimensione dei palinsesti Rai? Con una tenaglia, una morsa dove da un lato ci sono le risorse economiche scarse e incerte e dall’altra la carenza di idee, progetti e visioni. Economiche perché i soldi che sono in cassa non sono mai certi e garantiti per il prossimo futuro, vedi il canone che ogni anno viene “rimodulato” a discrezione del Governo e dei suoi equilibri interni (lega vs FI) e vedi pure il taglio al budget inserito nella recente Legge finanziaria.
Succede poi, appunto, come ha titolato il Corriere, sugli “Approfondimenti si abbatte la scure: i tagli da 26 milioni quasi tutti destinati a Report e gli altri”. Spesso e volentieri poi si propongono programmi ovverosia “format”, appaltati o in acquisto, di cui si fatica a cogliere la ratio produttiva: si tratta spesso e di un “modello” sperimentato dove “Un/a giornalista in studio intervista un altro/a giornalista” e magari una trasmissione del genere poi la premiano pure “trasmissione dell’anno” vedi Belve, ovviamente prodotto da una nota società esterna, Fremantle. Poi carenza di risorse progettuali perché finora di “nuovo” non si avvertono tracce: non ci sono notizie di nuovi prodotti significativi e rilevanti ed è giocoforza affidarsi, appunto, all’usato sicuro. La notizia più magnificata a Napoli è stata quella sul “ritorno” di Benigni con una serata su RaiUno dedicata a S. Pietro e, per rendere più appetibile la conferenza stampa, è stata data la notizia di “Whoopi Goldberg entra nel cast di “Un posto al sole”” (Fremantle) come pure di Kevin Spacey che sbarca su RaiPlay con una sitcom.
Presentando i palinsesti a Napoli l’AD Giampaolo Rossi ha dichiarato: “Innovazione, nuovi linguaggi e nuova cultura televisiva. La Rai è un’azienda in trasformazione”. Se Benigni e le repliche infinite delle tante fiction di successo garantito sono “l’innovazione”, se il “racconto” della cronaca nera debordante su tutte le reti e in tutte le ore sono “nuovi linguaggi e cultura televisiva” ne prendiamo atto ma qualche dubbio è lecito. Sulla terza parte dell’affermazione certamente invece concordiamo: “La Rai è un’Azienda in trasformazione”.
Il problema è che nessuno è in grado di capire verso dove si dirige questa trasformazione.












